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Microbioma e glifosate, nuovi studi

Glifosate  (o glifosato) e microbioma, quale impatto e quali danni? Due recenti pubblicazioni scientifiche, sulle api e sull’uomo, offrono nuovi spunti in merito alla genotossicità del pesticida più diffuso al livello planetario.

Microrganismi e vita

La trasmissione genetica nei batteri avviene in via orizzontale e casuale. Da circa 2,7 miliardi di anni, secondo una stima conservativa, i microbi possono cioè unirsi velocemente, anche se molto diversi, quando tra essi combacino singoli tratti di DNA. (1) La trasmissione orizzontale si è progressivamente evoluta in un sistema verticale, più preciso e selettivo, negli organismi complessi come animali e piante (la cui riproduzione è così possibile soltanto tra individui simili). I ‘superorganismi’ sono a loro volta sistemi complessi ove gli elementi a trasmissione verticale (dotati di DNA) convivono con miliardi di microorganismi a trasmissione orizzontale. (2)
Il microbioma è l’insieme di microrganismi ‘coltivato’ da ogni essere vivente. Nell’intestino, che può ospitare oltre 1300 specie batteriche, ma anche sulla pelle (1000 specie), nell’apparato oro-faringeo-respiratorio (600), il tratto uro-genitale (circa 60), lo stomaco (25). (2) Ciascuno di noi è un superorganismo, vale a dire un ecosistema dinamico ove le attività delle cellule umane e microbiche interagiscono sia reciprocamente, sia con quelle dell’ambiente esterno. In modo da assumere e assimilare sostanze in grado di mantenere il sistema, proteggerlo da eventuali alterazioni dovute all’ambiente e riprodurre sistemi simili (la prole).
Gli esseri umani come altri mammiferi si avvalgono di questo insieme di microrganismi che rappresenta il 3% circa della loro massa corporea. Il corpo umano ospita 100 trilioni di cellule batteriche, 1,5 kg in media, per adempiere a varie funzioni. Questa simbiosi ha luogo anche nelle piante, ove il 30% circa delle attività biologiche sono affidate ai batteri e hanno luogo nella rizosfera (la porzione di suolo prossima all’apparato radicale). Grazie all’interazione tra i microorganismi autoctoni e quelli che provengono dal cibo e dall’ambiente.

Microrganismi e agroindustria

I microorganismi considerati patogeni, a partire dalla fine degli anni ‘50 del secolo scorso, sono stati considerati nemici da abbattere. Gli scopi di salvaguardia delle colture hanno però ceduto il passo a strumenti che nel medio-lungo periodo si sono rivelati inadeguati. Poiché per distruggere i microorganismi nocivi si sono distrutti anche quelli indispensabili alla salute delle piante. (1) Con un approccio per certi aspetti simile a quello utilizzato in medicina con l’impiego sregolato di antibiotici (i quali, a loro volta, danneggiano il microbiota intestinale).
Si prenda a esempio un’automobile. Se per risolvere un problema stagionale (ad esempio, la corrosione dei cerchi per l’esposizione al sale nelle strade) si eliminasse una sua parte essenziale (nell’esempio, le ruote), l’intervento risulterebbe incompatibile con la funzione primaria dell’entità-automobile. Allo stesso modo, se si eliminano i microorganismi in una pianta o in un uomo il sistema viene privato delle risorse necessarie al suo corretto funzionamento. Non vi è proporzione tra fine e mezzi, eppure consideriamo ‘normale’ vivere ‘senza ruote’.
Batteri, protozoi, alghe e funghi sono organismi molto più semplici di animali e piante, ed è spesso impossibile impedirne la presenza nell’aria, nell’acqua e nella terra. Bisogna perciò comprendere se tale presenza rappresenti sempre e a tutti i costi un ostacolo da abbattere o piuttosto una simbiosi da assecondare, provvedendo ove del caso a rafforzare le difese dell’organismo complesso. Il suolo attuale ha in media solo l’1% di sostanza organica, cioè il 70% in meno rispetto alla sostanza organica disponibile a metà del secolo scorso. Sono scomparsi ceppi batterici di storia millenaria e i microorganismi residui sono essenzialmente i soli sopravvissuti ai ripetuti attacchi dei pesticidi più venefici (DDT, atrazina, paraquat, glifosate).

