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Buona Pasqua per pochi. Rapporti FAO, WFP, OMS

Buona Pasqua. Celebriamo il mistero della vita, la benedizione della rinascita e la vittoria della luce sulle tenebre, la domenica dopo il primo plenilunio di primavera. È festa grande per molte comunità e famiglie, là dove il lavoro esista e sia possibile astenervisi, un paio di giorni almeno. Ed è occasione per richiamare un presupposto fondamentale della vita, l’accesso a cibo sano e nutriente per tutti gli individui del pianeta. Il primo dei diritti, che si accompagna a quello di disporre acqua potabile. Il segno di una civiltà da cui siamo ancora strutturalmente lontani, come mostrano i recenti rapporti di FAO, WFP, OMS, ONU, UNESCO.

Rapporti FAO, WFP, OMS. 1 miliardo di croci

Emergenza 113. 113 milioni di esseri umani in 53 Paesi patiscono l’insicurezza alimentare acuta, cioè muoiono di fame, e altri 143 milioni di esseri umani in altri 42 nazioni vi sono prossimi. L’insicurezza alimentare acuta ‘si verifica quando l’impossibilità di una persona di consumare cibo a sufficienza mette essa stessa e i suoi mezzi di sostentamento in immediato pericolo’. Guerre, conflitti e instabilità politica rimangono la prima causa di fame acuta in 21 Paesi tra Africa, Medio Oriente e Asia occidentale, Sud Est asiatico ed Europa dell’Est. Clima e calamità naturali si collocano al secondo posto, con prevalenza nel 2018 in Africa.

In pratica, il 3,7% della popolazione mondiale nel 49% degli Stati che aderiscono alle Nazioni Unite soffre ora una ‘fame acuta che richiede con urgenza cibo e assistenza nutrizionale’. È quanto emerge dal ‘Global Report on Food Crisis’ presentato ad aprile 2019 da FAO (Food and Agriculture Organization), WFP (World Food Program) e Unione Europea. (1) Il ‘Global Network Against Food Crises’ a cui tali organismi partecipano non è evidentemente in grado di ‘combattere’ alcuna crisi alimentare. Si limita a accogliere dati, utilizzando una ‘scala di misurazione della disgrazia’ (c.d. ‘Integrated Food Security Phase Classification’) che indica la crisi alimentare acuta al terzo posto su cinque, dopo emergenza e carestia.

La fine dei conflitti, l’emancipazione delle donne, la nutrizione e l’istruzione dei bambini, il miglioramento delle infrastrutture rurali e il rafforzamento delle reti di sicurezza sociale sono essenziali per un mondo resiliente, stabile e senza fame’ (FAO, ‘Global Report on Food Crisis’, 2019).

1 miliardo di croci. Ai 256 milioni di individui in emergenza o prossimi all’emergenza nutrizionale si aggiungono gli 821 milioni afflitti da denutrizione cronica. Intesa non quale disturbo psicologico bensì come indisponibilità fisica del cibo necessario a condurre la vita. La quale comporta, tra l’altro, ritardi e deficit nello sviluppo di apparati e funzioni dell’organismo umano. Secondo quanto riportato altro rapporto FAO Food Security & Nutrition around the World’, aggiornato da ultimo a settembre 2018. (2)

L’impero delle tenebre

Almeno il 15,4% della popolazione mondiale – secondo i dati sopra riportati, che tuttavia non considerano alcune vittime degli embargo dettati dagli USA (es. Venezuela, Repubblica Popolare di Corea) – è dunque attualmente esposto a fame e denutrizione. I due terzi dei morenti di fame nel 2018 si trovano peraltro in soli otto Paesi, ove le industrie occidentali di guerra e colonialismo sono attive. Siria e Yemen, Afghanistan, Sudan e Darfur, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Nigeria.

