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Upcycling, il reimpiego migliorativo nella filiera agroalimentare

Il c.d. upcycling, o ‘reimpiego migliorativo’ – una delle ‘parole magiche’ legate a sviluppo sostenibile ed economia circolare – può avere applicazioni importanti anche nella filiera agroalimentare, oltreché in altri settori produttivi. Ecco come e perché orientare in questa direzione la ricerca e sviluppo.

Upcycling, recycling, downcycling

Il concetto di ‘recupero’ dei materiali è tradizionalmente associato a quello del riciclo. Che si trova al terzo posto nella scala di Lansink, dopo la ‘riduzione’ e il ‘riutilizzo’, nella c.d. gerarchia degli impieghi. (1) Un’analisi più precisa permette di distinguere tre ipotesi di recupero, in relazione ai processi ove i materiali vengono reimpiegati:

1) upcycling. Il materiale di recupero viene ‘elevato’ a una categoria produttiva di rango superiore (per valore intrinseco e/o valore aggiunto) rispetto a quella originaria, o comunque rispetto alla destinazione usuale. (2) Dai sottoprodotti di lavorazione dell’ortofrutta, a esempio, possono venire estratti fitocomposti o realizzati antimicrobici e per usi alimentari, officinali e farmaceutici),

2) recycling. In questo caso, i materiali vengono impiegati nello stesso comparto produttivo o comunque assolvere a identica funzione. Alcuni esempi:

– le carni separate meccanicamente (dai residui della macellazione) mantengono un destino alimentare, anziché mangimistico,

– i piatti invenduti a fine giornata possono venire consegnati a buon prezzo all’ora di chiusura (es. Too Good to Go) o a organizzazioni caritatevoli (es. Banco Alimentare) le quali raccolgono anche prodotti in scadenza per distribuirli ai bisognosi, (3)

3) downcycling. Le ipotesi più radicate e usuali attengono invece al reimpiego degli scarti di lavorazione e dei resi (es. invenduti e non-conformità compatibili agli usi subordinati) in produzioni a minore valore aggiunto. Siano esse complementari – es. dagli alimenti ai mangimi – o diverse. Come le fibre di canapa usate in bioedilizia e bioplastiche.

Upcycling, il salto di scala

L’upcycling, a ben vedere, può consentire un vero e proprio salto di scala. Tanto più laddove esso consenta di ridurre i consumi delle materie prime tradizionali e così delle risorse richieste per produrle. Alcuni semplici esempi:

– utilizzo dei panelli proteici (residui dell’estrazione di oli da da semi, es. soia, girasole) per produrre vari alimenti, anziché sole materie prime per mangimi, (4)

– reimpiego delle trebbie (residui di filtrazione del mosto, nella produzione della birra, ricchi di fibre insolubili) per realizzare pasta e prodotti da forno ad azione prebiotica, (5)

– utilizzo delle fibre alimentari contenute nelle bucce di mandorla, per migliorare i profili nutrizionali e aggiungere funzionalità ai biscotti. (6)

Acqua ed energia a loro volta possono costituire oggetto di ‘reimpiego migliorativo’ a livello sistemico. Costruire una diga come quella necessaria a Vetto (RE), a esempio, consente di destinare acqua pulita a usi potabili e irrigui anziché disperderla, e al contempo produrre energia.

Attitudini dei consumatori

L’associazione di idee tra ‘reimpiego’ e ‘cibo’ potrebbe incontrare resistenze nei consumatori, a fronte del timore che i prodotti possano avere una qualità inferiore rispetto a quelli tradizionali. (7) Laddove i vantaggi nutrizionali e socio-ambientali siano evidenti e condivisibili attraverso un’informazione chiara, la prospettiva cambia.

