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Fare il bagno dopo mangiato e altre cause di annegamento

Il divieto di fare il bagno dopo mangiato, per due o tre ore, è una delle proibizioni più sofferte dai bambini al mare. L’ipotetico rischio di ‘congestione’ e conseguente  annegamento  ha costretto intere generazioni a un  count down  sulla sabbia rovente in attesa del fatidico tuffo. La fondatezza di questa precauzione è peraltro dubitata dalla comunità scientifica. Nondimeno, gli annegamenti sono tuttora molto frequenti e rappresentano la prima causa di decesso tra i più giovani. L’attenzione in acqua è perciò fondamentale, e va rivolta a una serie di pericoli.

Congestione in acqua, il parere del pediatra

Il rischio di congestione  attribuito all’immersione in acqua dopo un pasto viene descritta dal  pediatra Lucio Piermarini – in un articolo su ‘Un Pediatra Per Amico’ (Uppa) –  come una leggenda priva di basi scientifiche.

Se andiamo a  cercare  sulle riviste scientifiche, da banali medici conformisti,  non troviamo nemmeno il corrispettivo del  termine ‘congestione’. Una cosa tutta italiana insomma, un po’ come “la cervicale”. Ma, direte, si dovrà pur ammettere che se uno si ‘scofana’ poi si possa sentir male. Certamente, ma intanto  chi lo fa non è quasi mai un bambino e poi, quando accade, il malessere è progressivo e dà tutto il tempo,  anche a un bambino, di comunicarlo e uscirsene dall’acqua‘.  (1)

I rischi  reali di annegamento per un malore improvviso esistono, ma sono altri. Il consumo di alcol  prima del bagno,  anzitutto. Ed è un problema che non riguarda i bambini, gli adolescenti semmai.

Il pericolo più noto  – anche ai nuotatori e tuffatori sportivi, che sono soliti fare una doccia fredda prima di iniziare la competizione – è invece l’impatto brusco  dell’acqua fredda  sul viso. ‘In questi  casi si scatena una violenta reazione nervosa riflessa che rallenta la frequenza cardiaca e abbassa la  pressione arteriosa per cui, se il tutto dura più di qualche secondo, il cervello va in blocco e si affoga anche in  pochi centimetri di acqua‘, spiega il pediatra.

Annegamento, prima causa di decesso infantile

L’annegamento  è la terza causa principale di decessi accidentali e la prima di morti infantili a livello planetario. Con un’occorrenza complessiva di circa 360.000 morti ogni anno, il 7% di tutti i decessi correlati a lesioni (dati 2015). I soggetti a maggior rischio sono i bambini con i più alti tassi di annegamento in età 1-4 anni, seguiti dalla fascia 5-9 anni. I bambini più a rischio sono quelli che vivono in prossimità di fonti d’acqua non protette – come fossati, stagni, canali d’irrigazione o piscine – nonché quelli che vengono lasciati senza la supervisione di un adulto (dati OMS). (2)

Il genere maschile  è generalmente più esposto al  rischio di  annegamento. A causa della maggiore attitudine – rilevata dalle statistiche – a comportamenti più rischiosi, come nuotare da soli o consumare alcolici prima del nuoto. Seguono le persone con un accesso ricorrente all’acqua. Ci si riferisce ai pescatori, ad esempio, ma anche agli utenti di piccole imbarcazioni nei Paesi a reddito medio-basso (Low-Middle Income Countries, LMIC). Nonché ai pendolari quotidiani su vie acquatiche. Senza dimenticare le tragedie dei migranti, spesso costretti ad affrontare acque profonde e correnti in assenza di precauzioni.

I disastri alluvionali  sono un’altra circostanza letale ricorrente. L’annegamento rappresenta il 75% dei decessi nelle catastrofi alluvionali.  Le quali ricorrono con crescente frequenza e  causano più morti nei Paesi a basso e medio reddito. Proprio quelli ove si concentra oltre il 90% degli annegamenti, in difetto di  efficaci  misure di precauzione ed evacuazione.

L’Organizzazione mondiale della sanità  (OMS  o  World Health Organization,  WHO) ha pubblicato nel 2014 lo studio ‘Global Report on Drowning‘.  Nel maggio 2017 ha poi diffuso le linee guida  ‘Preventing drowning: an implementation guide‘,  che i governi dei suoi 194 Stati membri  dovrebbero applicare per  proteggere le popolazioni dai  rischi di annegamento.

Note
(1)  https://www.uppa.it/medicina/fisiologia/bagno-mangiato-non-male/

(2)  V.  Drowning,  World Health Organization su  https://www.who.int/en/news-room/fact-sheets/detail/drowning

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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