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Latte altoatesino, i piccoli allevatori schiacciati da politica e mercato

Alcuni allevatori che producono il rinomato latte altoatesino sono sotto duplice attacco. Devono ridurre drasticamente la produzione, con il rischio di fallire. Così hanno deciso la Provincia di Bolzano e le grandi latterie locali, Vipiteno, Merano, Brimi, Mila, Sesto, Tre Cime, Burgeis. Marchi famosi perché associati al latte altoatesino, ma che importano anche grandi quantità del più economico latte straniero.

Latte altoatesino, per gli allevatori tornano le ‘quote latte’

La rovina dei piccoli allevatori inizia a metà 2018. Per anni le latterie di cui sono soci fondatori hanno chiesto più latte. All’improvviso, la marcia indietro.

Nella prima metà del 2018 le grandi latterie altoatesine che acquistano il 98% del latte modificano i loro statuti e regolamenti allo stesso modo.

Le nuove regole prevedono che ciascun socio possa conferire una quantità di latte associata alla sua disponibilità di terreni da foraggio entro i confini provinciali, o addirittura soltanto in determinati Comuni. Per ciascun ettaro con ‘le carte in regola’ è ammesso l’allevamento di 2,5 UBA (unità di bovini adulti), da ridurre fino a 1,8 in funzione dell’altitudine.

La regola dei 2,5 capi per ettaro

La novità è disastrosa per molti. I terreni pianeggianti adatti alla coltivazione di foraggio sono pochi e costosi, in Alto Adige. Inoltre, la regola di un numero limitato di capi per ettaro è adatta a pochi.

Senza contare le mucche da rimonta, servono almeno 30 mucche lattifere per vivere della produzione di latte, quindi 12 ettari di terreno foraggero. Troppi, considerato che in quell’area la media è invece di 6 ettari. 

Le regole introdotte nulla hanno a che vedere con la produzione biologica, disciplinata da puntuali regolamenti europei che prevedono ben altri obblighi. E tantomeno portano alcun beneficio ambientale o nutrizionale’, spiega David Röttgen, avvocato di diritto ambientale.

Chi sgarra paga. Gli allevatori stanno già sperimentando gli effetti delle nuove regole. Le latterie hanno emesso nei confronti dei soci ‘troppo produttivi’ sanzioni per centinaia di migliaia di euro. E ogni anno le multe saranno più salate. Dal 2023, infine, chi proverà a produrre ‘troppo’ latte verrà espulso dalla sua latteria. Non c’è scampo. Le latterie vietano di cedere il surplus a terzi. Per statuto, i soci possono conservare solo il latte necessario per i consumi domestici e devono conferire tutto il resto alla cooperativa.

Il tradimento del patto

I rapporti tra i dirigenti delle latterie e gli allevatori ribelli sono ovviamente pessimi. Vengono definiti ‘pecore nere’, in un clima già esplosivo, a causa della incessante moria dei masi.

Tra gli allevatori costretti a ridurre la produzione di latte altoatesino c’è già chi deve ricorrere a un secondo lavoro per tamponare i mancati guadagni e onorare le rate dei prestiti assunti per sviluppare l’allevamento. Chi vede sfumare il sogno di cedere l’azienda di famiglia alla figlia che studia agraria. Progetti di vita che si frantumano senza un chiaro perché.

Meglio il latte estero?

Il motivo delle nuove regole introdotte dalle latterie è infatti sfuggente. Il criterio 2,5 capi/ettaro non serve a garantire che il latte venga prodotto con foraggio proveniente dai terreni locali. È consentito infatti acquistarne anche raccolto altrove.

C’è chi ipotizza che le latterie vogliano ridurre le forniture dei soci fondatori altoatesini soltanto per acquistare altrove latte più economico. Le importazioni da Austria, Germania e Belgio sono del resto già bene avviate, come documenta Christoph Franceschini per il sito locale salto.bz e come si intuisce leggendo le etichette dei prodotti lattiero-caseari che troviamo al supermercato.

I prodotti a marchio Vipiteno, per esempio, pur richiamando la famosa località altoatesina non sono necessariamente realizzati con il solo latte altoatesino. Men che meno lo sono i prodotti realizzati per la GDO (grande distribuzione organizzata), che li vende con la private label.

vipiteno

origine latte vipiteno

Insostenibilità della misura ambientale

Infondata sembra anche la motivazione ambientale. Cioè ridurre gli allevamenti e la produzione di latte per contenere lo spargimento di letame e il conseguente inquinamento da nitrati nelle acque.

