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UE-Giappone, rapporto senza precauzioni

L’accordo UE-Giappone è pronto alla sigla e la ratifica, ha comunicato la Commissione europea il 18.4.18. Un rapporto profondo senza precauzioni, come purtroppo si vedrà.

JEFTA, l’accordo UE-Giappone in rampa di lancio

Il 18.4.18 la Commissione europea – meglio tardi che mai, dopo che già l’8.12.17 era stata annunciata l’intesa sui suoi punti essenziali – ha reso noto il contenuto dell’accordo messo a punto in segreto con il Giappone. 562 pagine di clausole!

Il JEFTA (Japan-EU Free Trade Agreement) verrà siglato dai rappresentanti delle parti l’11.7.18. In tempi rapidissimi, cui seguirà l’immediato avvio del percorso di ratifica, prima che gli Stati membri e i loro cittadini possano prendere atto di quanto negoziato in loro nome. L’obiettivo primario dichiarato dalla Commissione Juncker è infatti quello di ottenere l’entrata in vigore del JEFTA prima dello scadere del suo mandato, nella primavera 2019. (1)

Dietro la maschera del libero scambio, il JEFTA si rivela essere il più importante accordo di partenariato finora negoziato dall’Europa, addirittura superiore al CETA per l’impatto sui relativi ordinamenti ed economie. Con l’ambiziosa quanto forse irrealistica promessa di contribuire alla crescita dell’economia globale e di costituire un esempio nel commercio internazionale. 

L’accordo ambisce a promuovere le relazioni economiche tra Europa e Giappone nel senso più ampio. Un messaggio forte, al resto del pianeta, per abbattere – quantomeno – il protezionismo tariffario, liberalizzare il commercio e gli investimenti, aprire opportunità di mercato a livello intercontinentale.

A ben vedere tuttavia l’intesa va ben oltre le questioni tariffarie. I suoi effetti riguarderanno anche la stabilità finanziaria dell’Europa e del Giappone, la protezione dei dati e della privacy, l’agricoltura e la sicurezza alimentare. Nonché la tutela dell’ambiente, atteso che il JEFTA includerà una dichiarazione specifica di impegno sull’accordo di Parigi relativo al clima. (2)

L’approvazione del JEFTA ricade nella competenza esclusiva dell’Unione europea, in quanto gli aspetti relativi alla protezione degli investimenti e al sistema giurisdizionale di risoluzione delle controversie (ICS) saranno negoziati in un accordo distinto. Di conseguenza, la sua ratifica non richiede il voto favorevole dei Parlamenti degli Stati Membri. (3)

UE-Giappone, rapporto senza precauzioni

La prima criticità – nella forma e nella sostanza – si intravede nel difetto di trasparenza nel processo di approvazione dell’accordo. (4) A cui si aggiungono le sostanziali divergenze di approccio, tra le normative UE e quelle giapponesi.

Le regole in materia di OGM (5) – come pure gli standard raggiunti dai due sistemi in tema di sicurezza alimentare, benessere animale e livelli massimi di residui (LMR) tollerati negli alimenti – divergono più di quanto si possa credere. (6)

Il principio di precauzione, su cui si basa il sistema delle regole UE, è ampiamente trascurato dal JEFTA. (7) In caso di dubbi scientifici sulla sicurezza di prodotti e/o loro componenti – per la salute umana e animale, o l’ambiente – sarà perciò difficile invocare misure di salvaguardia (salvo, forse, sulle alghe di Fukushima). 

Questioni cruciali per l’ecosistema – come il commercio illegale del legname, la pesca irresponsabile del tonno rosso, la caccia alle balene – sono state poi del tutto ignorate, nonostante i solleciti delle ONG ambientaliste.

JEFTA, i dazi sui prodotti alimentari

L’accordo eliminerà o ridurrà nettamente i dazi su parecchie derrate agroalimentari, ma la liberalizzazione non sarà totale né immediata per tutti i prodotti. 

l vini europei beneficeranno di un’immediata abolizione delle tariffe, finora tra le più alte a livello planetario, a partire dall’entrata in vigore dell’accordo. Altrettanto dicasi per i formaggi a pasta dura, mentre per quelli freschi sarà stabilito un contingente in esenzione da dazi.

Le carni di maiale subiranno una drastica riduzione tariffaria, mentre le carne bovine registreranno una diminuzione progressiva, a compiersi nell’arco di 15 anni.

JEFTA, scarsa tutela di DOP e IGP e bugie della Commissione europea

Le Indicazioni Geografiche (es. DOP, IGP) riceveranno una tutela ‘a geometria variabile’. Il JEFTA riconosce il 6% delle Geographical Indications (GIs) europee, 200 su 3.300 circa, tra le quali figurano RoquefortAceto Balsamico di ModenaProseccoJambon d’ArdenneTiroler SpeckPolska WódkaIrish Whiskey e varie altre. 

