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Hamburger e tartare di bovino, poca carne e alcuni figli di madre ignota. 39 a confronto

Gli hamburger e le tartare di carne bovina confezionati non contengono soltanto carne, acqua e sale, ma quasi sempre anche una serie di altri ingredienti e additivi alimentari.

L’indagine di mercato di GIFT (Great Italian Food Trade) esamina le etichette di 39 prodotti a scaffale a settembre 2023. Industria di marca e private label, ovviamente incluso il discount.

Hamburger e tartare di bovino, i parametri di confronto

Le caratteristiche identificate per valutare la qualità degli hamburger e confrontare i prodotti sono:

  • quantità della carne e di altri ingredienti,
  • valore energetico (kcal), grassi saturi e sale per 100 g di prodotto,
  • origine della carne,
  • trasparenza dell’informazione al consumatore,
  • prezzo al kg e quantità di prodotto nella confezione.

Quanta carne nell’hamburger confezionato?

Non qualificati nel confronto per contenuto di carne due prodotti:

– ’L’hamburger che mancava’ de ‘La Famiglia Ambrosini’, con il 56,5% di carne.

Una precisazione. L’azienda ci ha scritto lamentando l’inserimento di questo prodotto nella comparazione, spiegando che ‘Come si evince dal nome del prodotto, la sua caratteristica peculiare è di essere un Hamburger di carne con verdure (carote e zucchine)’. E dichiarando di produrre diversi altri hamburger con percentuali elevate di carne (dall’86 al 95%). Nelle nostre indagini di mercato, tuttavia, assumiamo il punto di vista del consumatore. In questo caso, abbiamo considerato ogni prodotto definito in etichetta come ‘hamburger’. Quello selezionato è l’unico Ambrosini che abbiamo trovato a scaffale, mentre sul sito web dell’operatore per gli altri prodotti non v’è modo di conoscere elenco degli ingredienti né tabella nutrizionale.

– ‘Hamburger con vitello‘ a marchio ‘I Teneroni di Casa Modena’ che contiene appena il 41% di carne, con aggiunta tra l’altro del problematico conservante E250 (nitrito di sodio).

Le medaglie d’argento e di bronzo vanno a Esselunga, con l’hamburger bio (99% carne) e alcuni altri ove la carne esprime il 97% degli ingredienti, i quali comprendono fecola di patate e aromi e/o additivi. A seguire gli altri marchi, in un calo progressivo della quantità di carne che raggiunge il 72% dell’hamburger con speck (e nitriti) di Carrefour.

L’unico hamburger realizzato con sola carne (95%), acqua e sale – senza altri ingredienti né additivi – è il Giotto di La Granda, 100% piemontese. Non a caso una delle icone del reparto macelleria di Eataly, organizzato da La Granda stessa, purtroppo non ancora disponibile altrove se non online.confronto tra hamburger

Gli altri ingredienti

La carne viene in parte sostituita con ingredienti ‘riempitivi’ di minor valore o comunque dotati di funzioni tecnologiche:

– patate, presenti nella maggioranza dei prodotti esaminati sotto forma di amido, fecola o fiocchi (in alcuni casi con mono e digliceridi degli acidi grassi d’indefinita origine, olio di palma o grassi animali),

– fibre di vario genere (legumi, bambù, agrumi, cicoria), verdure e zuccheri vari (saccarosio, destrosio, fruttosio), barbabietola in polvere.

Formaggi (Grana Padano dop, Parmigiano Reggiano dop, Pecorino romano dop) sono aggiunti in alcuni impasti, carni suine e prodotti derivati (bacon, speck, con nitriti) in altri. Attenzione agli allergeni, non solo latte ma anche uovo nel caso del Grana, e ai grassi saturi nel caso dei salumi.

Profili nutrizionali

I profili nutrizionali meritano particolare attenzione, poiché i valori espressi nelle tabelle) sono riferiti a 100 g di prodotto mentre gli hamburger che vanno per la maggiore pesano 180 g, addirittura 250 g nelle versioni maxi. Ci si sofferma su quattro elementi distintivi:

Calorie. Il valore energetico (kcal) varia sensibilmente – da  91 a 236 kcal/100 g – in base al tipo di carne, più o meno grassa, e agli ingredienti aggiunti.

