La produzione di olio di palma non può essere sostenibile, quand’anche (auto)certificata come tale, nell’ambito dei protocolli RSPO e POIG. È questo il verdetto finale della comunità scientifica, a conferma di quanto già dedotto da più parti. (1)
Olio di palma, una grave minaccia per la biodiversità
Lo studio scientifico ‘Sustainable palm oil may not be so sustainable’, pubblicato il 16.10.18 sulla rivista ‘Science of the Total Environment’, dimostra come le coltivazioni di palma da olio siano in prevalenza realizzate a detrimento della foresta primaria, in area tropicale. (2)
La ricerca internazionale è stata condotta da una squadra di studiosi – da Russia, Cina e USA – sotto il coordinamento del dr. Roberto Cazzolla Gatti, biologo italiano. I ricercatori si sono impegnati nell’analisi della ipotetica sostenibilità delle produzioni di olio di palma certificate in quanto tali, secondo gli schemi predisposti dalla ‘Roundtable for Sustainable Palm Oil’ (RSPO).
RSPO è un’organizzazione formata nel 2004 dai colossi che realizzano il grasso tropicale a basso costo, e dai suoi grandi utilizzatori. Big Food ha sapientemente stimolato l’adesione a RSPO di alcune migliaia di operatori che a vario titolo intervengono nella supply-chain, in ogni dove. Coltivatori e trasformatori, ma anche banche e fondi d’investimento. Con l’idea di schierare una massa compatta di sostenitori dell’olio di palma, in opposizione alle istanze ambientaliste.
Lo studio scientifico coordinato da Roberto Cazzolla Gatti – professore associato alla Facoltà di Biologia presso Tomsk State University (Russia), oltreché ricercatore al Dipartimento di Scienze Naturali e Forestali della Purdue University (USA) – dimostra tuttavia l’inadeguatezza dello schema di certificazione RSPO. Come pure dell’iniziativa POIG (Palm Oil Innovation Group), sviluppata nel medesimo contesto.
La produzione su scala industriale del grasso tuttora più utilizzato a livello planetario deriva infatti nella gran parte dei casi – spesso neppure tracciati – dalla deforestazione di habitat forestali primigeni, e successivi incendi.
Olio di palma, i dati del disastro ambientale
Gli studiosi hanno messo a confronto le cartografie e rilevazioni satellitari disponibili, per analizzare le variazioni della copertura forestale in Sud-Est asiatico, negli ultimi 3 lustri. Indonesia, (3) Malesia e Papua Nuova Guinea sono state esaminate grazie ai dati raccolti presso vari enti, tra cui Greenpeace, Global Forest Watch e Aidenvironment, oltre alla stessa RSPO e il governo indonesiano.
Il 40% dell’area complessiva certificata da RSPO ha subito, nel periodo 2001-2016, un degrado ambientale significativo. Vale a dire che le foreste primarie sono state devastate e incendiate, per lasciare spazio alle monocolture intensive di Elaeis guineensis.
Le certificazioni RSPO-POIG consentono in effetti di deforestare qualsiasi foresta che non sia già stata qualificata come HCV (High Conservation Value) o HCS (High Carbon Stock). Ma i conti non tornano e l’olio di palma presentato come ‘sostenibile’ proviene comunque dal recente degrado delle foreste tropicali, ribadisce Roberto Cazzola Gatti. Questo è il responso della scienza, il resto sono chiacchiere e inganni.
Dario Dongo
Note
(1) Si richiama, al proposito, quanto esposto da ultimo nei precedenti articoli https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/olio-di-palma-insostenibile-dalle-favole-dei-palmocrati-ai-dati-su-emissioni-di-gas-serra-e-cambiamento-climatico, https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/ue-altri-10-anni-di-biodiesel-da-palma, https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/olio-di-palma-insostenibili-bugie-e-connivenze-politiche, https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/olio-di-palma-ferrero-sostenibilità
(2) V. https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2018.10.222
(3) Si veda anche l’articolo https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/olio-di-palma-indonesia
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.