Il regolamento UE 1169/11, c.d. Food Information Regulation, ha finalmente chiarito il regime delle responsabilità che incombono sul distributore. Per quanto attiene all’informazione al consumatore sui prodotti alimentari, oltreché alla sicurezza alimentare più generalmente intesa. Alcuni approfondimenti a seguire.
Le garanzie di salute pubblica e tutela dell’economia trovano oggi ulteriore sostegno in un gruppo di norme imperative di legge. Le quali – nell’intero corso delle filiera agroalimentare, from farm to fork – definiscono un regime inderogabile d’informazione che si applica a ogni attività di cessione degli alimenti, B2B e B2C, ivi comprese le ipotesi di somministrazione dei cibi e di gratuità delle prestazioni. (1)
L’acquirente commerciale, il consumatore e l’avventore (nel caso di pubblica ristorazione) vengono messi nella condizione di ricevere adeguate informazioni in merito alle caratteristiche degli alimenti loro offerti, prima di eseguire le relative scelte di acquisto e/o di consumo.
Responsabilità del distributore, i criteri
La distribuzione moderna – GDO, ivi compresa quella che opera tramite ecommerce -partecipa in misura sempre più significativa alla catena del valore. Il suo ruolo è di conseguenza evoluto, fino a giungere in diversi casi alla vera e propria organizzazione della filiera. Con attività di selezione dei fornitori anche intermedi, definizione dei disciplinari, sviluppo dei prodotti e delle informazioni che li accompagnano, imposizione di standard e schemi di gestione qualità, audit e certificazioni.
La responsabilità del distributore viene perciò estesa a tutto campo, anche per ciò che attiene alla garanzia di fornire notizie chiare e sostanziate sulla natura e caratteristiche delle merci che transitano nel vasto perimetro delle attività commerciali a esso riconducibili. Ed è fatto divieto a ogni distributore – fisico e online, all’ingrosso e al dettaglio – di fornire ‘alimenti di cui conosce o presume la non conformità’ alle norme europee e/o nazionali applicabili. (2)
I criteri di diligenza, prudenza e perizia che il legislatore europeo pretende dalla distribuzione moderna, si noti bene, non è quello ‘del buon padre di famiglia’. Dovendosi invece espressamente considerare il suo ruolo di professionista. Un professionista che – in ragione di quanto sopra accennato, oltreché dei dati su organizzazione e volumi d’affari – esprime oggi il più elevato livello di risorse e conoscenze. Al pari dei colossi di Big Food.
La ‘presunzione di non-conformità’ che il distributore moderno deve mantenere sotto controllo sottintende perciò una stretta vigilanza sul rispetto di ogni normativa orizzontale e verticale, europea e nazionale. (3) Ciò comporta la messa a punto, in capo a ogni piattaforma distributiva, di un sistema di prevenzione di ogni possibile irregolarità sull’informazione relativa sia ai prodotti IdM (Industria di Marca), sia a quelli MDD (Marca del Distributore, o private label).
Responsabilità del distributore, la prevenzione
La prevenzione deve venire attuata mediante procedure idonee a realizzare una efficace sinergia tra competenze qualificate negli ambiti tecnico-scientifico e di diritto alimentare. Con l’obiettivo di garantire che – al di là di ogni ragionevole dubbio scientifico e legale – gli alimenti e le informazioni che li accompagnano siano pienamente conformi alle norme in vigore. Senza trascurare le ipotesi di frode alimentare, che il distributore ha compito e responsabilità di prevenire. (4)
L’analisi del rischio da parte del distributore, in altri termini, si distingue da quella delle autorità di controllo proprio in virtù della sua funzione squisitamente preventiva, anziché puramente repressiva. Poiché la distribuzione moderna dev’essere appunto in grado di impedire che il prodotto fuorilegge venga immesso in commercio, prima che esso venga accettato nei propri magazzini. (5) È dunque necessario valutare a monte – prima del via libera all’accettazione – se le informazioni proposte su ogni singola referenza sono complete, veritiere (cioè dimostrabili) e trasparenti (vale a dire, chiare e comprensibili, non ingannevoli).
Un supporto informatico adeguato – come il sistema Immagino di GS-1 Italy (Indicod-Ecr) – è di sicuro aiuto per la gestione e la condivisione degli enormi flussi di dati e immagini relative alle centinaia di migliaia di referenze gestite dalla GDO. L’evoluzione normativa richiede peraltro una nuova attenzione alla fase più delicata del processo di caricamento dei dati, che è appunto la validazione della conformità legale delle etichette.
La stessa logica deve venire applicata ad altre categorie di prodotti di largo consumo. In particolare ai materiali a contatto con gli alimenti (MOCA) e al pet food. Le informazioni sulle modalità d’impiego di tali prodotti – nel più ampio novero dei c.d. FMCG (Fast Moving Consumer Goods) – possono infatti avere peculiare impatto sulla salute umana e degli animali.
Dario Dongo e Pier Luigi Copparoni
Note
(1) Per approfondimenti, si richiama il nostro ebook gratuito ‘1169 pene. Reg. UE 1169/11, notizie sui cibi, controlli e sanzioni’
(2) Cfr. reg. UE 1169/11, articolo 8.3
(3) Si intendono per normative orizzontali quelle applicate alla generalità dei prodotti (es. reg. UE 1169/11, Food Information Regulation; reg. CE 1924/06 e successivi, su Nutrition & Health Claims). Le normative verticali sono invece relative a singole categorie di prodotti (es. reg. UE 2015/2283, Novel Foods; reg. UE 609/2013, alimenti a fini medici speciali)
(4) Giova sottolineare la punibilità a titolo di colpa del delitto di vendita di sostanze alimentari nocive (art. 452 codice penale), come pure del reato contravvenzionale di cui alla legge 283/1962, articolo 5. Utili indicazioni sulle procedure da adottare sono disponibili su FSSC 22000 guidance document on food fraud mitigation,
(5) Si ricorda infatti che la punibilità di alcuni reati e illeciti amministrativi è anticipata alla fase della ‘detenzione per la vendita’