Il microbioma delle api

La simbiosi dei microrganismi ‘indigeni’ e ‘di passaggio’ è indispensabile alle funzioni biologiche degli organismi vegetali, come a quelle dell’uomo e degli animali. Ivi compresi gli insetti apoidei (o impollinatori), che sono responsabili del 70% della produzione agricola. Anche le api hanno un intestino e possiedono un microbioma delicato quanto complesso. Ma come possono continuare a lavorare e contribuire al ciclo biologico del pianeta, se vengono private di questa parte essenziale? E come possono superare stress e malattie, senza la possibilità di combatterle?
Le comunità scientifiche e le associazioni di categoria si confrontano da anni su come meglio preservare il biota dell’ape. Ed è perciò che ad esempio si somministrano sciroppi a base di aglio, dalle note proprietà antibatteriche, per prevenire l’insorgenza di patologie stagionali (es. nosemiasi). (3)
L’ape si distingue rispetto ad altri insetti e animali in quanto dotata di un gene unico che la accomuna alle piante. (9) Questo gene, presente nei vegetali e in alcuni microorganismi, è in grado di sintetizzare un enzima (EPSP) che a sua volta produce tre aminoacidi essenziali alla simbiosi dei microrganismi. Solo grazie a una recente pubblicazione scientifica si è scoperto il ruolo fondamentale dell’enzima EPSP per la vita delle api. (7) Lo studio ha infatti dimostrato come l’inibizione di EPSP produca effetti negativi nell’intestino dell’ape, favorendo la proliferazione di batteri patogeni.

Glifosate, api e altre specie viventi

Fred Gould – entomologo, patologo ed ecologista, professore distinto della ‘North Carolina State University’ – ha dimostrato il legame causale diretto tra glifosato e malattia delle api. Il pesticida non uccide i batteri nell’intestino delle api ma impedisce loro di crescere e codificare l’enzima EPSP. Allo sterminio delle api causato dai pesticidi neonicotinoidi si aggiunge così la moria causata dal glifosate, che rende gli insetti apoidei vulnerabili alle più comuni patologie.
Monsanto-Bayer in effetti spiega che il glifosato ‘è una molecola della famiglia degli acidi aminati scoperta da Monsanto all’inizio degli anni ’70’ che ‘inibisce un enzima prodotto dai vegetali (l’enzima EPSPS) bloccando la produzione di 3 aminoacidi aromatici essenziali per la sintesi delle proteine.’ Mente però nell’affermare che ‘tale enzima è presente solamente nel regno vegetale, il glifosate agisce solo sugli organismi vegetali.’ (8)
Il glifosato inibisce un processo che è vitale non solo per i vegetali ma anche per altre specie viventi, quali i microorganismi e le api. Gli unici organismi che possono sopravvivere a questo ‘inibitore totale’ sono infatti i vegetali sottoposti a un’apposita modifica genetica. I famigerati ‘Roundup-Ready’, dal nome commerciale del glifosate a marchio Monsanto ‘Roundup’. Ed è questa infatti la strategia delle Big 4, come documentato nell’ebook ‘OGM, la Grande Truffa’. Vincolare la produzione agricola globale alla dipendenza da pesticidi e sementi brevettati.

