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UE, altri 10 anni di biodiesel da palma

L’UE ha raggiunto l’intesa per la lentissima esclusione del palma dal biodiesel. Non più entro il 2020, come a suo tempo richiesto dallo stesso Parlamento europeo, che ha partecipato all’accordo, bensì entro il 2030. La lobby dei palmocrati hanno avuto la meglio sul bene comune. Gioco facile, in questa Europa. Vergogna!

Energie rinnovabili e olio di palma, obiettivi europei a servizio dei palmocrati asiatici

La Direttiva sulle Energie Rinnovabili (Renewable Energies Directive, c.d. RED II), parte del pacchetto ‘Energia pulita per tutti gli europei’, è stata adottata mediante intesa – raggiunta il 14.06.2018 – tra la Commissione europea, gli Stati membri e il Parlamento di Strasburgo.

Un obiettivo vincolante del 32% di energie rinnovabili – che tutti gli Stati membri UE dovranno raggiungere entro il 2030, con una clausola di revisione al rialzo da concordare entro il 2023 – è al cuore dell’accordo. In vista della realizzazione degli obiettivi contro il cambiamento climatico fissati dall’Accordo di Parigi.

La graduale eliminazione dell’olio di palma dai biodiesel è altresì prevista dalla direttiva. Prevedendosi tuttavia un limite – di non superare le quote di olio tropicale nei bio-combustibili – che è riferito si noti bene non allo status quo, bensì alle produzioni che verranno raggiunte nel 2019 (!).

Si prefigura così un’ulteriore corsa alla produzione e all’impiego di questa insostenibile materia prima, nei prossimi 18 mesi, in vista del suo lento abbandono nel decennio a seguire. Fino alla completa eliminazione, per gli utilizzi energetici, entro il 2030.

Olio di palma, biodiesel e altri impieghi. Le responsabilità dell’Europa

La prima direttiva sulle energie rinnovabili, RED I, venne approvata dallUnione europea nel 2009. E introdusse, per il settore dei trasporti, un obiettivo d’impiego entro il 2020 di un 10% di energie rinnovabili che includeva peraltro l’olio di palma tra le materie prime utilizzabili nel biodiesel.

Le conseguenze sono state tragiche, al punto che l’uso dell’olio tropicale nel biodiesel è passato dall’8% al 48% tra il 2010 e il 2016. (1) Il consumo globale di palma è continuato a crescere a ritmi serrati, nonostante le reazioni dei ConsumAttori che – grazie anche alla petizione lanciata da Great Italian Food Trade e dal Fatto alimentare – hanno chiesto a gran voce la sua eliminazione dai prodotti alimentari e cosmetici. In Italia, come in altri Paesi europei.

Le istituzioni europee hanno già avuto una responsabilità primaria nel fomentare la domanda di questo grasso insostenibile. La cui crescente offerta si è riversata sulle produzioni di combustibili, oltreché di ogni tipo di beni di consumo. Dai detergenti agli shampoo e saponi, cosmetici e rossetti, prodotti dolciari e da forno, oli da frittura, gelati, additivi alimentari (es. mono e digliceridi degli acidi grassi), pet food e altro ancora.

L’accordo commerciale UE-Indonesia, oltretutto, potrebbe abbattere i dazi anche sul palma. Così almeno nei propositi della Commissione Juncker, a cui è rivolta un’apposita petizione per impedire questo abominio.

A scaffale dei supermercati europei intanto – nonostante gli esempi virtuosi di campioni nazionali della GDO, come Coop Italia che per prima ha eliminato il palma da tutti i prodotti a suo marchio, seguita da altri gruppi in Francia, Spagna e Inghilterra – un prodotto su due ancora contiene olio di palma.

