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La IV gamma punta sull’aggregazione per recuperare competitività

IV gamma al muro. Quella che doveva essere una fase di transizione, di cambio di pelle, dopo la scossa del Covid, si è rivelata un vero e proprio cul de sac.

Il cambio di pelle auspicato dai player del settore prendeva ispirazione da quello che è successo al comparto statunitense circa 15 anni fa: il passaggio da una filiera disorganizzata e frammentata verso un tessuto produttivo composto da grandi aziende strutturate e tecnologizzate grazie a un processo di aggregazione.

Troppi player nella IV gamma

I player principali del settore italiano avevano iniziato a sfruttare le condizioni di mercato post Covid che aveva dato una forte scossa al settore, per arrivare, anche gradualmente, ad aggregare gli areali ultra frammentati e il relativo tessuto produttivo indebolito. Avere grandi attori nel settore avrebbe comportato la possibilità di programmare l’offerta produttiva e preservare la redditività lungo tutta la catena di fornitura, a cominciare dalla parte agricola.

La situazione, ci spiegano gli esperti, è però decisamente sfuggita di mano e il numero eccessivo dei player (anche improvvisati) a caccia di redditività denunciato da tutti i cortili del settore si sta rivelando un boomerang ingestibile al punto che da talune parti si è invocato un tetto o, peggio, un taglio, al numero di operatori.

Operazione ricompattamento

Su questo scacchiere, oggi diventato incandescente, viene convocato il prossimo tavolo del comitato IV gamma dell’Organizzazione Interprofessionale (orbita Confagricoltura) la cui presidenza è stata strategicamente assegnata ad Antonio Salvatore, già presidente dell’Op Oasi (fornitore di Bonduelle che, nel Belpaese è il secondo operatore di mercato nel settore di IV gamma dopo la marca del distributore).

La nomina di Salvatore è ancor più strategica perché è anche vicepresidente di Unaproa, voce politica, in orbita Coldiretti, di UIF IV gamma, l’associazione che raccoglie le nove principali industrie del settore.

In sintesi, rappresenta un ricompattamento della filiera intera di fronte alla difficile fase di crisi che rischia di segare le gambe a una pletora di aziende importanti per l’economia agricola del Paese per numero di occupati, fatturato e soprattutto per la spinta in avanti (leggasi investimenti) verso la sostenibilità che qui è necessitata da una stringente legge (quella sulla IV gamma).

Alla ricerca della competitività

La norma impone, fra l’altro, un rigido livello della temperatura di conservazione lungo la catena del freddo, 8° C. Un livello obbligatorio che non è imposto a nessun’altra filiera nel mondo dell’ortofrutta fresca e che si vorrebbe rendere ancor più rigoroso con la riforma attesa della stessa legge che dovrebbe portare a 4° la temperatura lungo la cold chain.

Di fronte a questa crisi la strada dell’aggregazione è un percorso necessario‘, ci spiega Massimiliano De Core, presidente dell’Organizzazione Interprofessionale. ‘Il governo ha già messo in campo due decreti destinati alla filiera di IV gamma con i quali il Masaf riconosce le maggiori difficoltà di questo settore rispetto ad altri e le sua maggiori criticità legate al maggior consumo di energia, ad esempio, o di plastica che hanno appesantito oltremodo i costi senza un adeguamento di pari entità dei prezzi.

Confidiamo negli esiti della prossima riunione del comitato di IV gamma dell’interprofessione che sarà convocato entro il 20 luglio. Contemporaneamente, a fine giugno, abbiamo richiesto un incontro al direttore generale del Masaf, Luigi Polizzi, per tentare di capire come restituire competitività a questo settore. Siamo in attesa di risposta’.

