Il Ceta, il trattato commerciale Ue-Canada è stato approvato a Strasburgo dal Parlamento europeo con 408 voti favorevoli, 254 contrari e 33 astenuti. (1) In attesa della ratifica dei Parlamenti dei 28 Paesi membri, l’accordo verrà applicato in via transitoria già a partire da aprile 2017.
A nulla sono servite le manifestazioni e le firme di milioni di cittadini europei, per opporsi ai negoziati condotti in segreto, nell’ultimo quinquennio, in vista di un trattato economico transatlantico. Anzi due, TTIP e CETA. E proprio quando Donald Trump ha esultato all’arresto di ogni trattativa in corso, l’accordo con il Canada è giunto al traguardo. Sotto quel proverbiale silenzio dei mainstream media che induce ancor più gravi sospetti.
Il CETA – ‘EU-Canada Comprehensive Economic and Trade Agreement‘ non è un semplice accordo commerciale volto a ridurre o abbattere i dazi alle importazioni sulle merci in transito da una sponda all’altra dell’oceano Atlantico. È invece un trattato di straordinaria ampiezza, 1600 pagine di testo nella pur sintetica lingua inglese, il cui obiettivo è armonizzare il complesso delle politiche che a vario titolo possono incidere sulla produzione di beni e la fornitura di servizi in un contesto internazionale che vede da un lato l’Unione Europea – 28 Paesi, centinaia di Regioni e migliaia di amministrazioni locali – e dall’altro, di fatto, non solo il Canada ma anche i gruppi economici aderenti al NAFTA (North American Free Trade Agreement) che ivi abbiano sede.
Il criterio-guida di tale ‘accordo comprensivo’ è quello di favorire la prosperità delle attività industriali e imprenditoriali, a ogni costo. Ma a quale costo? Anzitutto alla cessione di sovranità sulle politiche che a partire dal secondo dopoguerra hanno consentito di definire in Europa la tutela dei lavoratori e dei cittadini sotto l’egida di un modello, il welfare State, che ha trovato diverse declinazioni per raggiungere un pur difficile compromesso europeo sui diritti di base. Scuola e sanità, dignità del lavoro e garanzie sindacali, assistenza sociale. Ma anche salvaguardia dell’ambiente, a partire dal suolo e della biodiversità, gestione dei rifiuti e protezione dei bacini idrici, le emissioni in atmosfera. Verso l’attuazione degli obiettivi posti in COP21, inizia pure il divestment dai combustibili fossili.
La salute pubblica in Europa è stata perseguita con politiche identitarie che nell’ultimo decennio hanno dato vita a regole uniformi, prese ad esempio anche dai legislatori di altri continenti. La precauzione, nella disciplina di attività esposte a rischi che la comunità scientifica non è in grado di escludere, è posta a base della regolazione tecnica e del commercio. La sicurezza è stata messa al centro della disciplina delle sostanze chimiche – con il regolamento REACH (Registration and Authorization of Chemicals) – e del diritto alimentare europeo che a sua volta è evoluto radicalmente, from farm to fork.
Tanto è stato fatto, e molto ancora va realizzato. Poiché l’evoluzione scientifica è sempre più rapida di quella normativa, il legislatore deve inseguirne i progressi per prevenirne i pericoli. Alcuni esempi, nell’ambito alimentare, sono offerti dai nuovi orizzonti della biologia sintetica. Dai c.d. ‘diversamente OGM’ (NPBTs, New Plant Breeding Techniques) alla clonazione animale che nel continente americano è tuttora priva di regole e registrazioni. Si aggiunge la questione degli agrotossici, la cui ricerca si accompagna allo sviluppo di sementi geneticamente progettate per resistervi. E poi gli interferenti endocrini, già indiziati principali di patologie in crescita ma a loro volta in attesa di politiche idonee a mitigare i rischi.
