La birra italiana è insidiata dalla concorrenza straniera low cost. Bevande con standard qualitativi inferiori a quelli previstI dalla normativa italiana, ma autorizzate alla commercializzazione in tutta la UE in virtù del principio del mutuo riconoscimento.
Birra italiana, concorrenza low-cost
Secondo la legge italiana, “birra” è una denominazione utilizzabile soltanto se il prodotto è caratterizzato da un grado alcolemico superiore a 3,5% e un grado Plato pari ad almeno 10,5%.
Mentre i birrai italiani garantiscono la qualità nei termini sopra descritti, le imprese di altri Paesi europei inondano il mercato retail della Penisola con fiumi di acqua colorata, pseudo-birre con grado Plato sotto la soglia minima.
La questione fiscale
Ad aggravare lo squilibrio è il sistema fiscale, denuncia Assobirra, associazione italiana dei birrifici.
Oltre a risparmiare sulla quantità di materia prima (soprattutto malto), i produttori esteri ‘low cost’ risparmiano pure sulle accise, che in Italia sono infatti calcolate sul grado Plato.