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Micotossine, il male invisibile. L’ABC

Un grave rischio per la  sicurezza chimica  degli alimenti è rappresentato dalle  micotossine, contaminanti agricoli prodotti in alcuni contesti (agricoltura e stoccaggio) su cereali e derivati, latte, alimenti per bambini e lattanti, frutta secca e arachidi, caffè e cacao, mele, vino e birra, spezie e liquirizia. I rigorosi limiti di contaminazione ammessi nelle singole categorie di prodotti, definiti dal legislatore europeo, sono soggetti ad appositi piani di controllo. Le rappresentanze di filiera, in sinergia con le autorità sanitarie, hanno messo a punto buone prassi volte a mitigare i rischi. Le ricorrenti notifiche nel sistema europeo di allerta rapido su alimenti e mangimi (RASFF,  Rapid Alert System on Food & Feed) confermano, tuttavia, l’attualità del problema. L’ABC a seguire

Un nemico ubiquitario

Le micotossine  sono sostanze tossiche prodotte dal metabolismo secondario di alcuni funghi o muffe (Aspergillus, Penicillium, Fusarium, Stachybotrys, Cephalosporium  ecc.).  Sono naturalmente presenti nei vegetali e proliferano in condizioni ambientali a esse favorevoli. L’applicazione di buone prassi agricole, e nelle successive fasi di stoccaggio, è essenziale per mitigare i rischi.

La tossicità  delle micotossine è dose-dipendente e si manifesta sia nel breve, sia nel lungo termine. I casi di tossicità acuta sull’uomo, rari in Europa, si sono manifestati più volte in Africa a causa di mais con livelli elevati di contaminazione da aflatossine. Si ricorda al proposito la crisi occorsa in Kenya nel 2004, con 317 persone colpite da sintomi (emorragie, edema, danni acuti epatici) riconducibili alla aflatossicosi e 125 decessi.

L’esposizione cronica  – assunzione prolungata di piccole dosi di micotossine – è a sua volta causa di gravi danni alla salute umana. Queste tossine danneggiano infatti le strutture cellulari, così gli organi e i sistemi, favoriscono la formazione di tumori e indeboliscono il sistema immunitario.

Micotossine, i limiti di legge

I limiti alle micotossine  negli alimenti sono stabiliti dal  reg. CE 1881/06, più volte aggiornato. I valori fissati per ogni tossina variano in funzione del contributo dei vari alimenti alla dieta, sulla base dei livelli medi di consumo degli stessi. Tenuto anche conto della soglia giornaliera tollerabile (TDI,  Tolerable Daily Intake),  espressa in nanogrammi di contaminante per kg di peso corporeo (ng/kg pc).

Valori più elevati  sono ammessi per le partite di alimenti destinate a cernita o trattamento fisico (es. spazzolatura, selezione mediante sistemi ottici per colore o granulometria). I responsabili di utilizzo e immissione in commercio degli alimenti devono in ogni caso garantire il rispetto dei limiti indicati per il consumo umano.

Una grave falla  nel sistema delle regole attiene alla tutela dei bambini. Limiti ridotti di contaminazione da micotossine sono infatti previsti soltanto per gli alimenti destinati a lattanti (fino a un anno di vita) e prima infanzia (fino ai tre anni di età). I bambini di età superiore ai 3 anni sono di fatto equiparati agli adulti, sebbene il loro peso sia considerevolmente inferiore. Con una conseguente esposizione alle micotossine di  magnitudo, in alcuni casi,  ben superiore rispetto alle soglie tossicologiche giornaliere tollerabili che sono state valutate su individui adulti.

Aflatossine, la bestia nera

Le micotossine più pericolose  sono le aflatossine. Sono genotossiche, epatocancerogene e tossiche per il sistema immunitario. Quelle a maggiore diffusione e tossicità sono cinque. La più allarmante è la B1, dal 1993 classificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC) nel Gruppo 1, come ‘agente cancerogeno per l’uomo’.

Osservate speciali  sono anche le aflatossine B2, G1, G2 e M1. Quest’ultima deriva dal metabolismo della aflatossina B1 da parte di animali nutriti con mangime contaminato (da B1). L’alimento a maggior rischio contaminazione è il latte, per il quale è previsto un livello massimo di 0,050 μg/kg, dimezzato (a 0,025) per gli alimenti destinati alla prima infanzia. La tossina si distribuisce nei formaggi in relazione agli specifici valori di conversione latte-formaggio.

Gli alimenti a maggior rischio  contaminazione da aflatossine sono mais, frutta secca e frutta a guscio, spezie e latte (quest’ultimo per la sola M1). Di seguito i limiti di legge previsti per i vari alimenti, espressi in microgrammi per kg (μg/kg).

Lo scudo europeo contro l’invasione tossica

Il sistema europeo RASFF,  nella sola prima metà del mese di maggio 2019, ha registrato una trentina di allerta su alimenti contaminati da micotossine. Quasi sempre da aflatossine, su merci in arrivo dagli stessi Paesi.  In primis  dagli USA, ove sono tollerati, in alcuni casi, livelli di contaminazione 10 volte superiori a quelli europei (!). Una minaccia sistemica per la salute della popolazione europea, a dispetto delle false promesse di garanzia della sicurezza alimentare da parte dei sostenitori di CETA  e TTIP.

