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Sede stabilimento su prodotti esteri

Il decreto ‘sede stabilimento’ è finalmente entrato in vigore, il 22 ottobre 2017. (1) In attesa dei 180 giorni utili per adeguare le etichette alle nuove norme, risulta utile chiarirne l’applicazione sui prodotti esteri commercializzati in Italia.

Alimenti Made in Italy e/o confezionati in Italia

L’obbligo di citare in etichetta la sede dello stabilimento si applica anzitutto agli alimenti prodotti e/o confezionati in Italia. Vale a dire:

– ai cibi Made in Italy, che si intendono realizzati in Italia allorché la loro ultima trasformazione sostanziale abbia avuto luogo nel nostro territorio. Anche in ipotesi d’impiego di ingredienti di origine o provenienza estera, e fatti salvi gli obblighi d’informazione a tale riguardo. Siano essi previsti da normative generali (2) o specifiche,

– agli alimenti confezionati in Italia, se pure fabbricati in altri Paesi, europei e non. Con l’ulteriore obbligo in tal caso di precisare il Paese d’origine, qualora la sua omissione possa indurre il consumatore in errore al riguardo. Tenuto conto della natura del prodotto e delle sue modalità di presentazione, ivi compreso il marchio utilizzato.

Il gelato Algida prodotto in Turchia, ad esempio, deve comunque riportare la dicitura Made in Turkey. (3) Poiché il consumatore italiano associa tale brand (4) – come quelli di Buitoni, Perugina, Bertolli e vari altri – al Bel Paese. E quando ciò non corrisponda a verità, lo si deve mettere in chiaro. (5)

Alimenti Made in Europe

La sede dello stabilimento non è invece prescritta sulle confezioni di prodotti realizzati in altri Stati membri UE e nella più ampia area dell’EFTA (European Free Trade Association). La quale comprende lo Spazio Economico Europeo – Islanda, Liechtenstein e Norvegia – e la Svizzera.

Non si applica neppure alle derrate in arrivo dalla Turchia, escluse dal campo di applicazione di questa come di varie altre normative italiane. (6)

Prodotti alimentari extra-UE

La clausola di mutuo riconoscimento è stata accordata alle sole merci europee (area EFTA) e a quelle turche. Le quali, nel rispetto delle norme di etichettatura previste dal regolamento UE 1169/11 (Food Information to Consumers), possono liberamente circolare nel nostro Paese, come in tutto il Mercato interno. Senza bisogno di riportare notizia della sede dello stabilimento.

Viceversa, ogni alimento preimballato che provenga da Paesi extra-europei, allorché commercializzato sul nostro territorio, dovrà entro breve riportare in etichetta la sede dello stabilimento. Una novità di grande rilievo, rispetto alla quale gli importatori di cibi non solo etnici ma pure del bacino meridionale del Mediterraneo dovranno adeguarsi al più presto.

Dario Dongo

Note

(1) Cfr. d.lgs. 145/17, in GU Serie Generale 235 del 7.10.17, su http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/10/07/17G00158/sg

(2) In attesa tra l’altro che la Commissione europea definisca le modalità di indicazione dell’ingrediente primario di origine diversa. V. http://www.foodagriculturerequirements.com/category/notizie/‘made-in”-dell’ingrediente-primario-il-nuovo-schema-di-regolamento

(3) V. http://www.hurriyetdailynews.com/unilever-to-open-ice-cream-plant-22320

(4) V. https://m.ilmattino.it/napoli/articolo-2036046.html

(5) Ove pure una multinazionale decida di confezionare il prodotto in Italia attraverso la sua filiale in loco, non può certo venire meno ai suoi doveri di trasparenza nell’informazione al consumatore. Cfr. reg. UE 1169/11, articoli 7 (Pratiche leali d’informazione) e 26.2

(6) Cfr. d.lgs. 145/17, articolo 7

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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