B come Brasile, BRIC e Business. Il mercato brasiliano cresce a gonfie vele e può compensare gli asfittici consumi europei diventando un obiettivo importante per l’export dell’agroalimentare. Basta aprire gli occhi e guardare alle proiezioni dell’ABIA (Associação Brasileira das Indústrias da Alimentação). Il consumo pro-capite di prodotti alimentari in Brasile aumenterà del 46% (in termini nominali e in real) nel prossimo lustro.
Nel 2011, le vendite complessive di alimenti sono aumentate del 7,1% (al netto dell’inflazione) e le esportazioni hanno superato i 32 miliardi di euro (44 in dollari USA). Aumentati altresì i consumi interni, con il primato dei prodotti a base di carne (21% del totale), seguiti da zucchero (11%), caffè, tè e cereali (11%), e infine i prodotti lattiero-caseari (10%).
Questa crescita corrisponde a un incremento della capacità di spesa di un largo strato di popolazione, la cosiddetta classe media, sempre più propensa all’acquisto di prodotti ‘premium’ e di qualità.
Il margine di crescita per l’export agroalimentare è, sulla carta, enorme. Il Brasile detiene una delle quote di export più rilevanti verso l’UE, eppure Europa e l’Italia esportano pochi prodotti agroalimentari in Brasile, rispettivamente il 3,6% e il 4%.