HomeProgressoPAC, pesticidi e biodiversità. Relazione della Corte dei Conti UE

PAC, pesticidi e biodiversità. Relazione della Corte dei Conti UE

‘La PAC ha contribuito positivamente a mantenere e rafforzare la biodiversità?’ La Corte dei Conti europea – nel rapporto speciale n. 13/20 (1) – analizza l’impatto degli strumenti previsti dalla Politica Agricola Comune (PAC) rispetto agli obiettivi della Strategia UE sulla Biodiversità fino al 2020 (pubblicata nel 2011). Che è stata aggiornata, tra l’altro, con la Comunicazione 20.5.20. Gli impegni dichiarati dalla Commissione europea sono insufficienti a garantire il raggiungimento dell’Obiettivo 3.a della Strategia, conservare e aumentare la biodiversità dei terreni agricoli. Un approfondimento.

Strategia UE per la Biodiversità, Obiettivo 3.a

L’Obiettivo 3.a della Strategia UE per la Biodiversità è ancora lontano, ammonisce la Corte. Ed è necessario fare in modo che la PAC 2021-2027 – ora in corso di negoziati – effettivamente garantisca la massima estensione delle superfici agricole coltivate a prati, seminativi e colture permanenti. A fronte dell’esigenza di garantire sia il miglioramento di specie e habitat dipendenti dall’agricoltura (ovvero legati ai suoi effetti), sia la promozione di una gestione più sostenibile degli ambienti rurali.

La perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemi sono strettamente legati all’emergenza climatica, come si è visto. E rappresentano le principali minacce per la sopravvivenza del pianeta nei prossimi decenni, in termini sia di probabilità, sia di impatto. Come è stato annotato, senza peraltro proporre alcuna soluzione idonea, al World Economic Failure (o Forum, a seconda dei punti di vista) di gennaio 2020.

Un recente studio dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (2019) ha confermato che l’intensificazione dell’agricoltura negli ultimi decenni abbia rappresentato una delle principali cause dei problemi segnalati. Come dimostrano:

– il Farmland Bird Index, indice dell’avifauna nelle aree agricole (-34% delle specie comuni nelle aree agricole, dal 1990 al 2017) e

– lo European Grassland Butterfly Index, l’indice delle farfalle nei prati. Questi insetti bioindicatori sono quasi dimezzati in un quarto di secolo (-39%, dal 1990 al 2017), sebbene la moria sia quasi in fase di stabilizzazione, dal 2013.

Le ultime relazioni previste da Natura 2000 (ancorché il progetto non sia ancora completato) e dalle direttive Uccelli ed Habitat registrano a loro volta un drammatico aumento, dal 69% al 72%, degli habitat con uno stato di conservazione ‘sfavorevole’.

PAC 2014-2020 e Strategia per la Biodiversità, quale coordinamento?

La Corte ha valutato se l’Obiettivo 3a della Strategia fino al 2020 fosse specifico, misurabile e realizzabile, pertinente e corredato da un termine. E se la PAC 2014-2020 vi fosse coerente. Primo punto debole, le politiche in questione si riferiscono ad archi temporali differenti. PAC e bilancio UE seguono un ciclo settennale, le Strategie per la biodiversità coprono 9 o 10 anni. Le maggiori lacune sono state rilevate in merito a realizzabilità, pertinenza e misurabilità (la Strategia del 2011 aveva infatti un termine, fissato al 2020, e contemplava misure specifiche).

Non esistono indicatori precisi e attuali per valutare il progresso delle azioni. Dei 13 indicatori europei razionalizzati della biodiversità (Streamlined European Biodiversity Indicators, SEBI), la Commissione ne ha aggiornati con regolarità soltanto 5. Per i restanti 8, invece, gli ultimi dati risalgono al più tardi al 2014.

Il concetto di ‘zona agricola di grande valore naturale’ (High Natural Value, HNV) era stato introdotto dalla Commissione europea, nel 2005, per il monitoraggio delle zone caratterizzate da agricoltura a bassa intensità. Ma la Commissione stessa – dato atto della sostanziale carenza di dati sull’estensione delle aree HNV negli ultimi rapporti sullo sviluppo rurale (giugno 2019) – ha deciso di escluderlo dalla Pac post 2020.
In assenza tra l’altro del coordinamento, previsto della Strategia per la biodiversità con l’Obiettivo 2. Il ripristino del 15% degli ecosistemi degradati.

I conti che non tornano

La quota di bilancio generale UE dedicata alla biodiversità, secondo la Corte dei Conti, è stata determinata sulla base di coefficienti inaffidabili (mediante ‘adattamento’ ai ‘marcatori di Rio’ dell’OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico OCSE). Nella PAC 2014-2020 la Commissione afferma di avere dedicato alla biodiversità l’8,1% del bilancio UE, pari a 86 miliardi di euro, ma sin dal 2017 la Corte lamenta l’inefficacia del sostegno.