Il conflitto e l’insicurezza, gli choc climatici e le turbolenze economiche – i principali fattori di insicurezza alimentare – hanno continuato a erodere i mezzi di sostentamento e distruggere vite umane’, ripete lo studio FAO. 2019 o 1999 è lo stesso, nulla cambia sul quadrante occidentale da cui tutto muove. Produzione e vendita di armi, supporto politico e militare alle fazioni in guerra, danni inestimabili e così prestiti per le ricostruzioni. Prima le bombe e poi gli ‘aiuti’, tutto il male che serve alla finanza globale per bruciare il capitale fittizio e ri-finanziarsi. (3)

Previsioni stabili. Conflitti e instabilità politiche nel 2019 rimarranno il primo motore di crisi alimentari (e umanitarie). Aumenterà il numero di sfollati interni ed esterni, si aggraverà l’insicurezza alimentare dei profughi e delle comunità loro ospiti. Choc climatici ed eventi meteo estremi avranno forte impatto sulla produzione agricola e zootecnica in varie regioni del mondo, comprese quelle che già stanno affrontando una crisi alimentare. E l’instabilità economica manterrà il suo peso, in termini di aumento dei prezzi di cibo, carburante, medicinali e altri beni essenziali. Acqua pulita e infrastrutture sanitarie igieniche a loro volta mancano al 29% della popolazione globale, a 1 struttura sanitaria su 4, secondo ultimi dati UNESCO. (4)

‘Zero Hunger’, Agenda ONU 2030 e WFP

Fame Zero’ è il secondo dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) adottati dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 2015. I 193 Stati membri ONU si sono impegnati a migliorare la vita di tutti gli individui del pianeta, entro il 2030. E l’Obiettivo 2, ‘Zero Hunger’, è ‘un impegno a mettere fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere l’agricoltura sostenibile: questa è la priorità del World Food Programme.’ (5)

Il direttore esecutivo del WFP, David Muldrow Beasley, invoca una presa di responsabilità dei decisori politici. ‘Per sconfiggere veramente la fame, dobbiamo affrontarne le cause alla radice: conflitti, instabilità, l’impatto degli shock climatici. Per raggiungere l’obiettivo Fame Zero i bambini e le bambine hanno bisogno di essere ben nutriti e di ricevere una buona istruzione, le donne devono essere veramente emancipate, le infrastrutture rurali rafforzate. Programmi che rendano resilienti e più stabili le comunità ridurranno i numeri di affamati. E abbiamo bisogno che i leader del mondo facciano un’altra cosa: si prendano le proprie responsabilità e contribuiscano a risolvere questi conflitti, ora’.

Suona come un disco rotto, la ramanzina di Mr. Beasley ai suoi colleghi che girano le rotelle del mondo. Vale la pena ricordare il suo cv, ex candidato democratico e poi governatore repubblicano della Carolina del Sud, prima di imbracciare la via della cooperazione miliardaria quanto inefficace. (6) Circa il WFP (World Food Program), basti richiamare il fatto che si tratta di un’istituzione finanziata da 60 governi, oltreché da una pletora di ONG.

Le risorse potrebbero non mancare, ma è dubbio che gli interessi dei finanziatori privati di WFP coincidano con il bene pubblico inteso nei termini della solidarietà umana che dovrebbe animare la cooperazione internazionale. Senza entrare nel merito di alta finanza, fondazioni Rockefeller e ‘Bill & Melinda Gates’ (della quale ultima si ricordano sperimentazioni OGM e cattedrali zootecniche abbandonate nei deserti africani), si citano i colossi che detengono il monopolio globale su sementi e pesticidi. Oltre ai palmocrati, gli sfruttatori del lavoro minorile nella produzione di cacao e alcune delle ‘10 grandi sorelle’ del cibo. (7)

‘Fame Zero’, FAO e ONU

José Graziano da Silva è un agronomo da sempre dedicato ai problemi di ‘food security’. Prima di venire eletto direttore generale della FAO (dall’1.1.12, con rinnovo nel 2015 del mandato che andrà a scadere il 31.7.19) era riuscito a emancipare dall’insicurezza alimentare 28 milioni di cittadini brasiliani. In due soli anni, 2003-2004, nella veste di Ministro straordinario per la sicurezza alimentare del governo di Luiz Inácio Lula da Silva, attuò con successo il programma ‘Fome Zero’. Il cuore del programma ‘Bolsa Familia’, per la redistribuzione delle risorse economiche a favore dei gruppi più disagiati. Politiche pubbliche innovative ed efficaci per combattere la povertà estrema. Ma dal governo Lula all’agenzia ONU, le mani provvidenziali di Graziano da Silva sono state legate. Ed è così passato dal ruolo di attore della rivoluzione del Bene a quello di osservatore.

