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Ferrero, nocciole e lavoro minorile. Inchiesta BBC in Turchia

Un’inchiesta della BBC su lavoro minorile e sfruttamento dei lavoratori in Turchia – nelle piantagioni di nocciole che forniscono Ferrero – è ‘curiosamente’ sfuggita alle attenzioni della stampa nazionale.

I veri costi della Nutella

Nutella è la crema spalmabile più venduta al mondo. La produzione annuale è stimata in 365 mila tonnellate, pari al peso dello Empire State Building. L’impero fondato ad Alba – con una holding in Lussemburgo e filiali nei 5 continenti (1) – basa le proprie fortune su prezzi convenienti, in apparenza. E politiche commerciali strepitose, che hanno portato i suoi marchi (Nutella, Kinder Rocher, Tic-Tac, Esta-Thé) alla più celebre ricognizione globale.

I veri costi di questi alimenti ultraprocessati sono altissimi. Ma non incidono sul colosso industriale, che infatti mantiene una straordinaria redditività e sta facendo incetta, da alcuni anni, di vari altri gruppi in Europa e in USA. Si tratta invece di costi esternalizzati:

– a monte, sui lavoratori, le comunità locali e gli ecosistemi ove ha luogo la produzione agricola delle materie prime (olio di palma in primis),

– a valle, sui consumatori e la salute pubblica nei Paesi di destino delle merci. Grossomodo in ogni angolo del pianeta, con variabile intensità.

Nocciole turche e sicurezza alimentare

La Turchia attualmente produce circa il 75% delle nocciole del pianeta. Grazie anche alla Ferrero, che ha investito enormi risorse nello sviluppo di questa filiera. Fino ad acquisire, nel 2014, il primo fornitore di hazelnut al mondo, il gruppo Holtan di Trebisonda (con 5 stabilimenti in Turchia).

Perché privilegiare la nocciola turca è semplice. Tra il 2012 e il 2014 il suo prezzo era stabile a 92 €/quintale, contro i 670 € di quella italiana. Dal 2015, l’aumento dell’offerta e la svalutazione della lira turca (giunta a triplicare il tasso di cambio) hanno abbattuto i prezzi della trilobata piemontese – dimezzati in pochi anni, fino a 330 €/q nel 2018 – e migliorato le rendite a Bizanzio (200 €/q).

La sicurezza alimentare delle hazelnut turche è sempre stata problematica, a causa dei tenori elevati di aflatossine. Le micotossine più pericolose, in quanto genotossiche, epatocancerogene e tossiche per il sistema immunitario.

La Commissione europea però, nel 2010, ha aumentato del 150% le soglie di contaminazione da aflatossine. (3) ‘Combinazione’, proprio sulle nocciole (!). Sebbene il pericolo rimanga invariato e sia anzi tuttora sottostimata l’esposizione dei bambini dai 3 anni in su (poiché le soglie tossicologiche sono stabilite su adulti, il cui peso è diverse volte superiore rispetto ai più piccoli).

Nocciole turche e sfruttamento dei lavoratori

L’indagine della BBC mira a comprendere il differenziale di costi tra le nocciole turche e quelle europee. Il giornalista Tim Wheeler ha visitato le coltivazioni, assistito alla raccolta e intervistato diversi operatori. Ha documentato il lavoro estenuante dei raccoglitori. 10 ore al giorno, raccolta e trasporto manuale di sacchi che pesano in media 35Kg.

La gran parte delle attività viene svolta da lavoratori stagionali, curdi soprattutto, che provengono dalle regioni più misere del Paese. Il salario giornaliero ufficiale stabilito dalle autorità locali in € 15. Elaborato su base oraria, è inferiore al salario mensile minimo previsto per una settimana lavorativa di 40-45 ore (€ 318). Ma tende a dimezzarsi, dopo aver pagato una commissione del 10% all’appaltatore del lavoro, oltre ai costi di viaggio e di pernottamento in loco.

Nutella e lavoro minorile

Il giornalista della BBC si chiede se vi sia lavoro minorile dietro la raccolta delle nocciole destinate alla Nutella. Ha fotografato e intervistato due bambini di 10 e 12 anni, ben al di sotto dell’età minima per lavorare in Turchia, impegnati nella raccolta. Questi bambini ricevono in media 10 € per ogni giornata di lavoro massacrante, da cui detrarre il 10% di commissioni per i datori, nonché i costi di viaggio e pernottamento.

La filiera viene descritta al giornalista inglese da alcuni manvas, i commercianti locali che vi partecipano, nei seguenti termini:

– lo Stato dovrebbe controllare (e impedire) il lavoro minorile, ma di fatto

– 400 mila microaziende agricole affidano il lavoro a un flusso incontrollato di braccianti e di braccianti minori,

– i manvas ricevono i frutti dalla miriade di microaziende e li rivendono ai trader, che a loro volta forniscono Ferrero e altre industrie.

La tracciabilità è un miraggio, ed è attualmente impossibile verificare quali, tra le migliaia di tonnellate di merci, siano derivate da aziende che sfruttano il lavoro minorile. Ferrero stessa acquista circa un terzo della produzione turca complessiva e dichiara di poter oggi ‘tracciare’ il 39% delle forniture. Con quale dettaglio, non è dato sapere.