Il Giappone dovrà stabilire un sistema, per la registrazione e protezione delle suddette GIs, con interventi ex officio o a richiesta degli interessati (8). Allo scopo di prevenire l’uso di Indicazioni Geografiche che non soddisfino i requisiti. Quand’anche le evocazioni geografiche mendaci siano tradotte o traslitterate, o accompagnate da diciture come ‘tipo’, ‘stile’, ‘imitazione’ etc.

Le GIs riconosciute saranno protette in tutti i casi in cui il pubblico venga tratto in inganno – in etichetta e pubblicità – sull’effettiva origine del prodotto. (9) Non potranno venire registrati nuovi trademark che possano creare confusione con le GIs riconosciute nel JEFTA, le quali dovranno però convivere coi marchi già utilizzati o registrati ‘in buona fede’, se pure identici o simili alle nostre DOP e IGP. (10)

19 sono le DOP e IGP italiane ‘relativamente protette (tra cui Aceto Balsamico di Modena, Aceto balsamico tradizionale di Modena, Mela Alto Adige, Asiago, Fontina, Gorgonzola, Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano e Taleggio’, 26 i nomi dei vini italiani (es. Chianti, Chianti Classic, Prosecco, Conegliano- Prosecco). (11)

È falso quanto dichiarato dalla Commissione europea, secondo cui ‘tali prodotti godranno in Giappone dello stesso livello di tutela che è loro attualmente riconosciuto nell’UE.’ Considerato che:

– i marchi già utilizzati ‘in buona fede’ prima dell’entrata in vigore dell’accordo, come si è visto, sono considerati legittimi se pure usurpino quel 6% delle DOP e IGP europee che il Giappone riconosce,

– i marchi che usurpano le nostre GIs, addirittura, potranno venire mantenuti sul mercato senza neppure l’obbligo di indicare la vera origine dei relativi prodotti, per un periodo transitorio di 7 anni (cibi) e 5 anni (vini), (12)

– i formaggi italiani DOP e IGP più celebri (Asiago, Fontina, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Toscano e Taleggio) potranno comunque venire  ‘condizionati’ (cioè grattugiati, affettati, confezionati) in Sol Levante, per un periodo transitorio di 7 anni, (13)

– ancor peggio, il JEFTA legittima in via definitiva l’usurpazione dei nomi dei formaggi italiani più celebri. Approfondimento a seguire.

JEFTA, via libera alla contraffazione di formaggi italiani DOP e mortadella IGP

I nomi dei più noti formaggi italiani DOP (Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Pecorino Romano, Pecorino Toscano Provolone Valpadana e della Mortadella Bologna IGP sono ‘relativamente protetti’ dal JEFTA solo in quanto nomi composti.

Via libera all’usurpazione dei nomi ‘Grana’ (basta non aggiungere ‘Padano’), ‘Mortadella’ (cambiando il nome della città che segue) e così via. In palese contrasto con il livello di tutela affermato in Europa già a partire dalla Convenzione di Stresa nel 1951 e consolidato a opera della Corte di Giustizia. (14)

La Commissione ha tradito pure i caci francesi – il francese Emmental, tutelato solo in quanto ‘Emmental de Savoie’, il Brie (soltanto ‘Brie de Meaux’) e il Cambembert (solo ‘Camembert de Normandie’) – e il britannico Cheddar, protetto in quanto ‘West Country farmhouse Cheddar cheese’).

Il Parmesan trova poi in questa sede la legittimazione che Big Food – Kraft Food, in particolare, suo primo produttore al mondo – ha invocato per decenni in ogni contesto, ivi compreso il Codex Alimentarius. L’accordo introduce infatti il diritto di ogni soggetto di usare o registrare in Giappone un marchio contenente il termine Parmesan per i formaggi a pasta dura, ‘tranne nel caso in cui tale uso inganni il pubblico circa l’origine geografica del bene’. Una barzelletta, anzi una tragedia.

Le bugie della Commissione e la tutela delle DOP in Europa

Le bugie della Commissione europea – nel narrare che le nostre Indicazioni Geografiche sono soggette allo stesso livello di tutela loro riconosciuto in UE – sono tanto più gravi alla luce della sentenza della Corte di Giustizia sul caso Parmesan.

La Corte di Giustizia di Lussemburgo, nel 2002, ha infatti chiarito che il nome Parmesan costituisce la traduzione fedele della DOP “Parmigiano Reggiano’. (15) E dunque, il nome Parmesan può venire ammesso soltanto sui prodotti che rispondono al disciplinare del Parmigiano Reggiano DOP, in quanto registrati e controllati dal relativo Consorzio.