Dal Rapporto Globale risulta chiaro che, nonostante il leggero calo rispetto ai valori del 2017, il numero di persone colpite da insicurezza alimentare acuta – la forma più estrema di fame – è ancora troppoDobbiamo agire su vasta scala lungo il nesso interventi umanitari-politiche per lo sviluppo sviluppo-costruzione della pace per costruire la resilienza delle popolazioni colpite e vulnerabili. Per salvare vite, dobbiamo salvare anche i mezzi di sostentamento’ (Graziano da Silva, FAO, direttore generale).

FAO rimane pur sempre un’Agenzia dell’ONU, ed è proprio alla ‘casa madre’ che si deve intervenire per risolvere una crisi intollerabile e criminale. Già nel 2000 l’Assemblea delle Nazioni Unite aveva definito l’obiettivo di ‘Eradicate Extreme Poverty and Hunger’. Al primo posto tra gli 8 ‘Millennium Development Goals’ (MDGs), da realizzare entro il 2015. (8) Ma il termine è stato mancato da tutti gli Stati membri ONU, al di fuori della Repubblica Popolare Cinese. E nessuno ha sollevato obiezioni, nessuno ha imposto l’adozione di rimedi, salvo concordare un ‘esame di riparazione’ con termine rinviato di 15 anni, dal 2015 al 2030. Al costo di miliardi di vite umane che le agenzie ONU e gli Stati membri hanno platealmente trascurato di considerare.

Lo statuto ONU indica quale primo obiettivo dell’organizzazione internazionale il mantenimento della pace e la sicurezza internazionale. A seguire, la soluzione delle controversie internazionali, lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli Stati e l’autodeterminazione dei popoli. La cooperazione economica e sociale, il rispetto dei diritti umani a vantaggio di tutti gli individui. L’emergenza della fame che si rinnova ogni giorno nella metà dei Paesi suoi membri trova invece primaria causa nelle guerre che alcuni degli Stati fondatori continuano a fomentare, finanziare o comunque tollerare. Siria, Yemen, basta!

Si tollera la riduzione, sistematica e continuativa, delle risorse messe a disposizione per gli aiuti umanitari. Anziché prescrivere, quale misura minima, l’introduzione di un contributo ‘umanitario’ proporzionato al valore delle spese militari di ciascuno Stato membro. Laddove basterebbe un ‘1×1000’ a risolvere almeno questa piaga della nostra civiltà.

La fame non è una disgrazia, è il crimine dei complici e degli indifferenti.

#Égalité!

Dario Dongo

Note

(1) FAO, WFP, (2019). ‘Global Report on Food Crisis’,

(2) FAO, ‘The State of Food Security and Nutrition in the World, dati 2005-2017 e previsioni al 2030. Si veda anche il rapporto FAO-OMS (2019), ‘The future of food safety’, 

(3) Cfr. Gianfranco Bellini, ‘La bolla del dollaro, ovvero i giorni che sconvolgeranno il mondo’ (ed. Odradek, Roma, 2013)

(4) UNESCO, ‘World Water Development Report 2019 – Leaving No One Behind’. Il rapporto non considera peraltro la crisi idrica in atto nel Venezuela. Né le emergenze in atto come quella del Mozambico, ove oltre 6.000 neonati nei prossimi mesi affronteranno i rischi di colera e malaria a seguito del ciclone Idai

(5) V. https://it1.wfp.org/fame-zero

(6) Cfr. https://en.m.wikipedia.org/wiki/David_Beasley

(7) V. https://www1.wfp.org/private-sector. Al primo posto tra i partecipanti alla ‘Annual Partnership Consultation’ di WFP, anche nel 2018, si trova ACDI/VOCA, finanziata tra gli altri da Syngenta (una delle Big 4, i quattro monopolisti globali di sementi e pesticidi), OLAM International (al centro di numerose accuse di land grabbing, rapina delle terre), World Cocoa Foundation e alcuni suoi protagonisti (es. Nestlé, Mars), Kellogg’s

(8) Cfr. https://www.undp.org/content/undp/en/home/sdgoverview/mdg_goals.html

(9) Cfr. Statuto ONU, articoli 1 e 2

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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