Le partite segnalate  tramite RASFF vengono  quasi sempre bloccate  prima della loro immissione in commercio in UE. Non mancano peraltro i casi di allerta con richiamo pubblico, su prodotti già immessi sul mercato.

È il caso della noce moscata  confezionata in Polonia con materia prima proveniente dall’Indonesia, distribuita in vari Stati membri da un operatore con sede in Germania. Intercettata dalle autorità della Repubblica Ceca, è risultata contaminata da 67,6 ppb di ocratossina A.

Ocratossina A, il numero 2

Cereali e prodotti da forno  (a base di grano, orzo, mais, avena), uva passa, caffè, cacao, spezie, liquirizia, prodotti a base di carne suina, vino e birra sono gli alimenti a rischio di contaminazione da ocratossina A. Classificata  nel 1993  come potenzialmente cancerogena dalla AIRC (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), che l’ha inserita nel gruppo 2B (possibile agente cancerogeno per l’uomo), ha effetti tossici che includono nefrotossicità, danni al fegato, enteriti, teratogenesi e cancerogenicità a carico dei reni.

Il largo consumo  di questi cibi aumenta in modo esponenziale il rischio per la popolazione, inclusi i bambini, più vulnerabili. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), con proprio  parere del 2006, ha  stabilito una dose settimanale tollerabile di 120 ng/kg di peso corporeo.

I limiti  di ocratossina A (OTA)  ammessi  sui cibi  sono molto stringenti, come mostra la tabella seguente. Fanno eccezione due alimenti, che meritano menzione:
– caffè solubile, con una soglia doppia in confronto al caffè torrefatto,
– liquirizia, tal quale o come ingrediente alimentare, in bevande e caramelle.

Patulina, la tossina delle mele

Succhi di frutta, anche ricostituiti, nettari, composte di frutta sono gli alimenti in cui si sviluppa la patulina, una micotossina sospettata di cancerogenicità e che ad alte dosi causa emorragie cerebrali, gastriche e polmonari.

I limiti  di contaminazione da patulina sono i seguenti:
– 50 microgrammi su kg in succhi di frutta, nettari e bevande alcoliche ottenute dalla mela, come il sidro,
– 25  μg/kg  nei prodotti contenenti mele allo stato solido, compresi la composta e il passato di mele, ove destinati al consumo diretto,
– 10  μg/kg  negli alimenti destinati a lattanti e bambini.

Zearalenone, in agguato nel mais

Contaminante di granturco  (o mais) e altri cereali, lo zearalenone (ZEA) è un ‘micoestrogeno’, provoca una sintomatologia osservata negli animali da allevamento, che si manifesta con sterilità e ridotta produzione di latte.

I limiti di legge  sono più elevati per gli alimenti a base di mais (cereale di riferimento per i celiaci), come mostra la tabella. Il livello massimo tollerabile è stabilito in 400 microgrammi/kg, mentre la soglia tossicologica giornaliera è stata fissata a 0,25 microgrammi per kg di peso corporeo.

Don, la micotossina di grano duro e pasta

Il deossinivalenolo (DON),  noto anche come vomitossina, è spesso citato come indicatore della qualità del grano, specie se di importazione. È una tossina molto diffusa negli alimenti e ha effetti tossici che si manifestano, tra l’altro, con nausea, vomito, disordini gastrointestinali e cefalea. L’assunzione massima giornaliera è di 1 µg/kg di peso corporeo.

I limiti di legge  in µg/kg sono i seguenti:

– Farina di cereali, crusca e germe, pasta secca 750
– Pane, pasticcini, biscotti, merende e cereali da colazione 500
– Alimenti destinati a lattanti e bambini 200
– Grano duro, avena e mais non trasformati 1750
– Altri cereali non trasformati 1250

Più pericolose  sono altre micotossine del gruppo dei tricoteceni, lo stesso di cui fa parte il DON, che si rinvengono in frumento, orzo, avena, segale e mais. Quella con proprietà tossiche più spiccate è la T-2, seguita dal DAS e dal NIV. L’assunzione massima giornaliera è fissata in 0,02 µg/kg di peso corporeo per le tossine T-2 e HT-2 e in 1,2 µg/kg di peso corporeo per il NIV. Non sono ammessi residui negli alimenti.

Le fumonisine nel mais

Le fumonisine  sono prodotte da funghi del genere  Fusarium. Il cereale ‘bersaglio’ è il mais, ma si riscontra la loro presenza anche nel sorgo e nel cacao, oltreché nella birra. La fumonisina più tossica è la B1, classificata dalla AIRC nel 1993 nel gruppo 2B, vale a dire possibile cancerogeno per l’uomo. È sospettata di favorire l’insorgenza di tumore esofageo.

Il livello massimo di esposizione giornaliera alle fumonisine è 2 μg/kg di peso corporeo. I limiti di legge si riferiscono alla somma di fumonisine B1 e B2 e sono i seguenti (in μg/kg)
– Mais non trasformato 4000
– Mais e prodotti a base di mais 1000
– cereali da colazione e merende a base di mais 800
– Alimenti destinati a lattanti e bambini 200.

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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