Blockchain, vero o falso? Alcune società di consulenza usano questo nome per presentare servizi e tecnologie ben diverse, con il rischio di esporre i loro clienti al rischio di contestazioni in sede penale e amministrativa. Meglio tenere gli occhi bene aperti.
Blockchain. Un sistema decentralizzato, distribuito e aperto
La tecnologia blockchain funziona grazie a una serie concatenata di ‘blocchi’, costituiti da transazioni convalidate e correlate tra loro attraverso ‘nodi’. I nodi sono i server mediante i quali ogni partecipante può accedere al sistema per controllare e approvare le transazioni.
Bitcoin è il più celebre esempio di blockchain. Essa si fonda su un sistema crittografico, distribuito e decentralizzato, che funziona come un registro pubblico ove vengono annotate le transazioni della cripto-valuta. Questa tecnologia rappresenta un sistema aperto, decentralizzato e distribuito. Infatti:
– chiunque sia in possesso di una chiave crittografica per accedere al blocco può verificare tutte le informazioni presenti nella catena e distribuite in copie uguali tra tutti i partecipanti al sistema,
– tutti i gli utenti che partecipano alle transazioni contribuiscono alla gestione del sistema e la mancanza di barriere all’ingresso garantisce la trasparenza della struttura digitale. Il sistema non può venire controllato da un unico soggetto, come invece accade nelle (pseudo-)blockchain private,
– la trasparenza del sistema non concede spazio alla riservatezza delle informazioni che vengono infatti condivise dai partecipanti,
– la fiducia è insita nella tecnologia adottata, proprio in quanto i partecipanti hanno accesso diretto al sistema e possono controllare in ogni momento la veridicità delle informazioni contenute nel blocco,
– l’incorruttibilità del sistema, anche in applicazioni diverse dalla cripto-valuta (es. tracciabilità di filiere, processi e prodotti, alimentari e non), è garantita dalla notarizzazione digitale,
– la notarizzazione digitale attribuisce un’impronta digitale univoca (hash value) ai singoli dati inseriti da ogni partecipante nel registro pubblico,
– l’immutabilità deriva dalla notarizzazione digitale. Ogni qualvolta si provi a modificare un dato (anche a causa di errore involontario) l’hash value muta di conseguenza. Gli utenti possono così verificare se il nuovo hash value derivi da una manomissione volontaria.
Tali proprietà sono esclusive e distinguono la blockchain – che è appunto pubblica – rispetto a sistemi che vengono talora presentati con lo stesso nome, pur avendo caratteristiche e funzionalità differenti (v. paragrafo successivo).
Blockchain… privata?
La c.d. ‘blockchain privata’ – al contrario della vera blockchain – è una tecnologia centralizzata, chiusa, non distribuita. Proprio in quanto ‘privata’, essa presenta una barriera all’ingresso. È accessibile cioè a un numero ristretto di utenti. Ed è così limitato il numero di nodi, i quali non possono moltiplicarsi illimitatamente come invece avviene nel sistema autentico (v. paragrafo precedente).
La garanzia della certezza dei dati caricati è assegnata a una cerchia di utenti che controllano e validano le informazioni contenute in ciascun blocco. La fiducia non è insita nel sistema, bensì affidata a chi controlla il registro e a chi lo certifica. Le caratteristiche e le funzionalità di questo sistema sono quindi radicalmente diverse. In ragione di ciò, è utile annotare quanto segue:
– il sistema chiuso e centralizzato può risultare utile a imprese o gruppi d’impresa che intendano condividere su un registro digitale interno dati e informazioni facilmente accessibili per i propri operatori,
– la presentazione di tale sistema nei confronti di soggetti esterni (es. operatori economici, consumatori, autorità) non può riferire al concetto di blockchain, poiché appunto si tratta di una tecnologia diversa.
Riflessi giuridici
Proporre come ‘garantito’ o ‘certificato blockchain’ un prodotto la cui tracciabilità sia stata invece registrata con una tecnologia che non corrisponda ai requisiti distintivi di tale sistema può integrare il delitto di frode in commercio, punito ai sensi dell’articolo 515 del codice penale con la reclusione fino a 3 anni e una sanzione amministrativa non inferiore a 103€. Oltreché comportare la responsabilità amministrativa dell’ente nel cui interesse il soggetto abbia operato (ai sensi del d.lgs. 231/01).
La frode in commercio consiste infatti nella consegna, vendita o la detenzione per vendita di una cosa mobile diversa da quella regolarmente pattuita per genere, origine, provenienza, qualità o quantità. Il delitto si perfeziona anche in assenza di artifici o raggiri e non è necessario che la condotta fraudolenta si sostanzi in una lesione al patrimonio del consumatore, ma è sufficiente che il bene giuridico protetto – la corrispondenza tra quanto promesso e quanto effettivamente offerto – sia stato minacciato. (1)
‘Ai fini del perfezionamento del reato di frode in commercio è sufficiente il difetto di informazione ai consumatori in merito al prodotto che gli stessi intendono acquistare’. (2)
Si aggiungono le violazioni specifiche del ‘Food Information Regulation’, in ambito alimentare, e quelle del Codice del Consumo per altre categorie di prodotti. (3) L’acquirente, deve sempre ricevere notizie veritiere, chiare e comprensibili sulle caratteristiche essenziali dei prodotti, ma anche su quelle che vengano reclamate. Soprattutto nell’ipotesi in cui si trovi a scegliere tra prodotti in apparenza simili e non facili da distinguere se non in base alle ‘promesse’.
Dario Dongo e Melissa Bozzolini
Note
1) Cfr. Cass. Pen., Sez. III, 16.7.15 n. 4027
2) V. Cass. Pen, Sez. IIII, n. 899/ 15, Cass. Pen. Sez. III, n. 5474/2013
(3) V. reg. UE 1169/11, articoli 7 e 36. Per le sanzioni si veda l’ebook gratuito ‘1169 pene. Reg. UE 1169/11, notizie sui cibi, controlli e sanzioni’, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/libri/1169-pene-e-book-gratuito-su-delitti-e-sanzioni-nel-food