La strada verso l’aggregazione (che si è trasformata sostanzialmente in un ‘chi la dura la vince’, con la messa al sicuro delle grandi industrie sotto l’ombrello della marca privata che garantisce, quantomeno, movimentazione di grandi volumi) sta dimostrando, però, che qualcosa non va per il verso giusto. Una prova sono le clamorose deblacle di alcune tra le principali aziende operanti in quest’industria, come Cultiva, regina del bio di IV gamma.

Il settore biologico di IV gamma, questo conosciuto

L’azienda di Rovigo è stata interpellata ma ha preferito non rispondere perseguendo una linea di comunicazione che è stata sempre piuttosto abbottonata nei confronti della stampa.

La ‘multinazionale in miniatura’ veneta (così si auto-definisce) – che ha anche fatto un importante balzo in avanti con l’espansione produttiva in USA e l’accordo con Taylor Farms in vista dell’obiettivo di diventare il primo fornitore di IV gamma della Costa Est statunitense – in Italia, si era specializzata nella produzione di IV gamma biologica diventando, in un primo momento, il principale fornitore della PL per alcuni dei più grandi retailer della Penisola.

Poi, anche a causa del fallimento dell’upgrade commerciale dell’agrifood biologico in generale, che non è riuscito a ritagliarsi (ancora) lo spazio ambito nella distribuzione di massa, ha dovuto capitolare di fronte ai maggiori costi del bio – già triplicati per il prodotto convenzionale – che non sono stati remunerati dai prezzi riconosciuti dalla Gdo. I prodotti da private label viaggiano sempre, anche per le grammature importanti come le buste da 200 e da 500g, intorno al prezzo di 0,99 centesimi a confezione.

La spirale del ribasso dei prezzi

Nella spinta al ribasso dei prezzi, in direzione antinflattiva, non mancano le intenzioni dei retailer tradizionali di fidelizzare i clienti nella competizione senza esclusione di colpi con i discount che sono sempre più allineati agli standard dei supermercati per qualità dell’offerta, format e approfondimento dell’assortimento. In questo scenario, i pochi fornitori di IV gamma bio (e biodinamico) finiscono in un tritacarne che di certo non contribuisce a fare uscire il settore dalla crisi.

Oggi si riescono a coltivare e commercializzare in bio le referenze più altovendenti come, ad esempio, la rucola, l’insalatina e la valerianella o la misticanza che permettono di avere una battuta di cassa più bassa. Per le altre si fa fatica a far quadrare i conti’, spiega Paolo Pari, direttore di Almaverde Bio.

Ismea sta facendo molta fatica a definire un prezzo minimo per le referenze di IV gamma, soprattutto per le forti differenze che caratterizzano tutti gli areali produttivi. Da Nord a Sud del Paese‘, spiega Felice Poli, presidente dell’OP Sole e Rugiada, che è la parte produttiva della filiera de La Linea verde nonché co-vicepresidente di Unaproa.

Adesso stiamo lavorando per definire il prezzo della rucola, la prima referenza di IV gamma allo studio in attuazione del decreto sulle pratiche commerciali sleali, e le prossime saranno il lattughino e la valerianella. Più che di prezzo medio, forse, avrebbe senso parlare di aree vocate per ciascuna varietà.

La situazione in queste settimane rimane comunque incandescente. Lo si deve anche a un combo di fattori. La difficile congiuntura di mercato è occorsa in una delicata fase di passaggio generazionale per molte aziende e non tutti i giovani imprenditori sono disposti ad investire nell’azienda di famiglia, a queste condizioni. Chi prosegue l’attività imprenditoriale, spesso, opta per produzioni meno ‘complesse’ come ad esempio quelle destinate al canale del surgelato. Certo è che non si può stare fermi in un contesto come questo e Unaproa offre la sua massima disponibilità a partecipare a tutti i tavoli dedicati a questa crisi‘.

