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Origine pasta, quali etichette?

Si avvicina il 13 febbraio 2018, data prevista per l’applicazione del ‘decreto origine pasta’. Che prevede l’obbligo di indicare la provenienza del grano e il Paese di produzione della relativa semola, sulle etichette della pasta prodotta e venduta in Italia. Con buona pace della in-certezza del diritto, che in Italia regna sempre sovrana, a seguire i dettagli.

Provenienza del grano e origine della semola, nuove etichette a partire dal 13 febbraio 2018

Il decreto interministeriale 26.7.17 entra in vigore nei 180 giorni successivi alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. (1) Vale a dire, il 13.2.18. E cesserà di avere efficacia il 31.12.20.

Un periodo transitorio è concesso ai prodotti ‘immessi sul mercato o etichettati prima’ del 13 febbraio 2018, che potranno venire comunque commercializzati – all’ingrosso e al dettaglio – fino all’esaurimento delle relative scorte. (2)

Etichettatura della pasta italiana, le nuove regole

Le nuove etichette della pasta prodotta in Italia e immessa in commercio sul territorio nazionale dovranno riportare ‘le seguenti diciture: 

a) «Paese di coltivazione del grano»: nome del Paese nel quale e’ stato coltivato il grano duro; 

b) «Paese di molitura»: nome del Paese nel quale e’ stata ottenuta la semola di grano duro’ (DM 26.7.17, articolo 2).

Nel caso di grani coltivati in diversi Paesi, la notizia di cui al precedente punto ‘a’ può venire completata ‘con una delle seguenti diciture: «UE», «non UE», «UE e non UE»’.

‘Qualora il grano utilizzato e’ stato coltivato per almeno il cinquanta per cento in un singolo Paese’ di impiegare ‘la dicitura: «nome del Paese» nel quale e’ stato coltivato almeno il cinquanta per cento del grano duro «e altri Paesi»: ‘UE’, ‘non UE’, ‘UE e non UE’» a seconda dell’origine’ (articolo 3).

Quanto alle modalità d’indicazione di origine di grano e semola, si applicano i criteri generali di leggibilità delle notizie obbligatorie in etichetta di cui al regolamento Food Information to Consumer. (3) In particolare, tali indicazioni devono venire ‘apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili ed indelebili. Esse non sono in alcun modo nascoste, oscurate, limitate o separate da altre indicazioni scritte o grafiche o da altri elementi suscettibili di interferire’. (4)

Di conseguenza, l’esatto adempimento al (pur illegittimo e virtualmente inefficace) decreto comporta l’apposizione in etichetta delle diciture ‘Paese di coltivazione del grano …’ e ‘Paese di molitura…’, secondo i criteri di cui sopra. Senza potersi ammettere, viceversa, l’inserimento delle predette notizie nel quadro di una più ampia narrativa. (5)

La in-certezza del diritto

Le norme sopra descritte richiederanno un grande impegno a tutti gli operatori di settore, quindi ai colossi industriali e della GDO ma anche alle PMI e le microimprese. E tuttavia tali norme potrebbero decadere anzitempo, nelle ipotesi in cui frattanto:

la Commissione europea o il WTO impongano al governo italiano la loro sospensione e/o abrogazione. Ipotesi improbabile, per tacito accordo di non-interferenza nella stagione pre-elettorale,

Bruxelles finalmente adotti le norme sull’indicazione d’origine dell’ingrediente primario, (6)

il TAR Lazio, interpellato da un paio di dozzine di industrie molitorie e pastaie italiane, adotti una misura sospensiva del decreto o addirittura anticipi i tempi previsti per la decisione. La quale potrebbe condurre a una statuizione di sua nullità,

la Corte di Giustizia UE, chiamata a esprimersi da un Tribunale italiano (a seguito di ricorso incidentale, nel giudizio di opposizione a un verbale di contestazione), statuisca la nullità ovvero l’inapplicabilità del decreto italiano. Poiché il provvedimento non è stato notificato a Bruxelles, come invece doveroso, ed è perciò solo in contrasto con il diritto europeo.

Dario Dongo

Note

(1) In GU Serie Generale 17.8.17 n. 191, su http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/08/17/17A05704/sg

(2) V. reg. UE 1169/11, articolo 13 e Allegato IV

(3) Cfr. reg. UE 1169/11, articolo 13.1, testualmente copiato nel D.M. 26.6.17, articolo 4.2

(4) Non si può dunque ammettere, ad esempio, che le informazioni su origine grano e semola vengano ‘diluite’ in una illustrazione più ampia di aziende, storie e prodotti

(5) V. DM 26.7.17, articolo 7.3

(6) Quand’anche ciò accadesse, sarebbe comunque la data di entrata in vigore delle norme europee a fare perdere efficacia al decreto italiano (ai sensi del DM 26.7.17, articolo 7.2). Ed è impossibile che questa circostanza si realizzi prima dell’entrata in vigore del decreto stesso

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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