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Come usare i materiali a contatto con gli alimenti. La guida di SAFE

I materiali a contatto con gli alimenti (MOCA) che utilizziamo ogni giorno possono nuocere alla salute, se impiegati in modo errato. SAFE, Food Advocacy Europe ha predisposto una guida pratica al loro corretto utilizzo. (1)

I rischi dei materiali a contatto con gli alimenti

I rischi correlati ai vari materiali a contatto con gli alimenti riguardano – oltre all’impatto ambientale – la potenziale migrazione di sostanze chimiche tossiche dai contenitori ai cibi e le bevande.

Molte di queste sostanze sono aggiunte intenzionalmente, nella fabbricazione. Altre invece vi residuano come impurità, contaminanti, sottoprodotti del processo di riciclo etc.

L’effetto cocktail – legato all’esposizione combinata (e ripetuta) a più sostanze chimiche, attraverso i materiali a contatto con gli alimenti e altre fonti – può aumentare i rischi di salute pubblica.

Regole inadeguate e carenti

La legislazione europea sui MOCA è essenzialmente limitata a un regolamento generale, reg. CE 1935/2004, e alla disciplina dei materiali plastici (reg. CE 2023/2006). Sono definiti i criteri generali che prevedono, tra l’altro, la creazione di una lista delle sostanze autorizzate in UE e i limiti specifici di migrazione.

Le regole UE sono tuttavia carenti sotto due aspetti:

– la valutazione del rischio è inadeguata, come più volte evidenziato dai tossicologici e i ricercatori impegnati in questo ambito,

– molte categorie di materiali a contatto con gli alimenti sono tuttora privi di regole armonizzate. Dai metalli (es. acciaio inox) e gli inchiostri da stampa, cartone e cartoncino, coloranti e solventi impiegati nella plastica, etc. Assenti sono pure le regole sui materiali alternativi alle plastiche monouso, che potrebbero anche risultare meno sostenibili di quanto ipotizzato.

La plastica

Il packaging rappresenta il 40% della plastica prodotta. La domanda di plastica in Europa è cresciuta fino a 57,9 milioni di tonnellate nel 2019. E i cittadini dell’Europa occidentale ne usano 136 kg procapite ogni anno, il triplo della media mondiale (45 kg). Con impatto rilevante, tra l’altro, sulle emissioni di gas serra in atmosfera.

Il rischio chimico è accertato, specie in caso di uso scorretto dei contenitori usa e getta. Una categoria largamente presente nelle abitazioni degli italiani e che complessivamente contiene 12.000 sostanze chimiche tossiche con vari profili di tossicità, come gli onnipresenti – e trascurati – interferenti endocrini.

Come ridurre i rischi

Quattro accorgimenti possono aiutare a ridurre l’esposizione umana alle sostanze nocive che dai materiali a contatto con gli alimenti in plastica possono migrare nel cibo:

– usare bottiglie, stoviglie e contenitori alimentari in materiali diversi dalla plastica, come vetro e metallo,

– acquistare alimenti freschi sfusi, invece di quelli confezionati nella plastica,

– provare a comprare alimenti sfusi. Alcuni sono facilmente reperibili (cereali, legumi, frutta secca, biscotti), soprattutto in Paesi più sensibili (es. Francia),

– evitare di riscaldare o riutilizzare i contenitori concepiti come usa-e-getta (la scatola del gelato, ad esempio) per altri alimenti, in particolare per cibi caldi e/o grassi.

Plastica riciclata

Bottiglie, contenitori, stoviglie e altri materiali per alimenti in plastica riciclata vengono considerati sostenibili, in quanto realizzati con plastica di scarto. Ma non sono affatto esenti da rischi.

Questi materiali sono disciplinati dal regolamento (CE) 282/2008 che si limita tuttavia a prescrivere l’adozione di processi approvati da EFSA e autorizzati dalla Commissione europea.

Il legislatore europeo non ha previsto una lista delle plastiche riciclate ammesse nei materiali a contatto con gli alimenti, né coinvolge i ricercatori indipendenti nella revisione dei dati scientifici.

Rischi maggiori di migrazione chimica

È dimostrato che le sostanze chimiche pericolose sono più facilmente presenti nella plastica riciclata che in quella vergine. Ciò dipende da diversi fattori, come la contaminazione causata dall’uso e riuso errato dei materiali da parte dei consumatori, ma anche l’impiego di materiali inadatti al riciclo.

