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Pastorizzazione fredda e CO2 supercritica

Ricerca e sviluppo nella filiera agroalimentare. L’attenzione pubblica è generalmente scarsa e gli investimenti modesti, a raffronto con altri settori. La tecnologia alimentare tuttavia ha un ruolo cruciale, non solo per realizzare cibi ultra-processati ma anche per preservare le sostanze e proprietà caratteristiche delle materie prime agricole e botaniche. Meglio ancora, in alcuni casi, dei metodi ‘tradizionali’ di produzione. Un paio di esempi a seguire, pastorizzazione fredda ed estrazione in CO2 supercritica.

DPCD, la ‘pastorizzazione fredda’

L’industria alimentare fa ampio utilizzo di tecnologie come la pastorizzazione e la liofilizzazione, solo per citarne alcune. Viceversa, alcune tecnologie di grandi potenzialità non riescono a superare quel velo di diffidenza e scetticismo che le continua a circondare. Tra queste si segnalano le attrezzature e gli impianti che fanno uso di anidride carbonica (o CO2) allo stato liquido, o supercritico.

La pastorizzazione fredda è il nome comune del trattamento noto con l’acronimo DPCD (Dense Phase Carbon Dioxide). Un processo definito ‘non termico’ in cui la CO2 allo stato supercritico, a una temperatura compresa tra 35-50°C e una pressione variabile tra 70 e 500 bar, viene posta a contatto con l’alimento allo scopo di sanificare il prodotto. La CO2 a pressione ambiente è nota per la sua attività di inibizione sulla crescita microbica, con effetti che si prolungano per periodi più o meno lunghi, attestati da diversi studi scientifici. 

Lo stato della CO2 può avere influenze significative sull’attività antimicrobica. La pressione impiegata consente infatti di agire sull’inattivazione dei microrganismi (attraverso meccanismi di rottura delle membrane cellulari) e l’inattivazione degli enzimi batterici, fondamentali per il loro metabolismo e la variazione del pH nel batterio. Si predilige il suo impiego su alimenti che per naturale composizione sono sensibili al calore, quali succhi di frutta e latte. La bassa temperatura consente di mantenere il profilo nutrizionale in termini di macro e micronutrienti (es. polifenoli e vitamine). 

L’utilizzo del DPCD mantiene intatti gli attributi sensoriali di freschezza tipici, ad esempio, del frutto fresco. Senza intaccare la componente zuccherina con processi termici responsabili di quel gusto di ‘cotto’ che si percepisce al consumo in alcuni cibi trattati con tecnologie termiche convenzionali. Nelle matrici con una componente grassa l’uso della CO2 permette inoltre di contenere i fenomeni di irrancidimento, impedendo lo sviluppo del suo sgradevole aroma. Nei prodotti fermentati come vino e birra il trattamento con CO2 può poi inibire l’attività di eventuali lieviti presenti in fase di imbottigliamento. Offrendo altresì ove richiesta, con opportuni dosaggi, una gradevole nota frizzante. Questo tipo di processo, se pur noto al settore della ricerca applicata, trova ancora poca attenzione nell’industria alimentare.

CO2 supercritica, l’estrazione analcolica senza solventi 

L’anidride carbonica, abitualmente conosciuta in fase gassosa, allorché sottoposta a una pressione minima di 72 bar e una temperatura di 31°C, assume proprietà intermedie tra quelle di un liquido e quelle di un gas che ne consentono molteplici usi. Per le sue caratteristiche chimiche questo fluido è paragonabile a un solvente organico, molto affine al mondo delle sostanze dal carattere lipofilo.

Le applicazioni più ‘tradizionali’ della CO2 supercritica attengono alla rimozione della caffeina dal caffè, l’estrazione della componente amaricante dal luppolo per l’industria birraria, il trattamento del sughero perridurre il possibile difetto del sentore di ‘tappo’ nei vini così imbottigliati (a causa della presenza della molecola tricloroanisolo). La sua funzione prediletta è dunque quella estrattiva, che ne può consentire l’impiego anche nell’estrazione di oli vegetali di pregio (non essendo trascurabili i suoi costi) o di oli essenziali e componenti aromatiche da piante officinali o spezie. 

I vantaggi che derivano dall’impiego della CO2 supercritica sono anzitutto la sua completa atossicità e la bassa temperatura d’impiego, che consente di definire questa tecnologia con l’aggettivo ‘fredda’. I prodotti così ottenuti sono totalmente privi di solvente residuo, nonché a elevatissimo grado di purezza. L’applicazione di questa tecnologia può quindi permettere di ottenere ingredienti e prodotti di elevato pregio qualitativo. Mantenendo intatta l’impronta olfattiva che caratterizza la pianta sottoposta a trattamento e le proprietà bioattive delle sue componenti più sensibili a tutte le tecnologie riscaldanti. 

In tal senso è attuale ed elevato l’interesse verso l’uso di fluidi supercritici nell’estrazione di cannabinoidi non psicrotropi quale il cannabidiolo o CBD e terpeni aromatici da infiorescenze di canapa industriale (Cannabis Sativa L.) per lo sviluppo di formulazioni in cui le proprietà benefiche di questo ‘blend molecolare’ vengano espresse al massimo, grazie al basso impatto della tecnologia di produzione.

Deborha Decorti

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Tecnologa alimentare, Ph.D in Scienze degli alimenti, specializzata in ‘New Product Development’ presso lo European Institute of Innovation and Technology. Esperta in R&D con tecnologie green non convenzionali, con attenzione ai valori di salute, sostenibilità ed economia circolare

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