I pagamenti diretti del greening, ad esempio, hanno incentivato il cambiamento di pratiche agricole solo nel 2% dei terreni seminativi e l’1,5% dei prati permanenti. L’insuccesso generale della Strategia per la biodiversità fino al 2020 rispetto all’obiettivo 3a era stato ribadito, del resto, dalla stessa Commissione europea nella revisione intermedia del 2015.

Pagamenti diretti, quale impatto sulla biodiversità?

La gran parte dei pagamenti diretti dell’UE non ha un impatto diretto misurabile sulla biodiversità dei terreni agricoli, annota la Corte dei Conti. Anzi, secondo alcuni esperti, il pagamento accoppiato facoltativo avrebbe conseguenze negative. Nella misura in cui si incentivi l’incremento dei livelli di attività finanziata, legata alla produzione di colture o animali specifici.

Il variegato quadro di norme e sanzioni non garantisce d’altra parte un’applicazione uniforme dei criteri sui pagamenti diretti. I piccoli agricoltori, ad esempio, non sono passibili della riduzione dall’1% al 5% che dovrebbe venire imposta nei casi di mancato rispetto dei criteri di gestione obbligatori (CGO) e delle norme per le buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA). Le quali ultime, a loro volta, variano da un Paese all’altro.

Con la riforma PAC 2013, la rotazione delle colture è stata trasformata in diversificazione delle colture. La quale raramente determina un vantaggio per la biodiversità poiché non comporta un mutamento nelle pratiche agricole. Ed è divenuta un requisito di ammissibilità, non più una condizionalità, riducendo anche il numero di agricoltori a cui si applica.

L’inverdimento avrebbe dovuto incentivare la conservazione della biodiversità ma attualmente solo il 5% delle superfici sono state oggetto di cambiamenti delle pratiche agricole (il regime non si applica ai piccoli agricoltori, alle aziende biologiche e a coloro che detengano più del 75% di prato permanente).

La Commissione europea, nel 2017 e nel 2018, ha sottolineato che gli Stati avrebbero dovuto compiere maggiori sforzi per assicurarne i progressi e il raggiungimento degli obiettivi (come imposto dall’azione 8a della Strategia fino al 2020). Ma solo quattro Stati membri o loro regioni (Lussemburgo, Lettonia, Repubblica Ceca, Belgio-Fiandre) hanno definito alcune zone riservate ai prati permanenti come ‘zona critica sotto il profilo ambientale’, su meno di 300 mila milioni di ettari di terreni agricoli dell’Unione.

L’assenza di validi indicatori di impatto o di risultato della condizionalità e dell’inverdimento sulla biodiversità dei terreni agricoli a disposizione della Commissione non permette, anche in questo caso come sopra, di valutare correttamente il livello di tutela della biodiversità.

Le potenzialità del II Pilastro PAC

Misure agro-climatiche ambientali, agricoltura biologica e Natura 2000 risultano, secondo le autorità nazionali visitate, le misure dei programmi di sviluppo rurale più efficaci per la tutela della biodiversità. Potenzialmente in grado di soddisfare l’Azione 9 della Strategia del 2011, ‘orientare meglio lo sviluppo rurale per conservare la biodiversità’.

Gli agricoltori però tendono ad applicare misure meno impegnative ma a basso impatto (le ‘misure verde chiaro’). Piuttosto che quelle ad alto impatto (le ‘misure verde scuro’), più onerose, specifiche e complesse bensì oggetto di maggiori finanziamenti. E risultano scarsi anche gli sforzi verso il miglioramento sui terreni a seminativi, a cui si associa buona parte della responsabilità del declino della biodiversità.

Solo 2 delle 46 misure agro-climatiche ambientali stabilite sono basate sui risultati, le restanti sulla gestione dei terreni. Secondo la Corte e gli esperti, le prime hanno maggiore impatto sulla conservazione e aumento della biodiversità. Assicurano maggiore spazio di scelta agli agricoltori rispetto alle modalità di utilizzo dei terreni e soprattutto li responsabilizzano, vincolandoli solo ai risultati. Senza contare il maggiore riconoscimento pubblico del loro ruolo.

Risulta in ogni caso difficile valutare l’impatto dei piani di sviluppo rurale poiché mancano, anche in questo caso, indicatori appropriati nel Quadro di monitoraggio e valutazione della PAC 2014-2020. Nel 2006 la Commissione aveva aggiunto altri 28 indicatori agroambientali che però non sono stati aggiornati con regolarità, alcuni neppure pubblicati.

