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TTIP e altri accordi di partenariato, riflessioni

Salti nel vuoto senza paracadute né protezione alcuna. È lo schema bellico neoliberista condotto dalla squadriglia Juncker. Dodici campi di battaglia, ove a saltare sono i cittadini, i lavoratori, le filiere radicate su territori e valori. Alcune riflessioni a seguire.

Accordi di partenariato economico, i cavalli di Troia della Commissione Juncker 

Il cavallo di Troia è il paradigma forse più idoneo a rappresentare gli ‘accordi di partenariato economico’, che la fallimentare Commissione guidata da Jean Claude Juncker anela a concludere prima di decadere. (1)

L’illusione del grande omaggio, che ai tempi d’oggi si esprime nella riduzione delle barriere tariffarie, nasconde infatti un pericoloso tranello. Gli accordi in esame – anziché limitarsi a ridurre i reciproci dazi sulle importazioni delle merci, secondo antica tradizione – vanno ben oltre gli obiettivi dichiarati. 

I nemici nascosti nel ventre di questi cavalli di Troia mirano ad abbattere i sistemi di regole stabilite a presidio dei cittadini e della loro salute, dei lavoratori, dell’ambiente. Per affermare la legge delle Corporation, i cui obiettivi di conquista del pianeta Terra devono prevaricare ogni diversa norma.

Dalle dichiarazioni ai fatti: perché dobbiamo fermare il CETA e tutti i suoi (brutti) fratelli’, è il rapporto pubblicato dalla Campagna Stop TTIP Italia il 20.9.18. Ove i numerosi accordi di partenariato in agenda dell’attuale Commissione europea vengono analizzati nel dettaglio. Per metterne a fuoco la struttura e i prevedibili impatti su individui e ambiente, economie locali e filiera alimentare.

Accordi di partenariato, la sporca dozzina

CETA e JEFTA – gli accordi di partenariato con Canada (2) e Giappone (3) – sono solo il primo paio di colpi messi a segno dalla squadriglia Juncker. Ma un’altra decina di negoziati sono in corso, sotto il silenzio tombale della stampa italiana. Bruxelles sta già svendendo i nostri diritti su diversi tavoli:

– Messico, 

– Cile, 

– Mercosur (Mercado Común del Sur), 

– Vietnam, 

Indonesia

– Singapore, 

Tunisia

– Marocco, 

– Australia e Oceania.

Senza scordare il TTIP, che ‘the real Donald’ (Trump) e ‘Gin-Claude’ (Juncker, come citato nelle spiritose battute delle lobby brussellesi) riportano in superficie, dopo temporanea immersione a servizio degli slogan elettorali del presidente USA. (4)

Accordi di partenariato, i nemici nascosti

Dal punto di vista di alcuni osservatori, tra i quali chi scrive, tali accordi di partenariato – destinati all’entrata in vigore senza alcun preventivo vaglio delle assemblee nazionali – presentano gravi criticità. 

Mancano vincoli e sanzioni per chi vìola convenzioni internazionali sull’ambiente o sul lavoro, mancano adeguate tutele per i servizi pubblici e i prodotti tipici, vengono ridotti i controlli sull’importazione di prodotti contenenti OGM anche per il consumo umano.’ (5)

Quattordici organizzazioni internazionali non governative – tra cui Client EarthFairwatch, FernTransport&Environment – hanno pubblicato una lettera di denuncia, il 14.9.18. Nella speranza, purtroppo utopistica, di poter fermare l’accordo con il Giappone. (6)

Dietro le promesse di agevolare i commerci globali, i trattati tossici mirano ad abbattere le normative che le democrazie nazionali e internazionali (es. UE) hanno sviluppato, negli ultimi decenni, per la salvaguardia del pianeta e dei suoi abitanti. Basti citare, uno su tutti, il principio di precauzione. Un criterio fondamentale, posto a base del diritto alimentare in Europa, neppure richiamato negli accordi in esame. 

Le regole in materia di pesticidi e OGMbenessere animale, sicurezza delle sostanze chimiche e MOCAinterferenti endocrini, economia circolare, sono tutte destinate a soccombere. Una dietro l’altra, allorché gli investitori privati contesteranno la loro natura di ostacolo ai propri affari, presso i collegi arbitrari internazionali. 

Bilancio previsionale ignoto

Un obiettivo comune anima tutti gli accordi di partenariato in esame. Quelli conclusi come quelli in fase di negoziato, nessuno escluso. Tale obiettivo si concretizza nella più ampia liberalizzazione delle produzioni industriali e delle forniture di servizi in ogni settore economico. In una parola, Deregulation.

L’interesse sotteso a tale approccio travalica di gran lunga i dichiarati scopi di superare il protezionismo, tariffario e non. (7) Poiché tali trattati – nella loro accennata ‘comprensività’, secondo il binomio ‘Comprehensive Agreement’ – mirano a tutelare anzitutto gli investitori internazionali. Cioè a liberare la grande finanza da ogni possibile ‘intralcio’, al quale peraltro corrispondono precisi diritti delle popolazioni nei mercati oggetto di conquista.

