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Empowering Consumers for the Green Transition, via libera dal Parlamento UE

Il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura, il 17 gennaio 2024, la direttiva (UE) 2024/825 sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde (ECGT – Empowering Consumers for the Green Transition). (1) Il provvedimento ambisce a limitare le dichiarazioni di sostenibilità e altre tattiche di greenwashing da parte delle aziende che limitano il diritto dei consumatori a fare scelte d’acquisto sostenibili. Rimangono tuttavia deboli le previsioni sull’obsolescenza programmata e la possibilità di riparazione dei beni. Un approfondimento.

1) Empowering Consumers for the Green Transition. Esigenze di riforma

Le scelte di acquisto dei consumatori sono sempre più rivolte a prodotti che vantano caratteristiche di sostenibilità ambientale e sociale. Molte aziende hanno quindi iniziato a utilizzare ‘green claims’ come ‘eco’, ‘rispettoso dell’ambiente’ o ‘rispettoso degli animali‘, per rendere i propri prodotti più competitivi nel mercato.

L’assenza di regole uniformi sui ‘green claims’ in UE ha tuttavia favorito il proliferare di pratiche commerciali sleali, quali:

  • greenwashing, vale a dire claim parziali, sproporzionati e ingannevoli sulla sostenibilità ambientale
  • etichette e comunicazione commerciale inaffidabili e non trasparenti, oltre a
  • obsolescenza programmata. (2)

2) Tutela dei consumatori, riforme UE in corso

La Commissione europea ha perciò avviato un processo di riforma delle Direttive 2005/29/CE (pratiche commerciali sleali), 2011/83/UE (diritti dei consumatori). Con un primo se pur parziale risultato nella Direttiva 2019/2161 (3,4).

Tali riforme perseguono gli obiettivi di tutelare il diritto dei consumatori a effettuare scelte ambientali consapevoli e così contribuire attivamente alla transizione verde in UE, in linea con le strategie su Green Deal e Circular Economy (5,6).

3) Maggiori tutele contro le pratiche sleali, direttiva 2005/29/CE

Il Parlamento europeo, con i suoi emendamenti agli articoli 6 e 7, ha introdotto nuove ipotesi di pratiche commerciali:

  • sempre scorrette, perciò vietate (Allegato I)
  • potenzialmente ingannevoli, da valutare caso per caso.

3.1) Dichiarazioni potenzialmente ingannevoli

Possono venire qualificate come pratiche commerciali ingannevoli:

  • dichiarazioni che vantino caratteristiche ambientali, sociali (i.e. qualità ed equità delle condizioni di lavoro) o aspetti di circolarità (durabilità, riparabilità, riciclabilità) relative ai prodotti che risultino non veritiere o corrette, capaci quindi di trarre in inganno il consumatore (a riforma delle Direttiva 2005/29/CE, art. 6.1, nuova lettera b)
  • dichiarazioni ambientali (6) ove si affermi che un prodotto o un marchio o un operatore abbiano un impatto positivo, nullo o ‘meno dannoso’ sull’ambiente, ovvero abbiano migliorato il loro impatto nel tempo, se non corredate di impegni chiari, oggettivi e accessibili al pubblico. Gli operatori devono a tal fine predisporre piani di attuazione dettagliati e realistici che includano obiettivi misurabili nel tempo e altri elementi, come l’allocazione delle risorse (art. 6.2, nuova lettera d)
  • pubblicità dei prodotti con caratteristiche ‘green’ irrilevanti per i consumatori e non direttamente correlate con le caratteristiche dei prodotti stessi
  • presentazione dei prodotti come vantaggiosi per l’ambiente o il consumatore stesso in virtù di caratteristiche comuni ai prodotti della stessa categoria (art. 6.2, nuova lettera e).

3.2) Informazioni rilevanti

Le omissioni fuorvianti ricorrono ogni qualvolta i prodotti vengano confrontati mediante analisi parziali sulle loro caratteristiche ambientali, sociali o su aspetti di circolarità (i.e. durabilità). Questa pratica impedisce ancora una volta ai consumatori di prendere decisioni di acquisto sulla base di informazioni oggettive e complete.