Le raccomandazioni della Corte dei Conti

Il declino della biodiversità nei terreni agricoli è un dato certo, nonostante la difficoltà nel misurarne il grado e l’impatto delle azioni della Strategia fino al 2020. Non sono stati rispettati gli impegni internazionali relativamente alla Convenzione per la Diversità Biologica e i rispettivi obiettivi di Aichi. Se entro il 2030 si intende realizzare l’Obiettivo n. 15 dei 17 Sustainable Development Goals (SDGs) in Agenda ONU 2030, ‘la Vita sulla Terra’, è necessaria una trasformazione. La Corte dei Conti formula 4 raccomandazioni, rivolte alla Commissione europea:

1) i pagamenti diretti costituiscono il 70% della spesa agricola dell’UE ma il il loro impatto sulla biodiversità è limitato, se non negativo. Sono necessarie azioni concrete e misurabili nella PAC post-2020, in sinergia con gli Stati membri, per la piena realizzazione dell’obiettivo Agricoltura della nuova Strategia fino al 2030. Sarà fondamentale rivedere anche le modalità di registrazione dei fondi di bilancio destinati alla biodiversità e il sistema sanzionatorio (termine 2023),

2) la PAC post-2020 deve aumentare i pagamenti diretti legati ai beni pubblici ambientali, soprattutto la biodiversità. Tenendo presente che attualmente gli strumenti di sviluppo rurale hanno avuto maggiore impatto sulla conservazione della biodiversità nei terreni agricoli (termine 2023),

3) accrescere il contributo dello sviluppo rurale, considerate le sue maggiori potenzialità rispetto ai pagamenti diretti, e assicurarsi che i Piani di Sviluppo Rurale Nazionali comprendano azioni a favore della biodiversità nei terreni agricoli (termine 2023),

4) introdurre validi indicatori per valutare i risultati e gli impatti degli strumenti Pac sulla biodiversità dei terreni agricoli (termine 2022).

Le risposte della Commissione

La Commissione Europea aveva individuato queste lacune già in occasione della relazione di valutazione sull’impatto della PAC su habitat, paesaggi e biodiversità (2019). Sottolineando come, oltre a non aver utilizzato a sufficienza gli strumenti PAC, la concezione e i finanziamenti delle misure agro-climatico ambientali per le aziende che praticano l’agricoltura intensiva non sono ancora in grado di incentivare l’introduzione di cambiamenti gestionali utili a tutelare la biodiversità.

Nella risposta alla Corte dei Conti, tuttavia, Bruxelles adduce che il coordinamento con gli Stati membri sarebbe adeguato e gli strumenti della Pac avrebbero permesso di realizzare numerosi miglioramenti a livello locale. Senza fornire alcuna evidenza al riguardo, salvo invece dare atto che a livello generale la biodiversità desta serie preoccupazioni.

La futura PAC, continua la Commissione, sarà maggiormente proiettata sui risultati con indicatori idonei. Ma sottolinea che essi non sono gli unici utilizzabili e, in alcuni casi come le zone agricole di grande pregio naturale, un indice univoco risulti inopportuno data la differente disponibilità di dati e le diverse situazioni fisiche.

La denuncia di sovrastima delle spese destinate alla biodiversità non è dimostrabile e i coefficienti utilizzati dalla Commissione sarebbero debitamente sviluppati, in assenza di un metodo convalidato da OCSE. E il regime di pagamento accoppiato facoltativo, notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nell’ambito della blue box, non avrebbe impatto negativo sulla biodiversità poiché destinato a prodotti specifici e in situazioni di difficoltà. Ingiustificata inoltre, secondo la Commissione, la denuncia contro la condizionalità, del tutto associabile a un impatto positivo sulla biodiversità.

Non esistono misure ‘verde chiaro’ o ‘verde scuro’, la Corte è scivolata in una eccessiva semplificazione, insiste la Commissione. Per di più, la ridotta applicazione delle seconde è dovuta essenzialmente alla loro applicazione in zone circoscritte e specifiche.

Fondamentale per seguire la logica della riflessione della Commissione è il concetto secondo cui i pagamenti diretti non sono finalizzati alla tutela della biodiversità (eccetto l’inverdimento), ma, senza dubbio, ‘la vasta adesione a tali misure da parte degli agricoltori consente di aumentare la consapevolezza riguardo alle norme ambientali grazie alla condizionalità’.

Prospettive future

La nuova Strategia per la Biodiversità fino al 2030 declina l’obiettivo Agricoltura come necessità di destinare almeno il 10% delle superfici agricole a elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità. Ad esempio fasce tampone, maggese completo o con rotazione (introdotto nel 1988 ma non più obbligatorio dal 2009), siepi, alberi non produttivi, terrazzamenti o stagni, anche per prevenire l’erosione del suolo, intensificare il sequestro del carbonio, filtrare aria e acqua. Oltre ai nuovi obiettivi rispetto alla riduzione di pesticidi chimici (-50% entro il 2050) e l’aumento del suolo destinato ad agricoltura biologica (+25% entro il 2030). Parole, parole, parole.

Un terreno più ricco in biodiversità è solitamente anche più produttivo. L’agroecologia dovrà guidare il cambiamento, all’interno del quale uno spazio privilegiato è lasciato anche alla tutela della varietà genetica e degli impollinatori.

Dario Dongo e Marina De Nobili

Note

(1) European Court of Auditors. Special Report No 13/20. Biodiversity on farmland: CAP contribution has not halted the decline

 

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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Laureata a Trento in giurisprudenza, segue un master in diritto alimentare a Roma Tre. Appassionata di cibo e vino, tra cultura e tradizione.

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