L’accordo UE-Giappone, a ben vedere, non prevede alcuna tutela delle Indicazioni Geografiche rispetto all’inganno dei consumatori legato al nome del prodotto. Purché, allo scadere del periodo transitorio di 7 anni per gli alimenti, si abbia l’accortezza di aggiungere – magari in un angolo della retro-etichetta, in mezzo ad altre voci – che l’origine del ‘Parmigiano Pisano’ è diversa.

In Europa – al contrario – la Corte di Giustizia ha chiarito l’inammissibilità dell’evocazione, che ricorre qualora ‘il termine utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una denominazione protetta, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce dalla denominazione’. (16) 

E ancora, in UE non è ammessa l’evocazione che si realizza ‘anche in mancanza di un qualunque rischio di confusione tra i prodotti in questione, poiché ciò che conta è, in particolare, che non si crei nel pubblico un’associazione di idee quanto all’origine del prodotto, né che un operatore sfrutti indebitamente la rinomanza dell’indicazione geografica protetta. (17)

In conclusione, l’accordo UE-Giappone incrina definitivamente la protezione di tutte le Indicazioni Geografiche protette. Le quali restano sostanzialmente prive di protezione, tra l’altro, ogni qualvolta il contraffattore crei un’illecita associazione di idee sull’origine del prodotto. (18)

Dario Dongo e Giulia Torre

Note

(1) Così il comunicato stampa 18.4.18 http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-3325_en.htm

(2) Cfr. Accordo JEFTA, art. 16.4, su http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2017/december/tradoc_156423.pdf 

(3) V. opinione Corte di Giustizia 16.5.17 n. 2/15

(4) In Europa, la bozza dell’accordo è stata resa disponibile solo dopo il comunicato ufficiale della sua definizione, a dicembre 2017

(5) Gli OGM sono radicati nel mercato giapponese e le regole a essi relative sono ben diverse dalle nostre. L’informazione specifica è limitata a pochi alimenti e la tolleranza di contaminazioni ‘accidentali’ con materiali geneticamente modificati è pari al 5% (0,9% in Europa). Si veda https://gain.fas.usda.gov/Recent%20GAIN%20Publications/Agricultural%20Biotechnology%20Annual_Tokyo_Japan_7-13-2015.pdf

(6) Il rapporto finale Trade Sustainability Impact Assessment of the Free Trade Agreement between the European Union and Japan (TSIA), a maggio 2016, riferisce che ‘Japan’s use of fertilisers and pesticides per square kilometre of agricultural land remains well above the OECD averages‘ (p.227)

(7) Un cenno al principio di precauzione era originariamente contenuto della proposta europea del capitolo relativo alla cooperazione normativa, ma non è incluso nel testo finale dell’accordo. L’unico riferimento indiretto ancora presente è nel capitolo Trade and Sustainable Development (art. 9), con tenue richiamo all’approccio precauzionale

(8) JEFTA, art. 14.23.1, System of protection of geographical indication

(9) Art. 14.25.1, Scope of protection of geographical indication

(10) Art. 14.27 Relationship with trademarks. L’approccio è simile a quello concordato in sede di CETA 

(11) Allegato XY, List of Geographical indications for products as referred to in Article 24. Cfr. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2018/january/tradoc_156549.pdf

(12) Accordo, art. 14.29, Exceptions

(13) Se pure, a condizione che tali merci siano destinate al mercato del Giappone (JEFTA, art. 14.25.5)

(14) Si veda sul punto la sentenza 12.9.07, Caso T-291/03, che ha annullato la decisione della Corte di Appello poiché ‘ha errato nel ritenere che il nome “grana” fosse generico e che l’esistenza della DOP “Grana Padano” non precludesse la registrazione del marchio GRANA BIRAGHI’ (punto 89)

(15) Corte di Giustizia UE, ECJ, causa C-66/00, sentenza 25.6.02, punto 20

(16) ECJ, caso C-87/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola vs. Kaserei Champignon Hofmeister and Bracharz, sentenza 5.3.99, punto 25

(17) ECJ, causa C-56/16 relativa alla IG Porto, sentenza 14.9.17, punto 123. In linea con quanto già espresso nella causa C-75/15, Viiniverla, sentenza 21.1.16, punto 45

(18) Laddove invece la Corte di Giustizia ha affermato in Europa l’illegittimità dell’evocazione di Gorgonzola (Cambozola) e Calvados (Verlados).Cfr. ECJ, caso C-87/97, sentenza 5.3.99, e causa C-75/15, pronuncia 21.1.16 

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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Laureata in giurisprudenza, master in European Food Law, si occupa di legislazione agro-alimentare, veterinaria, agricola. Dottoranda alla Scuola per il Sistema Agroalimentare AGRISYSTEM, Università Cattolica del Sacro Cuore, con una tesi in materia di novel food.

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