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Sprechi alimentari, la nostra battaglia sul latte fresco

Il ministro per le politiche agricole, forestali, alimentari e del turismo  Gian Marco Centinaio  ha di recente mostrato un’apertura verso l’ipotesi di riformare una norma italiana, mediante la quale viene imposta  ex lege  la data di scadenza del latte fresco. Tale norma è infatti causa di inutile spreco di enormi quantità di  latte  italiano sicuro e di qualità. Chi scrive aveva già presentato apposito reclamo alla Commissione europea, nel 2018. Senza peraltro ricevere riscontri, più volte sollecitati.

Latte fresco italiano, la scadenza forzata

La legge 3.8.04, n. 204 ‘Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, recante disposizioni urgenti per l’etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, nonché in materia di agricoltura e pesca’ – ha stabilito  in 6 giorni  la durabilità del ‘latte fresco pastorizzato’ e del ‘latte fresco pastorizzato di alta qualità’. Tale misura non è giustificata da esigenze sanitarie né vale a garantire la qualità del latte.

Secondo le regole generali  che vigono in Europa, spetta all’operatore del settore alimentare definire sotto la propria responsabilità il termine entro il quale il prodotto può venire consumato in condizioni di sicurezza. (1) La data di scadenza (‘da consumare entro…’) – ovvero il termine minimo di conservazione (‘da consumare preferibilmente entro…’), per i prodotti che non siano rapidamente deperibili dal punto di vista microbiologico – vengono perciò stabilite da ciascun operatore a seguito di adeguata analisi del rischio e opportune prove di  shelf life.

La  disposizione italiana  in esame è dunque priva di alcun fondamento giuridico. Sia perché in contrasto con le regole generali sopra accennate, sia in quanto la legislazione europea di settore non contempla la facoltà degli Stati membri di introdurre a proprio piacimento i termini di durabilità dei prodotti lattiero-caseari. La conseguenza diretta di questa norma è lo spreco di latte italiano di qualità, realizzato in impianti moderni di pastorizzazione, la cui shelf life è superiore di almeno un paio di giorni rispetto al termine fissato per legge.

Scadenza forzata, il reclamo a Bruxelles

Il 3.5.18 la Commissione europea  ha ricevuto notifica di un reclamo, a firma dello scrivente, avverso la norma italiana che dispone la scadenza forzata del latte fresco.
Per manifesta violazione delle regole europee di cui a:

– TFUE  (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, articoli 34 e 36),

General Food Law  (reg. CE 178/02),

Food Information Regulation  (reg. UE 1169/2011).

Nell’occasione, chi scrive ha informato la Commissione circa l’omessa notifica a Bruxelles della legge 204/04, in violazione delle regole istituite con la direttiva 98/34/CE e successive modifiche (da ultimo,  dir. 2015/1535/UE). Vale a dire che anche questa legge – al pari del decreto legislativo sulla sede dello stabilimento e dei vari decreti sull’origine di pasta, riso e pomodoro – è inapplicabile.
La pubblica amministrazione e le autorità giudiziarie, secondo consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, hanno infatti il dovere di disapplicare le norme tecniche nazionali non notificate a Bruxelles.

L’analisi del reclamo  – ove si lamenta, tra l’altro, una restrizione quantitativa agli scambi nel Mercato Unico mediante norme ultronee rispetto al diritto comune in materia di etichettatura e sicurezza dei prodotti alimentari – soggiace alla responsabilità dell’unità competente per la sorveglianza del Mercato Interno, presso la Direzione Generale GROW della Commissione Europea.
L’esame del reclamo deve iniziare dopo 45 giorni dalla sua presentazione ed è quindi stato più volte sollecitato.

Il latte si spreca  mentre  a  Bruxelles  si dorme

La procedura  avviata con il reclamo a Bruxelles avrebbe dovuto prendere il via mediante l’invio di una lettera al Governo Italiano (in questo caso proprio al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali,  MiPAAFT), da parte della Commissione europea. Per una formale richiesta di chiarimenti a cui l’autorità nazionale ha dovere di rispondere un termine di 60 giorni. A esito dell’esame della questione e del dialogo con le autorità dello Stato membro, la Commissione può quindi decidere di commutare la procedura in ‘EU-pilot’.

Una procedura di pre-infrazione  nei confronti dell’Italia – con richiesta di abrogare o comunque  modificare la legge nel senso richiesto – doveva venire avviata da oltre un anno. In modo da definire la questione senza bisogno incorrere in una procedura di infrazione, la quale può anche condurre a una sanzione di rilievo. Ma a Bruxelles si dorme, mentre in Italia si continuano a sprecare cisterne e cisterne di latte fresco.

Il 2.7.19 un ulteriore sollecito  è stato spedito dallo scrivente a Mr. Hans Ingels, capo della Unit B1 – Single Market Policy, Mutual Recognition and Surveillance presso la DG GROW. Per conoscenza a Mr. Martin Selmayr, Segretario Generale della Commissione europea, e a Mr. Timo Pesonen, Vice Direttore Generale DG GROW. Buttare il cibo è peccato, insegnavano i nostri nonni che hanno visto la fame. Gettarlo perché costretti da una legge è ancor più grave, quasi quanto l’inadempienza di coloro che a Bruxelles dovrebbero vigilare la corretta applicazione delle regole e invece dormono. Vergogna!

#Égalité!

Dario Dongo

Note

(1) Fatte salve le rare ipotesi di apposite previsioni nelle normative europee verticali, cioè riferite a singole filiere o categorie di prodotti (es. uova fresche, olio extravergine d’oliva)

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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