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CETA, l’autunno della democrazia

È iniziato così l’autunno della democrazia, il 21 settembre 2017, con la ‘provvisoria’ applicazione del CETA. In attesa che i politici degli Stati membri d’Europa, eseguano gli ordini dei plutocrati al comando, e ratifichino il trattato.

Le conseguenze del CETA sulla sicurezza degli alimenti d’Oltreoceano che sbarcheranno in Europa sono già state esposte. In poche parole, carni di animali clonati (senza tracciabilità degli interventi di ingegneria genetica) nonché ‘gonfiati’ con ormoni steroidei anabolizzanti, farmaci cortisonici e ‘β-agonisti’, (come la ractopamina). Carcasse decontaminate a posteriori, quelle avicole col cloro, quelle bovine e suine con acido lattico. (1) Alimenti prodotti con ingredienti OGM e ‘nuovi OGM’ non tracciati. Derrate agricole trattate con agrotossici quali glifosato e dicamba anche nella fase post-raccolta, come invece vietato in Italia.

Gli effetti del CETA sul Made in Italy e il Made in Europe si riassumono nel riconoscimento di 41 DOP e IGP sulle quasi 300 registrate in Europa. Con la sola condizione che i falsi Made in USA e Made in Canada aggiungano una dicitura come style o kind, prima di profanare espressamente i nomi di quella dozzina di nostre DOP riconosciute. (2) Sempre che i marchi registrati e i nomi usuali non abbiano frattanto preso il sopravvento.

Le voci critiche non mancano, (3) ma sono destinate a lasciare il tempo che trovano. L’unica soluzione appare quella di rafforzare i sistemi di regole a presidio dell’informazione sull’origine degli alimenti e dei loro ingredienti. Le iniziative nazionali sull’origine del grano nella pasta e riso sono destinate a soccombere. Sia a causa dello stesso governo italiano, che ha deliberatamente violato le regole europee di notifica di tali norme, sia in forza dei contenziosi già avviati da USA e Canada in sede WTO.

Sull’origine degli alimenti, la Commissione Juncker ha già mostrato la nolontà di applicare le regole definite dal legislatore europeo. Ostinandosi a tardare l’applicazione dell’obbligo di citare la diversa origine dell’ingrediente primario su alimenti che vantino il Made in. (4) Oltre a negare l’evidenza dei fatti sull’interesse dei consumAttori europei di conoscere la provenienza di carni e latte utilizzati come ingredienti di altri prodotti, nonché l’origine delle materie prime di cibi mono-ingrediente o con ingrediente prevalente (>50%).

È quindi necessario portare a casa intanto, col via libera della Commissione europea, il decreto italiano che prescrive l’indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento sui prodotti Made in Italy. E muoversi al più presto su tracciabilità e origine carni al ristorante, affinché gli avventori di pubblici esercizi e mense quantomeno possano sapere quando la fettina sia Made in Canada anziché Made in France o Made in Italy. Differenze, come si è visto, di non poco conto. Per la salute dei consumatori e la salvaguardia della nostra zootecnia di valore.

Dario Dongo

Note

(1) Si veda al riguardo la posizione espressa da BEUC, la confederazione dei consumatori europei, su http://www.beuc.eu/publications/2012-00757-01-e.pdf

(2) L’industria lattiero-casearia nordamericana ha infatti già annunciato battaglia, nella determinazione a proseguire le contraffazioni delle nostre DOP. Si veda http://mobile.dairyreporter.com/Regulation-Safety/IDFA-unhappy-over-trade-agreement-terms

(3) Si cita ad esempio la recente nota di Jacques Sapir, su http://vocidallestero.it/2017/09/23/lentrata-in-vigore-del-ceta-e-uno-scandalo-per-la-democrazia/

(4) Cfr. reg. UE 1169/11, articolo 26.3

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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