I giovani soprattutto possono accettare questi prodotti, proprio in quanto esprimano un effettivo contributo a #SDG12, produzioni e consumi sostenibili. (8) L’etichettatura di questo tipo di prodotti dovrebbe perciò focalizzarsi sui due driver di scelta, ambiente e nutrizione. L’impiego di codici d’informazione sintetici e riconosciuti – come il NutriScore, l’Eco-Score e il logo bio può risultare di grande aiuto. (9)

Equità e regole

I consumAttori, come gli ultimi rapporti Coop mostrano, sono sempre più attenti alla sostenibilità sociale e dunque all’equità della filiera, verso i produttori e i lavoratori. Sono preoccupati per il clima, ma anche per l’economia. I prodotti innovativi derivati da upcycling devono perciò rispondere a criteri di trasparenza ed equità nella catena del valore, from farm to fork. (10)

Le regole da applicare alle produzioni che includano pratiche di upcycling sono ovviamente soggette alle regole generali sulla sicurezza di processi e prodotti di cui al Pacchetto Igiene (reg. CE 852, 853/04 e successivi), https://www.greatitalianfoodtrade.it/sicurezza/reg-ue-2081-382-cultura-della-sicurezza-redistribuzione-alimenti-gestione-allergeni/. Senza trascurare la possibile applicazione del reg. UE 2015/2283 sui Novel Food a processi, sostanze e cibi effettivamente innovativi. (11)

Dario Dongo e Andrea Adelmo Della Penna

Note

(1) L’espressione ‘gerarchia degli impieghi’ a ben vedere è più consona rispetto a quella tradizionale di ‘gerarchia dei rifiuti’, tenuto conto delle destinazioni dei materiali che si aspira a privilegiare. In entrambe le ipotesi di riutilizzo e riciclo i materiali non si configurano infatti come rifiuti, poiché appunto non destinati allo scarto bensì a venire reimmessi nei cicli produttivi

(2) Spratt et al. (2020). Defining Upcycled Food Products. Journal of Culinary Science & Technology, https://doi.org/10.1080/15428052.2020.1790074

(3) Rondeau et al. (2020). Understanding Motivations for Volunteering in Food Insecurity and Food Upcycling Projects. Social Sciences 9:27, https://doi.org/10.3390/socsci9030027

(4) Grasso et al. (2020). Quality of muffins enriched with upcycled defatted sunflower seed flour. LWT – Food Science and Technology 119:108893, https://doi.org/10.1016/j.lwt.2019.108893

(5) Nocente et al. (2019). Upcycling of brewers’ spent grain by production of dry pasta with higher nutritional potential. LWT – Food Science and Technology 114:108421, https://doi.org/10.1016/j.lwt.2019.108421

(6) Pasqualone et al. (2020). Use of Almond Skins to Improve Nutritional and Functional Properties of Biscuits: An Example of Upcycling. Foods 9:1705, https://doi.org/10.3390/foods9111705

(7) Aschemann-Witzel et al. (2021). Upcycled by-product use in agri-food systems from a consumer perspective: A review of what we know, and what is missing. Technological Forecasting & Social Change 168:120749, https://doi.org/10.1016/j.techfore.2021.120749

(8) Asioli et al. (2021). Do consumers value food products containing upcycled ingredients? The effect of nutritional and environmental information. Food Quality and Preference 91:104194, https://doi.org/10.1016/j.foodqual.2021.104194

(9) Rondoni et al. (2021). Consumers behaviour towards carbon footprint labels on food: A review of the literature and discussion of industry implications. Journal of Cleaner Production 301:127031, https://doi.org/10.1016/j.jclepro.2021.127031

(10) Peschel et al. (2020). Sell more for less or less for more? The role of transparency in consumer response to upcycled food products. Journal of Cleaner Production 273:122884, https://doi.org/10.1016/j.jclepro.2020.122884

(11) Grasso et al. (2020). Consumer preferences for upcycled ingredients: A case study with biscuits. Food Quality and Preference 84:103951, https://doi.org/10.1016/j.foodqual.2020.103951

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

Andrea Adelmo Della Penna
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Laureato in Tecnologie e Biotecnologie degli Alimenti, tecnologo alimentare abilitato, segue l’area di ricerca e sviluppo. Con particolare riguardo ai progetti di ricerca europei (in Horizon 2020, PRIMA) ove la divisione FARE di WIISE S.r.l. società benefit partecipa.

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