Grassi saturi. Nei 39 prodotti esaminati la percentuale di grassi saturi è molto variabile. Si va da un minimo di 0,9%, – nell’hamburger Giotto di La Granda – fino a un massimo del 9,2% nell’hamburger bio di Carrefour da 150g. Il quale ultimo così apporta 13,8g di grassi saturi, pari al 69% del consumo di riferimento giornaliero medio per un adulto. (1)

Sale. L’eccesso di sale nella dieta quotidiana è direttamente associato alla prevalenza di malattie cardiovascolari, oltre ad aumentare il rischio di contrarre numerose patologie, inclusi diabete e tumori. (2) Nel campione esaminato, l’esempio più virtuoso è ancora una volta fornito da Esselunga, con 0,35g di sale/100g nel suo maxi burger da 220 g di carne da bovino di razza piemontese e Parmigiano Reggiano. In pochi altri casi il sale è inferiore a 1 g/kg.

Proteine. La quota di proteine a sua volta varia sensibilmente, dal misero 10 di ‘L’hamburger che mancava’ (con appena il 56,5% di carne) al 22,1% del maxi burger piemontese di Esselunga.

CONFRONTO TRA HAMBURGER AL SUPERMERCATOconfronto tra gli hamburger venduti al supermercato

Additivi alimentari. I nitriti in 3 hamburger e 5 tartare

Tra gli additivi alimentari aggiunti negli hamburger, due meritano particolare attenzione:

E250, nitrito di sodio. Il consumo di questo conservante, tipicamente aggiunto nei salumi, è correlato a un maggior rischio di tumore al colon. Un recente studio scientifico (Crowe et al., 2022) pubblicato su Science of Food (partner di Nature) evidenzia come il consumo di carni lavorate con nitriti e nitrati sia un fattore scatenante per il cancro al colon-retto. (3)

I nitriti sono presenti in 3 hamburger e 5 tartare:

– Hamburger allo speck di Carrefour,

– Hamburger con vitello Teneroni di Casa Modena,

– Hamburger di scottona con bacon. Sapori & Idee Conad,

– Tartare di bovino adulto Fiorfiore Coop,

– Tartare bovino adulto di Fiorani,

– Tartare di bovino. La collina delle bontà. Eurospin,

– Tartare di chianina del Salumificio Sandri

– Tartare carni della Maremma del Salumificio Sandri,

Non si intravedono rischi, viceversa, negli altri additivi rilevati nei vari hamburger e tartare esaminati: E325 – Lattato di sodio, E262 – Acetati di sodio, E301 – Ascorbato di sodio, E300 – Acido ascorbico.

Quali razze di carne?

Bovino adulto. Età superiore ai 12 mesi. Senza altra precisazione, questo tipo di carne si trova in 12 su 39 hamburger e tartare esaminati.

Vitello. Bovino giovane, macellato prima degli 8 mesi di età, compare solo nell’hamburger di Casa Vercelli.

Scottona. Il bovino adulto femmina che non ha mai partorito è l’ingrediente principale di 8 prodotti.

Miscugli. Alcuni mescolano carni diverse. Vitello e suino nei Teneroni Casa Modena. Bovino, vitello e suino nel Big Caesar dell’Opera d’arte

Le razze bovine vengono spesso vantate nelle eleganti confezioni sottovuoto (skin pack) su cartone nero. Piemontese, Chianina, Marchigiana e Romagnola, le tre ultime raccolte sotto il disciplinare del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP. Si tratta di bovini, maschi e femmine, di età compresa tra i 12 e i 24 mesi, nati e allevati nell’area geografica indicata dal disciplinare, che va da Ravenna a Caserta. (4) Un solo esemplare di Angus, razza originaria della Scozia, allevata in tutto il mondo.

confronto hamburger del discount

 

Figli di madre ignota, il mistero dell’origine

L’indicazione dell’origine della carne non è obbligatoria per gli hamburger, in quanto ‘preparazioni di carne’. Oltre la metà delle etichette contiene riferimenti geografici su base volontaria, all’insegna di una trasparenza che tuttavia presenta aree di miglioramento. Alcuni esempi:

– la dicitura ‘hamburger italiano’ con tricolore dell’Hamburger Big Caesar di L’opera d’arte non è accompagnata da una conferma sull’identità del Paese di nascita, allevamento e macellazione,

– l’etichetta dell’hamburger di Angus, nel riferire a una razza originaria della Scozia, ma ‘esportato e allevato in tutto il mondo’, non svela da quale angolo del mondo provenga la carne utilizzata,

– il ‘bovino italiano’ citato da LIDL nell’etichetta del suo hamburger è parziale, non precisa il luogo di nascita degli animali,

– l’hamburger bio di Carrefour viene presentato come ‘da allevamenti italiani’, ma non viene precisata l’origine della carne, in etichetta qualificata con certificazione biologica UE

– il tricolore in etichetta e il claim ‘bovine da allevamenti italiani’ non svelano l’origine delle carni,

– l’hamburger di Conad composto con un mix di Vitellone bianco dell’Appennino Centrale IGP (certamente 100% italiano) e ‘adulto di chianina’ fa sospettare il ricorso anche a carni d’importazione.