L’idea sarebbe nobile, ma è poco credibile. La regola dei 2,5 capi per ettaro imposta dalle latterie ai soci, infatti, non ammette deroghe. Neanche in caso di vendita del letame a impianti di upcycling, come quello a due passi, il pluripremiato Biogas Wipptal, che trasforma le deiezioni in concime bio e a breve produrrà biometano per il trasporto su strada. (1)

Contro la realizzazione di questo impianto, il Comune di Vipiteno ha fatto ricorso alla giustizia amministrativa ben due volte negli ultimi 10 anni, uscendone alla fine sempre sconfitto.

La versione delle latterie

‘L’obiettivo perseguito con l’introduzione della regola UBA/ettaro non è ridurre la produzione, ma alimentare le mucche con foraggio altoatesino. Questo non sempre è possibile, ma già succede per due terzi del foraggio impiegato’, dichiara Annemarie Kaser, direttrice della Federazione Latterie Alto Adige, a Great Italian Food Trade.

La dirigente respinge l’ipotesi di una sostituzione del latte altoatesino con forniture extra Alto Adige. ‘Dall’introduzione della regola UBA/ettaro la produzione di latte è rimasta stabile in media. E la necessità di maggiori forniture si verifica solo in certi periodi dell’anno, specialmente in estate quando aumenta il consumo di yogurt’.

Quanto latte venga importato, tuttavia, non è dato sapere. Le numerose richieste avanzate negli ultimi anni non hanno avuto risposta, come abbiamo visto.

Greenwashing provinciale

Lo schema adottato dalle latterie altoatesine avrà scopi diversi, ma di fatto copia il criterio ‘ambientalista’ UBA/ettaro adottato dal decreto 6/2008 della Provincia di Bolzano.

Allo scopo di preservare le acque dall’inquinamento da nitrati, infatti, all’art. 16 il testo introduce un tetto all’immissione in ambiente di azoto per ettaro.

Per facilitare i calcoli, la legge rapporta le quantità di azoto per ettaro a un numero indicativo di capi bestiame per ettaro, introducendo l’esempio dei 2,5 UBA (unità di bovini adulti) per ettaro. (2)

Semplificazioni a parte, per la normativa nitrati rileva solo la quantità di azoto apportata al terreno. Quindi se un allevatore non apporta azoto al terreno, perché conferisce le deiezioni animali in impianti debitamente autorizzati, la normativa nitrati non impone alcun limite al numero di capi per ettaro.

Dall’esempio al diktat la strada è breve. Senza tenere conto delle cessioni certificate di letame, fonte della contaminazione, la Provincia di Bolzano ha adottato il criterio UBA/ettaro come requisito essenziale per l’erogazione di sussidi all’agricoltura, anche europei.

Una apparente forzatura delle regole, altamente lesiva dei diritti degli allevatori che producono latte altoatesino, ‘che dovrà essere valutata sotto i profili di greenwashing’, avverte David Röttgen.

Ma non si pone solo il tema del greenwashing.

Cooperative e concorrenza

Le riforme statutarie delle grandi latterie altoatesine, nella loro contestualità e omogeneità, potrebbero sottendere accordi distorsivi della concorrenza. Con grave e inaccettabile pregiudizio ai diritti dei piccoli allevatori’, commenta l’avvocato Dario Dongo, fondatore di Great Italian Food Trade e FARE (Food and Agriculture Requirements).

Anche le cooperative – come la stessa Commissione europea ha di recente ricordato, nel caso Conserve Italia – devono rispettare le regole. Ed è perciò essenziale garantire anche la tutela dei loro soci dalle pratiche commerciali sleali’.

Marta Strinati

Note

(1) La procedura è definita dalla decisione (UE) 2018/813 della Commissione del 14 maggio 2018 una Best Environmental Management Practice (cfr. punto 3.7.2. Digestione anaerobica).

(2) ‘La quantità annuale di fertilizzante, intesa come quantitativo medio aziendale, applicata su terreni agricoli, ad eccezione di giardinerie e vivai, non può superare le seguenti quantità di azoto:

a) 213 kg N/ha (2,5 UBA/ha): per superfici foraggere ubicate a una quota fino a 1.250 m s.l.m.;

b) 187 kg N/ha (2,2 UBA/ha): per superfici foraggere ubicate a una quota superiore a 1.250 m s.l.m. e fino a 1.500 m s.l.m.;

c) 170 kg N/ha (2,0 UBA/ha): per superfici foraggere ubicate a una quota superiore a 1.500 m s.l.m. e fino a 1.800 m s.l.m.;

d) 153 kg N/ha (1,8 UBA/ha): per superfici foraggere ubicate a una quota superiore a 1.800 m s.l.m.’, decreto del presidente della Provincia di Bolzano 6/2008, art.16.

Marta Strinati
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Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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