La migrazione di sostanze chimiche tossiche negli alimenti può quindi essere maggiore in caso d’impiego di plastica riciclata, come dimostrato in un test comparativo su bottiglie di olio in plastica vergine e riciclata. (2)

I peggiori contaminanti

Tra i peggiori contaminanti che possono migrare nell’alimento figurano

– ritardanti di fiamma. Tipici dei rifiuti elettronici, sono rilevati anche in alcuni materiali a contatto con gli alimenti, come i bastoncini per mescolare il caffè o i coperchi delle tazze termiche. La probabilità di contaminazione è maggiore nei materiali per alimenti in plastica riciclata di colore nero,

– metalli pesanti. Rilevati in tracce nelle bottiglie e le cannucce in plastica riciclata, sono temuti per gli effetti nocivi su reni e ossa, oltreché per disturbi neurologici e aumento della pressione sanguigna,

– interferenti endocrini. La migrazione nell’acqua da bottiglie in PET riciclato (rPET) è più elevata in confronto a quella da bottiglia in PET vergine. (3)

Come distinguere la plastica riciclata

I materiali in plastica riciclata vengono facilmente identificati dalla presenza in etichetta di claim che ne vantano la sostenibilità. Il riciclo riguarda tre polimeri:

1 – PET, Polyethylene Terephtalate. Recuperato da bottiglie di acqua e bevande zuccherate, vassoi per insalata, carta da cucina, bottiglie di olio vegetale. Riciclato in shopper, bottiglie e contenitori per alimenti.

2 – HDPE, High-Density Polyethylene. Utilizzato in bottiglie di latte e succhi di frutta, vasetti dello yogurt e buste per la spesa, viene riciclato nelle bottiglie per olio vegetale,

6 – PS, Polystyrene (o Styrofoam). Impiegato per produrre piatti e bicchieri monouso, vassoi per la carne, contenitori per le uova e per il take-away, viene riciclato in contenitori per uova. Rimane un materiale difficile da riciclare.

La bottiglia d’acqua di PET da mezzo litro  si noti bene, ha una concentrazione più elevata di plastificanti in confronto a quella della stessa marca in bottiglia da 1,5 o 2 litri. (4)

Alluminio, leggero e resistente

L’alluminio è resistente, non teme la corrosione ed è buon conduttore termico. Questo metallo leggero è ampiamente presente nei materiali per alimenti, sia negli utensili da cucina, sia nel packaging. È utilizzato per realizzare pentole, lattine, teglie e fogli monouso, capsule per caffè.

La produzione di questo materiale ha però un forte impatto ambientale. Essa richiede infatti molta energia, consuma tanta acqua e produce elevate quantità di residui altamente inquinanti (arsenico, titanio, cromo, piombo, vanadio e mercurio).

I rischi per la salute

L’esposizione umana all’alluminio avviene mediante il consumo di acqua di rubinetto e cibo, anche per la migrazione dai materiali alimentari (il reg. 10/2011 ne stabilisce i limiti).

L’ingestione di piccole quantità di alluminio non pone rischi, l’organismo ne assimila un po’ ed elimina il resto mediante i reni. Quantità elevate, invece, possono nuocere al sistema nervoso e alle ossa. Alcuni studi indicano anche una correlazione con l’Alzheimer, ma le evidenze non sono univoche.

Consigli d’uso

Per ridurre l’esposizione all’alluminio è opportuno rispettare alcuni accorgimenti:

– evitare il contatto prolungato con cibi acidi e/o salati, come il pomodoro, il rabarbaro, aringhe sotto sale.

– ricordare che il contatto con gli alimenti a temperatura ambiente non deve superare le 24 ore, salvo che i cibi siano secchi, come pasta, spezie etc,

– abbandonare le capsule in alluminio per il caffè e tornare alla moka, possibilmente in acciaio inox,

– preservare lo strato protettivo dei filtri per caffè in alluminio evitando di lavarli nella lavastoviglie.

I contenitori del fast-food

Tutti i materiali per alimenti repellenti all’acqua e all’olio possono contenere PFAS, una famiglia di composti chimici molto ampia. È il caso dei contenitori del fast-food e in generale del cibo da asporto, come pure delle padelle antiaderenti, che talvolta contengono questi contaminanti pur dichiarandone l’assenza, come abbiamo visto.