Olio di palma, violenze abusi ed ecocidi

Le violazioni dei diritti umani legate alle produzioni di palma sono del resto ampiamente documentate da numerose organizzazioni. Rapina delle terre – vale a dire, deportazione violenta delle comunità umane dalle loro terre (2) – e altri abusi, anche nei confronti dei minori a loro volta costretti a lavorare in condizioni di schiavitù. (3)

Un esempio, per descrivere il c.d. land grabbing. Mekar Jaka (distretto di Langkat, Sumatra Nord, Indonesia), 2017. Un’intera comunità viene strappata con violenza alle terre ove ha vissuto per generazioni, per lasciare spazio a nuove coltivazioni di palma dell’impresa malese Langkat Nusantara Kepong. Un migliaio di militari coinvolti, 554 ettari di terra rapinata in poche riprese. L’ultima azione il 27 marzo 2017, quando sono state rase al suolo settanta case.

Gli incendi delle foreste tropicali, innescati dai palmocrati per estendere le monocolture intensive, a loro volta hanno condotto l’inquinamento atmosferico in Sud-Est asiatico a livelli apocalittici. Causando veri e propri genocidi, che si esprimono in circa 100.300 morti premature per malattie respiratorie in Indonesia, Malesia e Singapore nel solo 2015. (4)

Le emissioni di gas-serra sono perciò solo alcuni degli ‘effetti collaterali’ sul resto del pianeta dell’estensione delle monocolture di palma da olio. Nel 2015 l’Indonesia ha triplicato le sue emissioni, superando addirittura USA e Cina.

We now have even more evidence that climate change is caused not just by burning coal and oil for transport and energy, but by the industrial food system itself and the corporate quest for profits that drives its expansion. Indeed, climate change and land grabs are inextricably linked’. (5)

Mentre l’Europa dorme, il disastro prosegue. A Papua Nuova Guinea oltre 5,5 milioni di ettari di foreste sono andati in fumo negli ultimi dieci anni e solo il 5% dell’habitat naturale è resistito all’ecocidio. (6) Il 50% in Borneo, ove la deforestazione incalza a un ritmo medio annuale del 3,9%.

Infine ma non da ultimo, i grandi animali dei paradisi terrestri sono in via d’estinzione, a causa dei palmocrati. Tra il 1999 e il 2015 sono stati uccisi in Borneo più di 100.000 oranghi, oltre metà dell’intera popolazione. L’elefante e il rinoceronte di Sumatra sono a loro volta ‘appesi a una liana’, poche decine gli esemplari sopravvissuti. Il Commissario Juncker vi dedicherà magari un centro culturale, come ha già fatto per le frodi alimentari. Un circo anzi gli si addice, ancor meglio senza animali.

Dario Dongo e Giulia Torre

Note

  1. Transport&Environment, maggio 2018

  2. https://www.farmlandgrab.org/post/view/27037-peasants-l-in-mekar-jaya-the-hometown-of-agrarian-reform-in-indonesia-razed-down-by-a-plantation-firm

  3. V. Amnesty International, rapporto ‘Il grande scandalo dell’olio di palma‘, novembre 2016

  4. V. Greenpeace, rapporto ’The moment of truth’, marzo 2018

  5. Cfr. Grain, rapporto ‘The global farmland grab in 2016: how big, how bad?‘, 14.6.16

  6. I dati provengono dalla ricerca dei giornalisti Le Grand JD (su YouTube) e Bernard Genier (RTS), i quali si sono recati in Borneo e hanno documentato la loro missione in un video prodotto dalla Radio Televisione Svizzera (RTS), su https://www.youtube.com/watch?v=rSm9Mw_VIb4 31.05.2018. Le notizie riportate trovano conferma nei lavori di David Gaveau (Center for International Forestry Research), il quale ha analizzato migliaia di immagini satellitari della zona Borneo, dagli anni ’70 a oggi

  7. Si veda al riguardo la ricerca di Maria Voigt et alias, ‘Global Demand for Natural Resources Eliminated More Than 100,000 Bornean Orangutans’, su Cell – Current Biology, 2018, https://doi.org/10.1016/j.cub.2018.01.053

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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Laureata in giurisprudenza, master in European Food Law, si occupa di legislazione agro-alimentare, veterinaria, agricola. Dottoranda alla Scuola per il Sistema Agroalimentare AGRISYSTEM, Università Cattolica del Sacro Cuore, con una tesi in materia di novel food.

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