Il professionista che fornisce e presenta il servizio di confronto dei prodotti deve perciò offrire informazioni rilevanti, intese quali ‘le informazioni sul metodo di confronto, i prodotti oggetto di confronto e i fornitori di tali prodotti, nonché le misure adottate per mantenere aggiornate tali informazioni’ (art. 7, nuovo comma 7).

4) Pratiche commerciali sempre sleali

Le pratiche commerciali sempre sleali e perciò vietate a priori, elencate in Allegato I alla direttiva 2005/29/CE, sono integrate da quelle che seguono:

  • esporre un’etichetta di sostenibilità (7) che non si basi su un sistema di certificazione ovvero non sia stabilita dalle autorità pubbliche (nuovo punto 2a). Le etichette di sostenibilità dovranno garantire le condizioni minime di trasparenza e credibilità e dovranno venire monitorate da un organismo terzo e indipendente
  • apporre un’affermazione ambientale come ‘ecologico’, ‘green’, ‘rispettoso dell’ambiente’ e così via, quando non sia possibile dimostrare l’eccellenza (8) della prestazione ambientale declamata (nuovo punto 4a)
  • fare un’affermazione ambientale sull’intero prodotto o sull’intera attività’ dell’operatore quando essa riguardi ‘solo un determinato aspetto del prodotto o un’attività specifica dell’impresa’ (nuovo punto 4b). Ad esempio
  • ‘quando un prodotto è commercializzato come “realizzato con materiale riciclato” dando l’impressione che l’intero prodotto sia costituito da materiale riciclato, quando in realtà solo l’imballaggio è costituito da materiale riciclato, o
  • quando un commerciante fornisce l’impressione che si utilizzino solo fonti energetiche rinnovabili mentre in realtà molte delle strutture commerciali del commerciante utilizzano ancora combustibili fossili’
  • fare affermazioni circa la compensazione delle emissioni di gas a effetto serra a impatto neutro, ridotto o positivo, come ‘climate neutral’, ‘impronta CO2 limitata’, ‘compensato dal punto di vista climatico’, in quanto ingannevoli. Tali affermazioni sono consentite solo nel caso in cui si basino sull’effettivo impatto dell’intero ciclo di vita del prodotto (nuovo punto 4c)
  • vantare un aspetto del prodotto come caratterizzante, rispetto gli altri prodotti della stessa categoria, quando esso sia invece imposto per legge (nuovo punto 10 bis). Ad esempio, non si può vantare l’assenza di una sostanza dannosa all’interno del prodotto se tale sostanza è stata vietata per legge e quindi è assente in tutti i prodotti di quella categoria.

5) Economia circolare, scarsa tutela

La nuova Direttiva incide debolmente sugli aspetti di circolarità dei beni, cioè sull’obsolescenza programmata e la riparabilità dei beni. Sebbene i legislatori europei (Commissione, Parlamento e Consiglio) siano consapevoli della mole di rifiuti che tali pratiche producono e dei maggiori costi per i consumatori, le nuove norme introducono soltanto obblighi di informazione da parte dei produttori e i venditori dei prodotti.

In termini generali, le informazioni sulla durabilità e riparabilità del prodotto devono venire fornite al consumatore prima della conclusione del contratto di acquisto. La mancata fornitura di tali informazioni o la fornitura di informazioni false sono in ogni caso considerate pratiche sleali e vietate, perciò inserite in Allegato I alla direttiva 2005/29/CE, come esposto nel paragrafo che segue.

‘Le persone avranno inoltre accesso a maggiori informazioni sulla durabilità e riparabilità dei prodotti prima di acquistarli. Ma abbiamo ancora bisogno di regole più forti per rendere i prodotti durevoli e riparabili (Miriam Thiemann, European Environmental Bureau, responsabile per le politiche di consumo sostenibile). (9)

5.1) Obsolescenza programmata

L’obsolescenza programmata di un prodotto consiste in una strategia di marketing volta a limitare la sua durata di vita e/o utilizzo, a causa dell’uso di materiali scadenti o dell’inserimento di caratteristiche che ne riducono la durata. Lo schema di Direttiva in esame inserisce in Allegato I alla Direttiva 2005/29/CE le seguenti pratiche sleali:

  • nascondere ai consumatori che l’aggiornamento dei software avrà un impatto negativo sul dispositivo digitale, come un rallentamento o il calo delle prestazioni delle applicazioni (nuovo punto 23d)
  • presentare un aggiornamento come necessario quando in realtà esso migliori solo le funzionalità del dispositivo (nuovo punto 23e)
  • promuovere beni a cui sia stata introdotta una caratteristica che ne riduce la durata, quando il professionista abbia a disposizione informazioni sulle caratteristiche. Tale divieto dovrebbe colpire sempre i professionisti che producano tali beni, in quanto sono essi che determinano la durabilità del prodotto (nuovo punto 23f)
  • affermare falsamente che un bene abbia una certa durabilità in termini di tempo o intensità di utilizzo in ‘normali condizioni di uso’ che trascurino quelle effettive e note ai produttori (nuovo punto 23g)

5.2) Riparabilità dei beni

Ulteriori pratiche sleali introdotte dal progetto di Direttiva in esame riguardano la fornitura di informazioni circa la riparabilità dei beni. I nuovi divieti attengono a:

  • presentare come riparabile un prodotto che in realtà no lo è (nuovo punto 23h)
  • indurre il consumatore a sostituire o rifornire i materiali di consumo di un bene prima del necessario per motivi tecnici (nuovo punto 23i)
  • nascondere al consumatore informazioni sul deterioramento della funzionalità di un bene quando si utilizzino materiali di consumo, pezzi di ricambi o accessori non forniti dal produttore originale
  • affermare falsamente che la funzionalità di un bene viene limitata o compromessa se si utilizzino pezzi di ricambio non originali (nuovo punto 23j).

I consumatori devono inoltre venire informati prima della conclusione del contratto sui servizi di riparazione e il punteggio di riparabilità, a norma della direttiva 2011/83/UE art 5.1.e. (10) Se non è presente un punteggio di riparabilità, i professionisti dovrebbero comunque informare i consumatori su ‘disponibilità, costo stimato e procedura per ordinare i pezzi di ricambio necessari per mantenere la conformità del bene, la disponibilità le istruzioni di riparazione e manutenzione e le limitazioni alla riparazione’ (art. 5.1, nuova lettera j).

6) Garanzia di durabilità ed etichette armonizzate

Il rapporto della Commissione dimostra come i consumatori non siano consapevoli dei loro diritti in termini di garanzie legali di conformità ed eventuali garanzie commerciali di durabilità, poiché tuttora mancano appositi obblighi di informazione a tali riguardi.

Etichette armonizzate e avvisi armonizzati vengono perciò introdotti nel progetto di Direttiva in esame, al preciso scopo di rendere tali informazioni chiare e facilmente comprensibili, mediante riforma della Direttiva 2011/83/UE (al suo Capo V, nuovo articolo 22-bis).

6.1) Avviso armonizzato

L’avviso armonizzato contiene gli elementi principali della garanzia legale di conformità, vale a dire la sua durata di due anni prevista dalla direttiva (UE) 2019/771 e l’eventuale possibilità di una durata maggiore, ai sensi del diritto nazionale.

6.2) Etichetta armonizzata

Il produttore ha facoltà di prevedere per il suo prodotto una garanzia commerciale di durabilità con una durata superiore a due anni (Direttiva (UE) 2019/771 art. 17). In questo caso il produttore è direttamente responsabile verso il consumatore per l’intero periodo in cui è prevista la garanzia commerciale di durabilità, per la riparazione o la sostituzione del bene qualora esso non mantenga la sua durabilità.

In tal caso, il produttore deve fornire l’informazione al commerciante, corredata da un promemoria circa l’esistenza della garanzia legale di conformità, in modo visibile, attraverso l’etichetta armonizzata (articolo 5, paragrafo 1, nuovo punto 6 bis).

Tale previsione vale anche per i contenuti e i servizi digitali. In questo caso, il produttore o il fornitore del prodotto digitale devono mettere a disposizione del commerciante le informazioni circa il periodo di tempo durante il quale fornirà aggiornamenti software (articolo 6, paragrafo 1, nuova lettera I bis).