L’esposizione ai PFAS è associata all’insorgenza di cancro e impatta sul sistema immunitario, riproduttivo e ormonale, oltre a ridurre l’efficacia dei vaccini.

Le misure di protezione consistono semplicemente nell’evitare quel tipo di materiale per alimenti, scegliere solo quello dichiarato come PFAS-free e sollecitare gli operatori commerciali a scartarli e le istituzioni a vietarli.

Il packaging a base vegetale

Bamboo, foglie di palma, carta e fibre vegetali sono spesso usati per realizzare materiali per alimenti: ciotole, tazze, piatti etc. Vengono proposti come alternativa sostenibile alla plastica, ma non sono sempre raccomandabili.

La mistura di materiali vegetali con plastica e altri elementi, infatti, annulla l’ambita compostabilità di questi prodotti e accresce il rischio di migrazione chimica negli alimenti.

Le possibili contaminazioni

Questi materiali per alimenti sono stati identificati in diversi studi come contaminati da sostanze chimiche nocive alla salute.

PFAS. Sono stati identificati nei MOCA in fibre modellate (che mantengono la forma), cannucce di carta e stoviglie in foglie di palma. (5)

Cloropropano. Questa sostanza cancerogena è usata nel packaging in carta e può migrare nei liquidi contenuti. (6)

Residui di pesticidi. Sono stati rivenute molecole note come interferenti endocrini e altri pesticidi vietati in UE (segno che i materiali per alimenti erano di importazione extraUE).

Formaldeide. Questo cancerogeno è il risultato della combinazione tra bamboo e fibre di mais con la melamina, una plastica spesso aggiunta nella realizzazione dei contenitori ‘di origine vegetale’.

Come tutelarsi

Le misure da adottare sono

– evitare i prodotti realizzati con bambù/mais e melamina,

– ricordare che le stoviglie in melamina non devono essere impiegate per cibi caldi, né inserite in microonde e lavastoviglie,

– diffidare dei claim del genere ‘eco-friendly’ e non gettare questi materiali per alimenti nella raccolta degli scarti organici,

– come sempre, cercare di utilizzare materiali per alimenti in metallo o vetro. Quest’ultimo è la migliore opzione per il contatto alimentare.

Marta Strinati

Note

(1) SAFE, Safe Food Advocacy Europe. Food Contact Materials. Guidelines for safe use for consumeshttps://www.safefoodadvocacy.eu/wp-content/uploads/2021/10/2.-FCM-guidelines-for-consumers-1.pdf

(2) Kanwal, Fozia & Waraich, S.M. & Jamil, T.. (2007). FT-IR analysis of recycled polystyrene for food packaging. Journal of the Chemical Society of Pakistan. 29. 239-242. https://www.researchgate.net/publication/287274248_FT-IR_analysis_of_recycled_polystyrene_for_food_packaging

(3) Marta Strinati. PET riciclato, più sostanze chimiche migrano dalle bottiglie alle bevande. GIFT (Great Italian Food Trade), 21.3.22. https://www.greatitalianfoodtrade.it/imballaggi-e-moca/pet-riciclato-pi%C3%B9-sostanze-chimiche-migrano-dalle-bottiglie-alle-bevande_1

(4) Szilvia Keresztes, Enikő Tatár, Zsuzsanna Czégény, Gyula Záray, Victor G. Mihucz, (2013). Study on the leaching of phthalates from polyethylene terephthalate bottles into mineral water. Science of The Total Environment, Volumes 458–460, 2013, https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2013.04.056

(5) J. Strakovà, J. Schneider, N. Cingotti. Throwaway Packaging, Forever Chemicals: European wide survey of PFAS in disposable food packaging and tableware. Arnika https://arnika.org/en/publications/throwaway-packaging-forever-chemicals-european-wide-survey-of-pfas-in-disposable-food-packaging-and-tableware 

BEUC. Towards safe and sustainable food packaging. 2021, https://www.beuc.eu/publications/beuc-x-2021-050_towards_safe_and_sustainable_fcm._report.pdf

(6) Korte R, Schulz S, Brauer B. Chloropropanols (3-MCPD, 1,3-DCP) from food contact materials: GC-MS method improvement, market survey and investigations on the effect of hot water extraction. Food Addit Contam Part A Chem Anal Control Expo Risk Assess. 2021 Jun;38(6):904-913. doi: 10.1080/19440049.2021.1903569. Epub 2021 Apr 19. PMID: 33872118. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33872118/

Marta Strinati
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Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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