HomeSaluteIl glifosato ‘maschilizza’ le femmine. Lo studio scientifico sui neonati

Il glifosato ‘maschilizza’ le femmine. Lo studio scientifico sui neonati

Il glifosato è un interferente endocrino pericoloso per gli esseri umani. L’ennesima conferma proviene da uno studio innovativo che per la prima volta associa la sua concentrazione nelle urine materne con alcune caratteristiche anatomiche degli organi sessuali dei neonati.

Lo studio – realizzato da un team di ricercatori italo-americani, tra i quali Fiorella Belpoggi, direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini – è stato appena pubblicato su Environmental Pollution. (1)

Lo studio

La ricerca ha coinvolto 94 coppie madre-bambino statunitensi partecipanti a TIDES (The Infant Development and the Environment Study), uno studio che monitora gli effetti dell’esposizione prenatale alle sostanze chimiche capaci di alterare il sistema endocrino (EDC) con effetti sullo sviluppo riproduttivo.

Per ogni coppia madre-bambino sono state condotte due misurazioni:

– sulle madri, i livelli di glifosate e del suo prodotto di degradazione AMPA (acido amminometilfosfonico) nei campioni di urina analizzati nel secondo trimestre di gravidanza,

– sui neonati (45 femmine e 49 maschi), le distanze anogenitali (anopenile e anoscrotale per i maschi, anoclitorale e anovulvare per le femmine).

Il glifosato si conferma interferente endocrino

Le analisi comparate hanno evidenziato una correlazione tra i maggiori livelli di glifosato e del suo metabolita nelle urine materne e un anomalo allungamento della distanza anogenitale nelle neonate, invece tipico dei maschi. Nessuna associazione è invece emersa nella prole maschile, suggerendo una maggiore sensibilità delle femmine agli androgeni esogeni.

‘Questi risultati preliminari riproducono parzialmente i nostri risultati precedenti sui roditori (Manservisi et al., 2019) e suggeriscono che il glifosato è un distruttore endocrino specifico per il sesso con effetti androgeni negli esseri umani’, spiegano i ricercatori.

I dati di partenza

Il precedente studio sui ratti citato dai ricercatori aveva dimostrato che l’esposizione al glifosate e al Roundup® a basse dosi durante la gestazione e nella prima infanzia (1,75 mg/kg/die) provoca effetti di tipo androgeno nella prole:

– nelle femmine, un ritardo nella comparsa del primo estro (il ‘calore’, fase fertile), un aumento del testosterone e della distanza anogenitale,

– nei maschi, un aumento della distanza anogenitale nei cuccioli.

Si noti che la dose di glifosato utilizzata negli esperimenti è la dose giornaliera accettabile (DGA) statunitense, considerata ‘sicura’ per gli esseri umani: 1,75 mg per kg di peso corporeo al giorno.

Un bagno di glifosato

La ricerca ha ricordato anche la pervasività del pesticida, in particolare negli Stati Uniti. Il glifosato e il suo metabolita sono apparsi rispettivamente nel 95% e nel 93% dei campioni di urine delle gestanti, che hanno partorito in 4 diversi e distanti ospedali statunitensi (2).

L’esposizione umana al glifosato è ormai un fenomeno scollegato dalla geografia: questo è l’erbicida più usato al mondo. È tuttavia acuita nei paesi in cui si coltivano OGM. Commercializzato per la prima volta come Roundup® nel 1974, l’agrotossico veniva impiegato nei campi solo nella fase pre-raccolta per sterminare le erbe infestanti. Dall’avvio delle colture Ogm resistenti al glifosato, nel 1996, l’uso agricolo della molecola è aumentato di 300 volte.

L’esposizione umana al glifosato

L’esposizione al glifosato nella popolazione generale è diffusa, di solito si verifica attraverso la dieta (Fagan et al., 2020). Recenti studi riferiscono l’aumento dei livelli di glifosato e AMPA nei campioni di urina di adulti nella popolazione generale (Conrad et al., 2017; Mills et al., 2017). Una dieta bio, tuttavia, consente di liberare l’organismo dal glifosato ingerito con il cibo, come emerso da uno studio di cui abbiamo riferito.

Residui dell’erbicida e del suo metabolita AMPA sono comunemente rilevati

– nell’aria (Chang et al., 2011),

– nel suolo (Battaglin et al., 2014),

– nell’acqua (Medalie et al., 2020)

– nel cibo (FDA, 2019; Kolakowski et al., 2020; Ledoux et al., 2020; Zoller et al., 2018). Si veda in proposito il caso del tè verde Twinings ‘100% naturale’ o del grano e legumi origine Canada.

Le false certezze

Il glifosato era inizialmente considerato ‘sicuro’ per l’uomo, essendo il target un enzima presente in piante, batteri e funghi, ma assente nei mammiferi. Numerosi studi hanno però smentito le false certezze, come abbiamo visto.

Oggi è temuto per i possibili effetti cancerogeni, dopo che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) lo ha classificato come ‘probabile cancerogeno per l’uomo’ (EFSA, 2015; EPA, 2016; IARC, 2017; Portier et al., 2016). Nonché per gli effetti nocivi causati dalla attività (interferenza) endocrina e riproduttiva (Ingaramo et al., 2020; Mun ~ oz et al., 2020).

In Europa il glifosato è autorizzato fino alla fine del 2022, dopo il rinnovo quinquennale concesso il 5.11.2017 sulla base di studi manipolati.

L’unica soluzione oggi disponibile è partecipare all’iniziativa dei cittadini europei #SalviamoLeApi (e gli agricoltori, le loro famiglie, e i consumatori e gli abitanti, dall’abuso di agrotossici in agricoltura), inserendo i propri dati su https://www.savebeesandfarmers.eu/ita.

Marta Strinati

Note

(1) Corina Lesseur, Patrick Pirrotte, Khyatiben V. Pathak, Fabiana Manservisi, Daniele Mandrioli, Fiorella Belpoggi, Simona Panzacchi, Qian Li, Emily S. Barrett, Ruby H.N. Nguyen, Sheela Sathyanarayana, Shanna H. Swan, Jia Chen. Maternal urinary levels of glyphosate during pregnancy and anogenital distance in newborns in a US multicenter pregnancy cohort. Environmental Pollution, Volume 280, 2021, https://doi.org/10.1016/j.envpol.2021.117002. (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0269749121005844)

2) University of California, San Francisco, (UCSF), University of Rochester Medical Center (URMC), University of Minnesota (UMN) e l’Università di Washington (UW).

Marta Strinati
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Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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