La spesa alimentare è oggetto di continui rincari, con l’inflazione che ad aprile ha toccato il +6,2% su base annua. Per fronteggiare l’ennesima crisi, gli italiani cambiano canale di vendita e strategia di acquisto.
Inflazione sulla spesa alimentare
L’indagine ‘Impatto dell’inflazione sui consumi degli italiani’ di ISMEA ha coinvolto 3mila famiglie (rappresentative del campione Italia). (1)
Oltre il 60% degli intervistati ha una cognizione realistica della situazione e ritiene che nei prossimi tre mesi, l’inflazione crescerà molto, fino al 10%.
Il restante 40% del campione è diviso a metà, tra i pessimisti (soprattutto giovanissimi a basso reddito residenti al meridione), che ritengono che entro l’estate l’aumento dei prezzi supererà il 10%, e gli ottimisti che si attendono un rientro dell’inflazione entro il 3%.
Timori per gli alimenti di prima necessità
Tra le rinunce degli italiani primeggiano viaggi (23%), intrattenimento e pasti al ristorante (21%) e abbigliamento (15%). Solo l’1% del campione teme di essere costretto a tagliare anche il budget per la spesa alimentare.
Il timore più diffuso è l’aumento di prezzo degli alimenti di prima necessità (94% degli intervistati). Ma oltre la metà (52%) esprime persino la preoccupazione di non trovare più i prodotti negli scaffali.
Alla ricerca della convenienza
La ricerca di prezzi convenienti rilancia il canale ipermercato, fortemente penalizzato nel 2020, con i lockdown che costringevano ad acquisti sotto casa. Il 70% degli intervistati lo considera il punto vendita ideale in cui trovare la migliore combinazione di assortimento/offerte.
Il 58% del campione prevede poi di cambiare punto vendita o insegna alla ricerca di maggiori sconti, il 57% di indirizzarsi verso i discount e il 35% verso i mercati rionali.
Il 13% delle famiglie dichiara di volersi affidare anche all’ecommerce nella ricerca della convenienza. Tuttavia, raramente questa comoda opzione è fonte di risparmio nella spesa alimentare, come abbiamo visto.
Meno sprechi, più pianificazione
Per fronteggiare l’impatto dell’inflazione sulla spesa alimentare, gli italiani puntano su una strategia di risparmio forzato che ha anche risvolti positivi.
Il 68% delle famiglie intervistate prevede di ridurre gli sprechi di cibo, oggi eccessivi, e quasi la metà (48%) di ridurre gli acquisti superflui e prestare maggiore attenzione al rapporto qualità prezzo e al rapporto prezzo/peso negli acquisti. Imparare a controllare il prezzo per kg invece che per confezione è un’attitudine ricca di sorprese.
La buona abitudine di programmare gli acquisti con una lista è il proposito del 38% degli intervistati.
Tempi duri per i marchi blasonati?
Per i marchi che dominano il mercato, talvolta più per il battage pubblicitario che per qualità reale del prodotto, l’equilibrio potrebbe cambiare. Una prospettiva, del resto, anticipata dalla svolta di Coop, che ha rilanciato fortemente i suoi prodotti a marchio, in chiave miglior rapporto qualità/prezzo.
Gli intervistati dichiarano infatti l’intenzione di rinunciare ai prodotti premium (27%), alle marche, salvo quando in promozione (22%), di rivolgersi ai marchi dei distributori (14%) e a ridurre le quantità a favore della qualità (9%).
La qualità, secondo il 70% degli intervistati, è del prodotto 100% italiano. Irrinunciabili per quasi uno su due sono inoltre i prodotti Dop /Igp, da agricoltura sostenibile o bio.
I driver di scelta
I driver di scelta cambiano in funzione del prodotto:
– marca nota (brand). È considerata importante nella scelta di pasta (29%), surgelati (27%), passate (24%) e latte (20%),
– origine delle materie prime. È il primo driver di scelta per carne, frutta, verdura, uova, olio extra vergine di oliva, per una percentuale di consumatori compresa tra il 66% e il 58%,
– garanzia di sostenibilità. Incide suprattutto sull’acquisto di uova (14%), pane fresco (10%), carne bianca e carne rossa (entrambi al 9%),
– qualità organolettiche. Primeggia il pane con il 44%, seguito da vino e formaggi (37%), frutta di stagione (31%).
Inflazione e porzioni della spesa alimentare
L’indagine ISMEA ha anche interrogato le famiglie sulla elasticità della domanda di fronte all’aumento dei prezzi.
Il risultato riflette la capacità di spesa. In misura diversa, gli italiani prevedono di acquistare le stesse quantità dei seguenti gruppi di alimenti:
– pane, latte e olio extra vergine di oliva, alimenti basilari nella dieta italiana, per il 35% degli intervistati,
– uova e frutta fresca, altri alimenti-base, il 33% del campione,
– pesce (22%),
– formaggi (20%),
– vino (19%),
– surgelati (18%).
Gli effetti dell’inflazione sulla spesa alimentare sono pesanti. Gli intervistati ISMEA, però, dichiarano che se l’aumento del prezzo è contenuto entro il 3% non si cambiano le abitudini nemmeno per il vino (47%), surgelati (45%) e passate (41%).
I gestori del bene pubblico, raramente alle prese con l’esigenza di sostentamento della popolazione, potranno trarre suggerimenti anche da questa indagine.
Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".