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Fake news nel settore alimentare, il quibus

Le fake news purtroppo ricorrono nel settore alimentare, come del resto in vari altri. Perché tanta attenzione, al cibo e a ciò che vi ruota attorno, si spiega in breve. Il quibus:

  • l’industria agroalimentare rappresenta il primo settore manifatturiero in UE (con oltre 1.000 miliardi di euro di fatturato, 30 miliardi di saldo positivo della bilancia commerciale, 4,24 milioni di occupati. (1). Gli interessi in gioco, inevitabilmente, sono portati avanti da schieramenti opposti su diversi versanti. Grandi gruppi industriali vs. PMI, filiere di produzione vs. GDO, Nord vs. Sud Europa, alimenti equilibrati vs. cibi ‘di indulgenza’ (o junk-food, a seconda dei punti di vista),
  • la filiera agricola esprime tuttora un potere politico straordinario. In Europa come in Italia ove Coldiretti, prima confederazione in UE per numero di iscritti (1,6 milioni), tuttora detta l’agenda politica di settore. E la propria ‘versione dei fatti’ su ogni notizia che anche solo indirettamente possa coinvolgere l’agricoltura locale,
  • il ‘food & drinkin ogni sua declinazione (economica, sociale, culturale e turistica, esperenziale-edonistica), è presente e anzi ridonda, in ogni contesto di informazione e divulgazione. Con garanzia di ampio seguito da parte di lettori e spettatori, i quali spesso preferiscono stimolare le papille gustative rispetto ad altre funzioni neurologiche.

Fake news nel settore alimentare, urge fact-checking

Il fact-checking è perciò indispensabile e richiede, da parte dei professionisti dell’informazione, peculiari attenzioni. In primo luogo è necessario verificare la fondatezza di ogni notizia – quand’anche essa provenga da fonti in apparenza autorevoli (es. Ministeri e Istituzioni, Coldiretti, Confindustria e altri corpi ‘intermedi’) in merito all’efficacia delle norme nazionali.

Gli esempi di fake news negli ultimi anni non sono mancati, per quanto attiene in particolare ai c.d. ‘decreti origine’. Mediante i quali il governo di Paolo Gentiloni ha teoricamente imposto l’indicazione obbligatoria dell’origine delle materie prime sulle etichette di pasta, riso, conserve di pomodoro.

Un altro esempio di fake news, sulla scia dei precedenti, riguarda il c.d. ‘decreto sede stabilimento’. Il d.lgs. 145/17, che in teoria ha previsto l’obbligo di citare la sede dello stabilimento (di produzione o confezionamento) sulle etichette dei prodotti alimentari Made in Italy

In tutti i citati casi, la stampa italiana ha celebrato all’unisono i provvedimenti nazionali di sapore autarchico. Senza tuttavia avere cura di verificare la loro legittimità, che è condizionata al licet della Commissione europea. (2) E in assenza del via libera di Bruxelles, come è accaduto proprio in questi casi, le norme nazionali devono venire disapplicate d’ufficio. Valgono perciò come carta straccia.

Le battaglie ‘ideologiche’ offrono pure terreno fertile alle fake news nel settore alimentare. L’ideologia, a uno sguardo più attento, è solo il feticcio sventolato dai poteri forti. Grandi inserzionisti e/o grandi abbonati alle agenzie di stampa si alleano per mistificare i problemi reali e le politiche volte ad affrontarli. 

La guerra ai ‘semafori in etichetta’ – nonché ad altre misure di prevenzione di malattie endemiche (es. diabete) legate a cibi e regimi dietetici squilibrati – ne è fulgido esempio. Ferrero dietro le quinte, Coldiretti e Federalimentare in prima linea, ministri di turno all’ordine (l’ultimo fu Maurizio Martina). Truppe cammellate di giornalisti acritici a seguire. (3)

La legalità e sostenibilità delle produzioni è un altro ambito di doverosa attenzione, allorché si riferisca a singole filiere produttive, operatori e contesti territoriali che vi si legano. Il primo fattore critico di diverse produzioni agricole, in Europa come nei Paesi più lontani, è lo sfruttamento dei lavoratori.

Gli abusi sui lavoratori spesso raggiungono il livello della schiavitù e coinvolgono anche i minori. Ma questo tema tende a sfuggire al mainstream media italiano, come fosse un tabù. Anziché un’occasione per riflettere, sensibilizzare, promuovere la civiltà e il rispetto.

L’impatto delle filiere sul pianeta, del resto, pare quasi interessare solo i più giovani. I Millennials, i quali sono però ancora troppo giovani per poter accedere alle redazioni che contano.

Dario Dongo

Note

(1) Dati 2017, fonte Food Drink Europe

(2) Cfr. direttiva 2015/1535/UE

(3) Ed è così che le politiche di sanità pubblica promosse in sede ONU vengono dipinte come improbabili battaglie contro il Made in Italy

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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