Il vitellone di LIDL fuggito dalla IGP

Un caso sorprendente riguarda la carne di razza proposta da LIDL. Razza marchigiana, chianina e piemontese. Indicazione dell’origine assente, nessun chiarimento sull’eventuale appartenenza al circuito del Vitellone dell’Appennino Centrale IGP.

GIFT (Great Italian Food Trade) ha provato invano a contattare LIDL Italia per chiedere spiegazioni. Email senza risposta, segreteria telefonica all’ufficio stampa, assistenza clienti priva delle informazioni richieste.

La soluzione dell’enigma viene invece, senza mezzi termini, da Andrea Petrini, direttore Consorzio di Tutela Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP, da noi interpellato sull’etichetta della ‘carne marchigiana’ di LIDL:

Non è stata richiesta (da LIDL, ndr) alcuna autorizzazione per utilizzare la denominazione protetta e/o logo in etichetta. (…) La sola cosa che l’etichetta ci comunica è che parliamo di un hamburger di marchigiana, ma ciò non ci garantisce né della categoria dell’animale (se è carne di un bovino di 16 mesi o di 16 anni), né della sua provenienza (se nato e/o allevato in Italia o in qualsiasi altra parte del mondo), né delle caratteristiche della carne (in termini di parametri chimico-fisici)’.

Il piemontese in incognito

Un caso analogo riguarda la carne di ‘razza piemontese’, che vanta un elenco genealogico ove sono registrati tutti i capi, ma non anche una denominazione di origine protetta. Sia LIDL sia Casa Vercelli la citano in etichetta dei loro hamburger senza però precisarne l’origine.

L’ipotesi che nei casi senza indicazione di origine si tratti di una razza piemontese allevata all’estero – come per il Vitellone non IGP – non convince Guido Garnero dell’Anaborapi, l’associazione degli allevatori di questi pregiati bovini. ‘I numeri all’estero sono piccoli. C’è qualcosa in Germania, Olanda, Cecoslovacchia, Svizzera. Ma a Vercelli c’è un macello molto grande. È lì che vanno i tori del Piemonte a fine carriera’.

Per chi volesse pensare male, tuttavia, gli indizi non mancano. A partire dal silenzio assordante dei due operatori da noi interpellati. Uno, LIDL, di proprietà tedesca. L’altro, Casa Vercelli, con le due linee ‘vitello italiano 100%’ e ‘La selezione di Casa Vercelli’ ove l’origine non è specificata.

B&B Maremma

Ultimo caso poco chiaro riguarda il Salumificio Sandri che nel suo hambuger di carni della Maremma non specifica l’origine dei bovini.

Il dubbio è presto risolto. ‘Non conta il paese di nascita e allevamento. È sufficiente che l’animale stia in Maremma per 4 mesi affinché possa venire definito ‘carne di Maremma’, spiega l’ufficio qualità del salumificio.

Penuria di biologico e senza antibiotici

La nostra indagine di mercato ha evidenziato una preoccupante penuria di hamburger biologici. Soltanto Esselunga, Carrefour e NaturaSì ne offrono.

CONFRONTO TRA HAMBURGER BIO

‘Senza antibiotici‘ a partire dallo svezzamento degli animali è una garanzia offerta soltanto su alcuni prodotti Coop.

Marta Strinati

Note

(1) Food Information Regulation (EU) No 1169/11, Allegato XIII, Parte B. Consumi di riferimento di elementi energetici e di determinati elementi nutritivi diversi dalle vitamine e dai sali minerali (adulti)

(2) Marta Strinati. Le pagelle di WHO sulle politiche nazionali per ridurre il consumo di sale. GIFT (Great Italian Food Trade). 22.3.23

(3) Marta Strinati. Nitriti nelle carni lavorate e rischio di cancro al colon-retto, nuove evidenze. 4.1.23 GIFT (Great Italian Food Trade)

(4) Disciplinare Vitellone bianco dell’Appennino centrale IGP. Consorzio di tutela https://www.vitellonebianco.it/download/disciplinari/

Marta Strinati
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Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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