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Il tempo delle mele BIO. Tanto meglio per la salute, dimostra la scienza

Gli alimenti biologici sono migliori per la salute umana, oltreché per l’ecosistema (suoli e acque, atmosfera e riscaldamento globale, biodiversità e benessere animale). A dimostrare ciò è ancora una volta uno studio scientifico, dall’università di Gratz (Austria). Ove si evidenzia la netta superiorità del  microbiota della mela  bio  rispetto a quella convenzionale.

Il bio è meglio per la salute, la voce della scienza

Studi scientifici  pubblicati su prestigiose riviste internazionali a elevato  Impact Factor  evidenziano la superiorità degli alimenti biologici, rispetto a prodotti ottenuti con metodi agricoli convenzionali. (1) Per quanto specificamente attiene ai valori nutrizionali, nonché alla presenza e quantità di fitocomposti a cui la scienza attribuisce proprietà benefiche per la salute. (2)

Il  British Journal of Nutrition  ha pubblicato nel 2014 una meta-analisi ove i ricercatori dell’Università di Newcastle – a esito di revisione scientifica di 343 studi sottoposti a  peer review  – concludono che frutta, verdura e cereali coltivati con metodo biologico contengano in media il 17% di antiossidanti in più rispetto a quelli derivanti dall’agricoltura tradizionale. Fino al 69% in più, nel caso dei flavoni. (3)

Il  CRA-INRAN  aveva a sua volta condotto la revisione sistematica di 65 studi scientifici, nel 2012. (4) Riscontrando, anche in questo caso, come i prodotti biologici presentino valori analoghi o superiori – rispetto alle corrispondenti matrici da agricoltura convenzionale – di nutrienti e altre sostanze benefiche. Quali ad esempio carotenoidi, antiossidanti, fenoli. Nella tabella a seguire, il riepilogo dei risultati dell’analisi.

Sul fronte opposto  si trovano i detrattori del bio, o meglio i fautori – non sempre privi di interessi (5) – dell’impiego di ‘fitofarmaci’, o agrotossici in agricoltura. E degli OGM, vecchi e nuovi, che guarda caso nella quasi totalità sono stati concepiti proprio per consentire agli organismi geneticamente modificati di resistere al bombardamento chimico. Con quei venefici pesticidi ed erbicidi (es. glifosato) che sterminano ogni forma di vita, ivi comprese quelle  off-target  come le api. Provocando altresì un pericoloso ‘effetto deriva’  sull’intero ecosistema.

Il tempo delle mele BIO, lo studio austriaco

Lo studio  An Apple a Day: Which Bacteria Do We Eat With Organic and Conventional Apples? –  pubblicato il 24.7.19 su  Frontiers in Microbiology  – è stato  condotto dai ricercatori dell’Istituto di Biotecnologie Ambientali dell’Università di Graz (Austria). (6) I quali hanno messo a confronto le mele della varietà ‘Arlet’ coltivate secondo due metodi che, con diversi livelli di efficacia, sono presentati sotto l’ombrello della ‘agricoltura sostenibile’:

– mele biologiche, realizzate nel rispetto delle regole europee vigenti,

– mele da ‘agricoltura integrata’. In applicazione del relativo standard internazionale GLOBALG.A.P., nella sua declinazione austriaca (AMAG.A.P.  Certification).

L’indagine  condotta  dai ricercatori austriaci è andata oltre la semplice analisi di nutrienti, micronutrienti e sostanze favorevoli alla salute. Si è invece esplorata l’identità del microbiota – vale a dire, la popolazione di funghi e batteri – nelle diverse componenti dei frutti in esame. Rilevando come il prodotto biologico presenti un microbiota significativamente più variegato, rispetto a quello convenzionale. Identificandosi, nel prodotto bio, una maggiore varietà di microrganismi con peculiare occorrenza di quelli a effetto probiotico (Lactobacilli) ovvero con effetti positivi sulla componente aromatica del frutto (metilobatterio).  Una recente meta-analisi, peraltro, ha addirittura dimostrato come un maggior apporto di probiotici possa contribuire a rafforzare le difese immunitarie al punto da ridurre il bisogno di ricorrere agli antibiotici.

La ricchezza  delle popolazioni dei microorganismi presenti nei prodotti bio – a raffronto con quelli convenzionali – trova brillante espressione nell’immagine a seguire, tratta dall’articolo citato. Laddove si mostra come proprio la mela biologica rappresenti un ‘arcobaleno della vita’. Ed è proprio questa la conferma della ‘biodiversità’  che il metodo di produzione biologico persegue, con un successo dimostrato dalla scienza.