L’esempio di Amazon – di cui abbiamo denunciato le pratiche commerciali sleali e le gravi violazioni dei diritti d’informazione dei consumatori , a tutt’oggi impunite, oltre a segnalare lo sfruttamento dei lavoratori e le elusioni fiscali – è solo la punta dell’iceberg che si avvicina.

Gli accordi di partenariato internazionale, al di là di giudizi semplicistici dettati da opposte ideologie, sono destinati a stravolgere gli equilibri di economie strutturate con feroce istantaneità. Senza che nessuno dei loro esecutori abbia avuto cura di valutarne l’effettivo impatto con studi previsionali di sorta. 

Ciò che inevitabilmente sfugge a ogni previsione è lo scenario prossimo venturo, che potrebbe rivelarsi meno roseo delle aspettative e causare crisi di singoli comparti, o di interi sistemi. E non si potrà tornare indietro, dopo aver ceduto sovranità nazionale e potestà normativa su ambiti come concorrenza e tutela del mercato, appalti, lavoro.

Qualcuno ora si compiace, per avere registrato marginali crescite dell’export verso il Canada a seguito del CETA. Un cavallo di Troia quasi piccolo al confronto di quello offerto dal Giappone. È presto però per celebrare la festa, meglio attendere che i cavalli mostrino quel che serbano in pancia. 

Senza dimenticare che l’Europa sta stringendo accordi con Paesi la cui bilancia commerciale è smaccatamente favorevole, Paesi esportatori dunque. (8) E dietro il feticcio della tutela di poche manciate di produzioni agroalimentari tipiche, la Commissione ha pubblicamente sdoganato la contraffazione del Parmesan e del Made in Italy. Che Kraft Food e le altre grandi sorelle del cibo potranno portare avanti in ogni dove, col via libera di Bruxelles. 

Non è tutto oro quel che luccica nel ventre dei cavalli di Troia. O meglio, non è oro per tutti. Neppure per quella classe di imprenditori e industriali italiani che difficilmente, un eufemismo, potranno resistere alla concorrenza sleale dei giganti in un pianeta de-regolato. Ulteriori spunti nel rapporto della Campagna Stop TTIP Italia. (9)

Dario Dongo

Note

(1) Non è neppure richiesta la ratifica dei Parlamenti degli Stati membri, ogni qual volta gli aspetti legati a protezione degli investimenti e sistema arbitrale di risoluzione delle controversie (ICS) vengano negoziati in accordi separati, come è accaduto nel caso del JEFTA (accordo di partenariato UE-Giappone)

(2) In merito al CETA, alcune riflessioni su https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/ceta-l-autunno-della-democrazia

(3) L’entrata in vigore è prevista per il 1.2.19. Per un approfondimento sul JEFTA, si veda https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/ue-giappone-rapporto-senza-precauzioni. Breve analisi del voltafaccia del governo M5S-Lega, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/accordo-ue-giappone-il-cambiamento-s-%C3%A8-perso

(4) Quanto al TTIP, le nostre riflessioni su https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/editoriale-ttip-le-ragioni-della-nostra-op-posizione. Le ultime nuove sul suo ritorno nel Report ‘Zombie TTIP, il ritorno del trattato mai morto’, cura di Monica Di Sisto, Campagna Stop TTIP Italia, agosto 2018, su https://stopttipitalia.files.wordpress.com/2018/07/zombie-ttip_dossier2018.pdf

(5) Cfr. ‘JEFTA, affari a tutti i costi’, Campagna Stop TTIP Italia, luglio 2018, su https://stopttipitalia.files.wordpress.com/2018/07/jefta_affari-a-tutti-i-costi_sintesi.pdf

(6) V. https://stopttipitalia.files.wordpress.com/2018/09/lettera-inta_jefta.pdf

(7) Si intendono per barriere tariffarie i dazi sulle importazioni e altre misure di effetto analogo (es. attribuzione a determinati prodotti di codici doganali diversi rispetto a quelli applicati a identiche merci nazionali). Le barriere non tariffarie (TBT, Technical Barriers to Trade) possono venire individuate, viceversa, in una pluralità di misure adottate dai singoli Paesi o loro formazioni internazionali per regolamentare i mercati (es. Farm Bill in USA, Politica Agricola Comune in UE), proteggere i consumatori o altre risorse (tra gli altri obiettivi). Allorché esse vengano utilizzate – o percepite, da partner economici stranieri – per discriminare le importazioni (di beni e servizi) rispetto alle economie nazionali. Si veda al riguardo il trattato TBT, siglato in ambito WTO, su https://www.wto.org/english/tratop_e/tbt_e/tbt_e.htm

(8) Con eccezione di Singapore, un semplice hub finanziario globale 

(9) Campagna Stop TTIP/CETA Italia, rapporto ‘Dalle dichiarazioni ai fatti: perché dobbiamo fermare il CETA e tutti i suoi (brutti) fratelli, a cura di Monica Di Sisto, su https://stopttipitalia.files.wordpress.com/2018/09/i-brutti-fratelli-del-ceta_set20181.pdf

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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