7) Prospettive

Il Consiglio è ora chiamato ad approvare il progetto di Direttiva. Dopo l’accordo sul suo testo finale da parte delle tre istituzioni (Commissione, Parlamento e Consiglio), essa verrà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

Gli Stati membri avranno due anni dalla sua entrata in vigore (20 giorni dopo la pubblicazione in GUEU) per adottare le misure necessarie a introdurre la nuova Direttiva nelle legislazioni nazionali, sempre che essa venga varata prima dello scadere della legislatura.

La Green Claims Directive – che definisce i precisi obblighi degli operatori per dimostrare e comunicare le credenziali ambientali (11) – e la Right to Repair Directive (12) invece decadranno, con ogni probabilità, con la fine dell’attuale legislatura.

Dario Dongo e Alessandra Mei

Note

(1) Direttiva (UE) 2024/825 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 febbraio 2024, che modifica le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=OJ:L_202400825

(2) Uno studio della Commissione del 2020 ha rilevato che il 53,3% delle asserzioni ambientali esaminate nell’Unione Europea erano vaghe, fuorvianti o infondate e il 40% di queste era del tutto infondato. Si veda il Commission staff working document COM(2022) 143 final http://tinyurl.com/bd35b4t

(3) Elena Bosani. Diritti dei consumatori nei contratti, la Commissione europea fa chiarezza. GIFT (Great Italian Food Trade). 16.4.22

(4) Dario Dongo, Alessandra Mei. Pratiche commerciali scorrette, il Codice del Consumo nell’era digitale. GIFT (Great Italian Food Trade). 27.3.23

(5) Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni. Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare e per un’Europa più pulita e competitiva. COM/2020/98 final https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52020DC0098

(6) Per ‘dichiarazione ambientale’ si intende qualsiasi affermazione ambientale fatta in forma scritta o orale, anche attraverso mezzi audiovisivi, che non sia inclusa su un’etichetta di sostenibilità e in cui la specificazione dell’affermazione non sia fornita in termini chiari ed evidenti sullo stesso mezzo. (Direttiva 2005/29/CE, art. 2, primo comma, nuovo punto o).

(7) Per “etichetta di sostenibilità” si intende qualsiasi marchio di fiducia volontario, marchio di qualità o equivalente, pubblico o privato, che mira a distinguere e promuovere un prodotto, un processo o un’impresa con riferimento alle sue caratteristiche ambientali o sociali, o entrambi, ed esclude qualsiasi etichetta obbligatoria prevista dal diritto dell’Unione o nazionale. (Direttiva 2005/29/CE, art. 2, primo comma, nuovo punto q).

(8) Le indicazioni ambientali generiche sono affermazioni quali ‘ecologico’, ‘imballaggi rispettosi del clima’, ‘biodegradabile’, ‘amico della natura’, e così via. Tali affermazioni non saranno più ammesse se non viene dimostrata l’eccellente prestazione vantata. Ad esempio, ‘imballaggi rispettosi del clima’ è un’affermazione generica, mentre affermare che ‘il 100% dell’energia utilizzata per produrre questo imballaggio proviene fa fonti rinnovabili’ è ammesso

(9) EEB. New EU law empowers consumers against corporate greenwashing. 17.1.2024 https://eeb.org/new-eu-law-empowers-consumers-against-corporate-greenwashing/

(10) L’indice di riparabilità è un sistema approvato dal Parlamento europeo nel 2022, ma non ancora adottato dagli Stati Membri, se non in Francia. Si applica a prodotti elettronici ed elettrodomestici e prevede un voto da 1 a 10 calcolato su 5 voci:
– Documentazione messa a disposizione,
– Facilità di smontaggio,
– Disponibilità dei pezzi di ricambio,
– Prezzo dei pezzi di ricambio, e
– Criteri specifici legati alla categoria del prodotto.

(11) Dario Dongo. Green Claims Directive, la debole proposta di Bruxelles contro il greenwashing. GIFT (Great Italian Food Trade). 23.3.2023

(12) Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on common rules promoting the repair of goods and amending Regulation (EU) 2017/2394, Directives (EU) 2019/771 and (EU) 2020/1828 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX%3A52023PC0155

Alessandra Mei

Laureata in Giurisprudenza all'Università di Bologna, ha frequentato il Master in Food Law presso la stessa Università. Partecipa alla squadra di WIISE srl benefit dedicandosi ai progetti europei e internazionali di ricerca e innovazione.

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