Big Food e sfruttamento minorile

La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia è stata adottata all’unanimità dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20.11.89. Ed è integrata dalla Convenzione ILO (International Labor Organization) 17.6.99 n. 182, ‘relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile’.

Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che com- porti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuoce- re alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale’ (Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, articolo 32.1)

Big Food – a 100 anni dalla fondazione dell’ILO e 30 dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia – continua a sfruttare lavoratori privi di alcun diritto e lavoro minorile nei Paesi a basso e medio reddito (LMIC, Low-Middle Income Countries). Con il paravento degli intermediari in loco che certo non esimono i destinatari delle merci dalla corresponsabilità in attività illecite e criminali.

Le responsabilità di ciascuno

Lo sfruttamento minorile è ampiamente dimostrato e conclamato nelle filiere dell’olio di palma, del cacao e ora anche delle nocciole. I colossi industriali responsabili di questi e altri crimini internazionali contro l’umanità e l’ambiente – quali rapina delle terre e deforestazioni, al centro della nostra campagna Buycott! – si fregiano peraltro di essere ‘sostenibili’. Con munifiche operazioni di greenwashing a cui nessuno, o quasi, reagisce.

La politica rimane tuttavia asservita alle pretese dei colossi della finanzindustria, i quali infatti si avvalgono di poderose lobby su tutti i livelli. Per impedire ad esempio l’adozione di misure di sanità pubblica volte alla prevenzione di obesità, sovrappeso e malattie correlate (NCDs, Non-Conmunicable Diseases). Mentre la stampa è tenuta al guinzaglio, con la carota di generose pubblicità e il bastone delle azioni legali.

Scelte etiche di consumo

Noi tutti, in ultima analisi, siamo responsabili. Dobbiamo decidere ogni giorno se:

– contribuire ai lucrosi business di filiere che si basano sullo sfruttamento inumano dei bambini. Per la pigrizia di gettare nel carrello i marchi più noti e la ‘furbizia’ di cedere alle promozioni, oppure

– imporre una svolta. Basta scegliere prodotti equi e solidali, tanto meglio se bio.

Nel caso dei dolciumi, il punto di partenza è escludere sempre quelli con olio di palma e favorire la scelta di nocciole prodotte in Italia.

#Égalité, #IoVotocolPortafoglio

Dario Dongo e Guido Cortese

Note

(1) Dal 1956, anno di inaugurazione del primo grande impianto in Germania, Ferrero ha esteso produzione e uffici commerciali dapprima in Francia, poi in Belgio, Olanda, Austria, Svizzera, Svezia, Regno Unito, Irlanda e Spagna. Nei decenni a seguire, imprese e stabilimenti sono stati aperti in Nord e Sud America, Sud Est Asiatico, Europa dell’Est, Africa, Australia. Da ultimo anche in Turchia, Messico e Cina

(2) Le operazioni di M&A (Mergers and Aquisitions), da parte di Ferrero SpA, negli ultimi anni:

– 2014, acquisizione di Oltan (ora Ferrero Findik, Turchia), leader globale in raccolta, tostatura e vendita di nocciole,

– 2015, acquisizione del 30% delle azioni del gruppo Thorntons (UK, cioccolato, €131 milioni),

– 2016, acquisto di Delacre (marchi Delacre e DeliChoc, Belgio, biscotti premium) da United Biscuits,

– 2017, acquisto in USA di Fannie May (cioccolato) e Ferrara Candy Company (caramelle),

– 2018, acquisizione della divisione dolciaria di Nestlé in USA (US$ 2,8 miliardi, con esclusione del marchio Kit Kat),

– 2019, acquisto di una serie di impianti in USA e marchi di Kellogg’s (biscotti, snack con frutta e aromi di frutta, coni gelato e torte, US$ 1,3 miliardi),

– 2019-2020, acquisto delle quote di Campbell Soup Company nel Gruppo Kelsen (marchi Royal Dansk and Kjeldsens, Danimarca, biscotti e snack, US$ 300 milioni. Trasferimento a completarsi entro i prossimi mesi)

(3) Cfr. reg. UE 165/10, che modifica il previgente reg. CE 1881/06. Le soglie di aflatossine ammesse nelle nocciole ‘destinati al consumo umano diretto o all’impiego quali ingredienti di prodotti alimentari’ sono aumentate:

– da 2 a 5 μg/kg (aflatossina B1)

– da 4 a 10 μg/kg (somma delle aflatossine B1, B2, G1 e G2)

(4) V. https://www.unicef.it/Allegati/Convenzione_diritti_infanzia_1.pdf

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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Informatico e apicoltore professionale. Ex obiettore di coscienza, ha prestato servizio e poi volontariato in una mensa per senza fissa dimora a Torino. Si occupa di diritto al cibo, food policy, sovranità alimentare e biodiversità. Ha fondato l’associazione degli Impollinatori Metropolitani con l’obiettivo di difendere la biodiversità attraverso progetti specifici di rigenerazione sociale e ambientale. Rappresenta la Comunità Slow Food degli Impollinatori Metropolitani. Ha promosso la nascita della rete nazionale degli apicoltori urbani. Dirige un mercato agricolo indipendente, collabora e scrive per Egalitè (Onlus Roma) che si occupa di difendere i diritti di persone svantaggiate, e con i giornali Great ItalianFood Trade, Qualeformaggio, L'apicoltore Italiano e riviste minori.

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