Figura: Composizione tassonomica del microbiota presente su tessuti di mela biologica e da ‘lotta integrata’

Conclusioni parziali

Biologico è meglio, per l’ecosistema e la salute. Non è nostra ambizione coltivare sterili dibattiti con i lobbisti dell’agbiotech  e le loro coorti. Le differenze sostanziali tra prodotti biologici e convenzionali possono talora non essere evidenti, e l’indagine sul ruolo del microbioma nella salute è ancora tutto sommato agli albori. La questione focale è un’altra, come effettivamente perseguire concreti obiettivi di sostenibilità ambientale in un periodo storico ove la crisi ecologica è identificata – assieme a obesità e denutrizione – come uno dei principali  driver  della  Global Syndemic  in atto.

Il metodo biologico  è ‘basato sull’interazione tra le migliori prassi in materia di ambiente ed azione per il clima, un alto livello di biodiversità e che esplica una funzione sociale fornendo al pubblico beni che contribuiscono alla tutela dell’ambiente’. (7)

L’agroecologia  potrebbe salvare l’Europa in una decina d’anni, come ha mostrato il recente studio IDDRI (Institut pour le Développement Durable et les Relations Internationales). La conversione dell’agricoltura europea al metodo biologico è possibile e di sicuro vantaggio, anche per gli agricoltori che la ‘rivoluzione verde’ ha invece impoverito in misura drastica, aumentando la dipendenza dall’agrochimica e i relativi costi senza tuttavia consentire un corrispondente incremento dei prezzi delle derrate. L’era dei pesticidi di sintesi è prossima al tracollo, e bisogna impedire la  deregulation  degli NBT (New Breeding Techniques, alias nuovi OGM). Proprio per evitare che la dispersione nell’ambiente di varietà genetiche aliene possa far vita a nuove dipendenze da pericolosi agrotossici.

Dario Dongo  e Donato Ferrucci

Note

(1) Il c.d.  Impact Factor  è un indice bibliometrico sviluppato dall’Institute for Scientific Information (ISI) nel 1961. Misura il numero medio di citazioni ricevute, nell’anno di riferimento, dagli articoli pubblicati da una rivista scientifica nei due anni precedenti: è pertanto un indicatore della performance dei periodici scientifici, che esprime l’impatto di una pubblicazione sulla comunità scientifica di riferimento.
L’Impact Factor di una rivista non esprime in sé un valore, ma va considerato rispetto ai valori raggiunti dai periodici del medesimo ambito disciplinare (subject category  nel Journal Citation Reports), poiché ogni comunità è caratterizzata da un comportamento citazionale specifico.
(2) L’evidenza e fondatezza scientifica dei benefici per la salute umana associati al consumo di un alimento o una sostanza in esso contenuta, ovvero di una categoria di alimenti, si noti bene, non comporta di per sé la possibilità di vantare i relativi  health claim  in etichetta e pubblicità dei relativi prodotti. L’impiego di  claim  relativi alla salute dipende infatti dall’attivazione, da parte degli operatori interessati, di un’onerosa procedura di autorizzazione europea, ai sensi del  reg. CE 1924/06  e seguenti (Nutrition & Health Claims, NHC).
Di conseguenza – anche a causa dell’inedia degli operatori della filiera e delle loro rappresentanze, in Italia e in Europa – l’elenco degli  health claim  autorizzati in UE è ancora privo di riferimenti a sostanze i cui effetti favorevoli alla salute sono conclamati dalla scienza. Quali ad esempio licopene, acido oleico, antiossidanti (al di fuori di quelli contenuti nel solo olio extravergine di oliva), polifenoli e composti fenolici, prebiotici e probiotici, CBD
(3) Barański M, et al. (2014).  Higher antioxidant and lower cadmium concentrations and lower incidence of pesticide residues in organically grown crops: a systematic literature review and meta-analyses.  Br J Nutr. 2014, Sep 14;112(5):794-811. doi: 10.1017/S0007114514001366. Epub 2014 Jun 26.,  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24968103
(4) Flavio Paoletti, Stefano Nicoli, Irene Baiamonte, Nicoletta Nardo.  La qualità nutrizionale dei prodotti dell’agricoltura biologica. Risultati di un’indagine bibliografica (2005-2011). Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA, ex Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, INRAN)
(5) Glenn David Stones (2017).  Dreading CRISPR: GMOs, Honest Brokers, And Mertonian Transgressions.  Geographical Review, Volume 107, Issue 4. doi:  https://doi.org/10.1111/gere.12260
(6) Brigit Wassermann et al. (2019).  An Apple a Day: Which Bacteria Do We Eat With Organic and Conventional Apples?  Front. Microbiol., 24 July 2019. doi:  https://doi.org/10.3389/fmicb.2019.01629, su  https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fmicb.2019.01629/full
(7) Reg. (UE) 2018/848,  relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, primo considerando

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