In soli tre mesi, sono state raccolte 27.500 firme a sostegno della petizione per eliminare l’olio di palma dal latte in polvere, lanciata da Great Italian Food Trade e Il Fatto Alimentare su change.org per convincere le aziende produttrici a modificare le ricette nel rispetto della salute dei bambini. L’economico grasso tropicale, infatti, veicola sostanze cancerogene nel latte per i neonati. Ed eliminarlo si può, come dimostrano i produttori più coscienziosi.
L’appello è esplicitamente rivolto ai big dell’industria del latte in polvere: Mellin, Nutricia, Ordesa, Hipp, Humana, Milte, Nestlé, Unifarm, Sterilfarma, Nipiol, Menarini, Laboratori Alter, Plasmon e Holle. Soltanto Plasmon comincia a muoversi, creando una sua linea senza olio di palma.
Contaminanti cancerogeni nell’olio di palma
Come documentato dal parere EFSA del 3 maggio 2016, l’olio di palma veicola nel latte in polvere (e in ogni alimento in cui viene impiegato) alcuni contaminanti cancerogeni.
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare scrive: “Le sostanze cancerogene e genotossiche presenti nell’olio di palma a causa dei processi industriali di raffinazione sono effettivamente pericolose. Le quantità di questi contaminanti, nel grasso tropicale, sono superiori fino a dieci volte rispetto a quelle presenti negli altri oli vegetali”.
Un rischio grave, che le grandi industrie conoscevano almeno dal 2004, senza porvi rimedio.
L’invasione del palma nel latte per neonati
La Società Italiana di Pediatria (SIP) nel 2013 aveva documentato che su 52 latti formula solo 7 non contenevano olio di palma. Uno scenario evidente agli occhi dei consumatori solo dal dicembre 2014, quando il regolamento europeo 1169/2011 ha obbligato le aziende a specificare il tipo di olio impiegato, fino ad allora genericamente definito in etichetta “olio vegetale”. Svelando che la quasi totalità delle marche di latte in polvere impiega l’economico grasso vegetale.
Il profitto prima della salute?
Ancora oggi l’olio di palma è impiegato in quasi tutte le marche di latte in polvere.
L’industria ne giustifica l’impiego con la necessità di ottenere una composizione di grassi adeguata alle esigenze nutrizionali dei lattanti, oppure con il vantaggio di ottenere un prodotto più stabile.
Sono gli stessi, deboli argomenti proposti dai produttori di biscotti e merendine che hanno infine modificato le ricette per non perdere quote di mercato (come ha fatto Barilla con l’intera gamma dei prodotti Mulino Bianco).
Impiegare olio di palma nel latte in polvere, infatti, è una scelta dettata soltanto da ragioni di tipo economico. Una forma di risparmio per le industrie, che però rappresenta una seria minaccia per la salute dei più piccoli.
Un grasso cattivo con l’uomo e l’ambiente
Oltre ai rischi per la salute, l’olio di palma è il principale movente per le rapine delle terre (land grabbing) e le deforestazioni tuttora in corso per estendere le coltivazioni di palma da olio in Africa subsahariana, Asia e America Latina. Ed è responsabile delle emissioni di CO2 causate dagli incendi per la deforestazione che rendono irrespirabile l’aria in Malesia, Indonesia e dintorni.
L’alternativa esiste
Sostituire l’olio di palma con un altro grasso è possibile. Lo dimostrano diverse marche di latte in polvere vendute in Italia, che impiegano miscele di altri oli vegetali come l’extravergine di oliva, il girasole, il colza o il cocco.
Sono prive di olio di palma le marche Bimbosan, Coop, Sicura e Dicofarm, venduti talora a un prezzo inferiore di quelli a base di olio di palma. Un’offerta che da pochi mesi include anche una nuova linea della Plasmon.