L’orizzonte più verosimile è invece una tabula rasa dei diritti, vale a dire la progressiva eradicazione di ogni norma – europea, nazionale e regionale – che non risulti fondata su valutazioni scientifiche di rischiosità accertata nei consessi internazionali. Poiché il libero scambio non è compatibile con la precauzione, si può ammettere la regolazione e il divieto di solo ciò che tutti concordano avere superato un’elevata soglia di pericolo. Altrimenti sono guai, contenziosi come quelli che l’Europa ha già subito per due decadi al WTO – Proprio su iniziativa di USA e Canada – per avere ‘osato’ vietare le carni di bovini dopati con ormoni di sintesi e regolamentato la coltivazione e l’impiego di OGM. Contenziosi costati molto cari a coloro che esportavano oltreoceano i cibi ‘Made in Italy’ e ‘Made in France’ e hanno subito l’impennata dei dazi a titolo di ritorsione.
Come è possibile che ciò accada, senza una preventiva consultazione dei cittadini, e quando? Il Parlamento europeo ha espresso il voto definitivo sull’approvazione dell’accordo nella sessione plenaria a Strasburgo, il 15 febbraio 2017. A seguito della firma, l’accordo avrà efficacia provvisoria in tutte le sue parti fatta salva quella relativa alla c.d. Investor-State Dispute Settlement (ISDS), che dovrà invece attendere la ratifica dei singoli Parlamenti nazionali.
Il governo ‘Renziloni’ – nella continuità delle politiche e dei ministri incaricati a sviluppo economico, Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Salute – ha già a suo tempo espresso favore verso il CETA. E così gli eurodeputati che esprimono la sua coalizione, con l’appoggio ulteriore di Forza Italia. Niente di nuovo sul fronte liberista, con buona pace della filiera agricola italiana che da tale accordo non avrà che da perdere. Sul fronte opposto si sono schierati con vivacità il Movimento Cinque Stelle, l’unico ad avere proposto approfondimenti sul tema, oltre a Lista Tsipras e Lega Nord.
Dario Dongo
Note
1) Ecco le posizioni espresse dagli eurodeputati italiani alla votazione sul CETA:
A FAVORE
PARTITO DEMOCRATICO
Goffredo Bettini
Simona Bonafè
Silvia Costa
Nicola Danti
Isabella De Monte
Roberto Gualtieri
Cécile Kyenge
Luigi Morgano
Pina Picierno
Gianni Pittella
David Sassoli
Renato Soru
Patrizia Toia
Flavio Zanonato
Damiano Zoffoli
NUOVO CENTRODESTRA
Giovanni La Via
FORZA ITALIA
Lara Comi
Salvatore Cicu
Elisabetta Gardini
Alessandra Mussolini
Salvatore Pogliese
Massimiliano Salini
Aldo Patriciello
Fulvio Martusciello
Stefano Maullu
UDC
Lorenzo Cesa
SÜDTIROLER VOLKSPARTEI
Herbert Dorfmann
CONSERVATORI E RIFORMISTI
Remo Sernagiotto
Raffaele Fitto
CONTRO
MOVIMENTO 5 STELLE
Isabella Adinolfi
Laura Agea
Daniela Aiuto
Tiziana Beghin
David Borrelli
Fabio Massimo Castaldo
Ignazio Corrao
Rosa D’Amato
Eleonora Evi
Laura Ferrara
Giulia Moi
Piernicola Pedicini
Dario Tamburrano
Marco Valli
Marco Zullo
LEGA NORD/ENF
Mara Bizzotto
Mario Borghezio
Angelo Ciocca
Lorenzo Fontana
Matteo Salvini
Marco Zanni
PARTITO DEMOCRATICO
Brando Benifei
Renata Briano
Nicola Caputo
Caterina Chinnici
Andrea Cozzolino
Michela Giuffrida
Antonio Panzeri
Daniele Viotti
POSSIBILE
Elly Schlein
INDIPENDENTI
Sergio Cofferati
Barbara Spinelli
VERDI
Marco Affronte
LISTA TSIPRAS
Eleonora Forenza
Curzio Maltese
ASTENUTI
Elena Gentile (Partito Democratico)
Alberto Cirio (Forza Italia)
NON HANNO VOTATO
Mercedes Bresso (Partito Democratico)
Paolo De Castro (Partito Democratico)
Enrico Gasbarra (Partito Democratico)
Alessia Mosca (Partito Democratico)
Massimo Paolucci (Partito Democratico)
Barbara Matera (Forza Italia)
Antonio Tajani, in qualità di Presidente de Parlamento, non ha partecipato al voto
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.