Le aziende chiudono

Oltre Cultiva, il settore ha perso anche altri pezzi importanti. Tra i più recenti che hanno dovuto alzare bandiera bianca, l’azienda romagnola Il Melograno o il Gruppo campano Adinolfi (anch’esso produttore di IV gamma bio) che ha avviato un piano di ridimensionamento. La crisi è generalizzata. Secondo le stime degli esperti, quest’anno, proprio a causa della mancanza di redditività il comparto ha perso circa il 20% degli ettari dedicati al settore.

A causa degli elevati costi che, nei mesi estivi, incrementano ancora di più in relazione al maggiore fabbisogno di input quali acqua ed energia, quest’anno il 30-40% dei produttori del territorio hanno deciso di non coltivare il prodotto estivo. Nei mesi caldi, infatti, si fanno pochi tagli che non superano i tre per tutta la stagione. Questo rende ancora più gravosa la situazione economica delle aziende al punto che conviene di più lo stop‘, spiega Vito Busillo, presidente del Consorzio della Rucola della Piana del Sele IGP.

I trend di consumo

A ben guardare, però, non stiamo assistendo a una conseguenza del calo di domanda del ready to eat che anzi è in crescita su tutti gli scaffali, dall’ambient, al surgelato e persino al liofilizzato che ha fatto passi avanti da gigante anche grazie alle nuove tecnologie di essiccamento a bassa temperatura che preservano integre le proprietà organolettiche e nutrizionali della materia prima e abbassano notevolmente i costi di produzione.

C’è da chiedersi perché la domanda non cresca per la IV gamma che, oltre a rispondere alla richiesta di prodotto pronto all’uso, è perfettamente allineata con altri importanti trend di consumo quali la salubrità e la freschezza, oltre ai prezzi bassi.

Il discorso non vale per tutte le catene.

In Cedigros, gruppo Selex, la domanda di IV gamma cresce. Sia in termini di ritirato che di venduto. Per quanto riguarda le referenze di private label non si registrano flessioni di volumi. Lavoriamo con molte aziende importanti. Quasi tutte si stanno spostando sulla MDD.

In questo senso bisogna vedere se poi riescono a compensare con i volumi che vendono a marchio del produttore. L’ultima parte della catena del freddo potrebbe rappresentare una criticità per il mantenimento della temperatura di 8 °C per via della mancanza di operatori specializzati nel settore della logistica ma anche nei reparti di vendita, o per l’intervento di tanti intermediari. In questa fase potrebbero forse generarsi delle inefficienze’, dice Giancarlo Amitrano, responsabile acquisti I e IV Gamma del gruppo.

Cosa fa la politica

Oltre ai due decreti e all’auspicata definizione di prezzi minimi, il 30 giugno scorso è uscito l’ultimo, contestatissimo V bando di filiera con una dotazione superiore al miliardo di euro.

Solo in Campania, la maggior parte delle aziende che vi hanno partecipato sono di IV gamma‘, chiarisce Busillo.

Il bando prevede finanziamenti fino a 25 milioni a progetto di filiera e potrebbe, in qualche misura, sostenere le aziende verso l’upgrade tecnologico sulla sostenibilità.

Oggi le tecnologie per rendere queste produzioni green (valore aggiunto) ci sono tutte. Ma è praticamente impossibile accedervi per mancanza di finanziamenti. Tanto più che non esiste (per nessuna filiera) una carbon footprint dal campo alla tavola che permetta di misurare con concretezza, alle aziende che applicano tutti i plus tecnologici per la sostenibilità, l’esatta quantità di emissioni che producono o, viceversa, risparmiano.

In Lombardia abbiamo chiesto all’assessore all’agricoltura di creare dei parametri di riferimento nel quadro del Psr che possano tradursi in un sostegno concreto al settore nato in questa regione dalla quale si è irradiata una tradizione produttiva estesa all’intero Paese’, afferma Poli.

Mariangela Latella

Mariangela Latella
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Giornalista professionista specializzata in agricoltura. Si occupa di mercato agricolo e agroalimentare globale, transizione ecologica, green economy.

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