Il glifosate e noi

Il glifosate, per debellare la ‘malerba’, attacca i microrganismi. Distrugge così il biota del suolo, che nutre le piante, e il microbioma degli insetti impollinatori. Quanto a noi, è a dir poco improbabile che l’agrotossico in questione sia un ‘toccasana’ per le difese immunitarie dell’uomo, visto che la sua molecola non distingue tra ceppi e famiglie di batteri. La sola idea di interrompere un processo evolutivo durato milioni di anni per sterminare i microrganismi da cui dipende la vita degli organismi complessi dovrebbe venire perseguita come un crimine internazionale contro l’umanità e l’ambiente. Ma la politica e le amministrazioni, in questa società corrotta, prediligono gli interessi del turbo-capitalismo al bene pubblico.
Risalgono al 2016 le prime analisi mirate a rintracciare il glifosato nel miele, analisi condotte in seguito al ritrovamento della molecola in molte, se non tutte, le matrici prese in considerazione dai diversi studi effettuati nel mondo. Il glifosato è stato rintracciato negli alimenti, nei pannolini per neonati e negli assorbenti femminili, nel sangue e nello sperma umani, nella placenta e nel latte materno, nell’acqua e nella birra… solo per citare gli esempi più eclatanti, quelli che maggiormente hanno colpito l’attenzione dell’opinione pubblica; ma la lista è infinita, la molecola è presente ovunque, anche nel miele.’ (9)
L’ultima ricerca pubblicata su ‘Nature’ evidenzia che ‘il glifosato potrebbe indurre l’ereditarietà transgenerazionale delle epimutazioni della malattia e della linea germinale (ad esempio degli spermatozoi). Possiamo ipotizzare che la tossicologia generazionale del glifosato debba essere considerata nell’eziologia della malattia delle generazioni future’. (10) In altre parole, l’agrotossico più diffuso sul pianeta terra va considerato tra le cause di malattie umane per le generazioni che verranno (!).
Guido Cortese e Dario Dongo
Note
(1) Gustavo Giovannetti (2015). ‘Biodiversità di un suolo agrario’, Fossano
(2) Jason Lloyd-Price et al., US National Institutes of Health (2017). ‘Strains, functions and dynamics in the expanded Human Microbiome Project’. Nature 550, 61–66 pp. https://doi.org/10.1038/nature23889
(4) De-quiang Pu, Min Shi et al. (2014). ‘Flower-visiting insects and their potential impact on transgene flow in rice’. British Ecological Society. https://doi.org/10.1111/1365-2664.12299
(5) Harmen P. Hendriksma, Meike Küting, […], and Christoph C. Tebbe. (2013). ‘Effect of Stacked Insecticidal Cry Proteins from Maize Pollen on Nurse Bees (Apis mellifera carnica) and Their Gut Bacteria’. PLoS One. 2013; 8(3): e59589. doi: 10.1371/journal.pone.0059589
(6) ‘Rounding up the Honey Bees’. Ecology, Physiology and Genetics (2019), https://schaechter.asmblog.org/schaechter/2018/11/rounding-up-the-honey-bees-2.html
(7) E.V.S. Motta et al. (2018). ‘Glyphosate perturbs the gut microbiota of honey bees’. Proc. Nat. Acad. Sci. USA. doi: 10.1073/pnas.1803880115
(8) Il Glifosato (https://www.roundup.it/il_glifosate.php)
(9) V. ‘Le vie del glifosato sono infinite’ (2019). L’apis, http://www.lapisonline.it/dossier/dossier-aspromiele/view/productdetails/virtuemart_product_id/71/virtuemart_category_id/2.html
(10) Deepika Kusbad et al. (2019). ‘Assessment of Glyphosate Induced Epigenetic Transgenerational Inheritance of Pathologies and Sperm Epimutations: Generational Toxicology’, Nature https://doi.org/10.1038/s41598-019-42860-0, https://www.nature.com/articles/s41598-019-42860-0

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Informatico e apicoltore professionale. Ex obiettore di coscienza, ha prestato servizio e poi volontariato in una mensa per senza fissa dimora a Torino. Si occupa di diritto al cibo, food policy, sovranità alimentare e biodiversità. Ha fondato l’associazione degli Impollinatori Metropolitani con l’obiettivo di difendere la biodiversità attraverso progetti specifici di rigenerazione sociale e ambientale. Rappresenta la Comunità Slow Food degli Impollinatori Metropolitani. Ha promosso la nascita della rete nazionale degli apicoltori urbani. Dirige un mercato agricolo indipendente, collabora e scrive per Egalitè (Onlus Roma) che si occupa di difendere i diritti di persone svantaggiate, e con i giornali Great ItalianFood Trade, Qualeformaggio, L'apicoltore Italiano e riviste minori.

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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