Tra le molte app che affollano i nostri smartphone, ce ne è una da non perdere. È #ShareTheMeal, l’applicazione promossa dal World Food Programme (WFP), l’agenzia ONU istituita nel 1962 per mitigare la fame nel mondo, attiva in 83 Paesi. Installata sul telefono, la app permette di donare in un attimo pochi ma preziosi spiccioli. L’ideale per chi desideri aiutare i bambini che soffrono la denutrizione, soprattutto nelle zone afflitte da guerre e altre calamità.
0,40 euro per un giorno di cibo
40 centesimi di euro, meno della metà del costo di un caffè, bastano a sfamare per un giorno intero un bambino malnutrito. Questa piccola preziosa somma può venire erogata quando si vuole, senza impegni a lungo termine, attraverso la app.
Il trasferimento della donazione ai destinatari avviene con modalità adatte alle circostanze. Spiega il WFP, gli aiuti supportano varie operazioni, spaziando dai programmi per la costruzione della resilienza e l’assistenza alimentare, al fornire assistenza alimentare nelle emergenze. Il sostegno alimentare viene erogato con tre modalità:
– mediante buoni o contanti, quando il cibo è disponibile sul mercato ma i poveri non possono acquistarlo. È il caso dei siriani sfollati in Libano, ai quali vengono consegnate carte elettroniche per acquistare alimenti freschi (es. carne, verdure, latticini) nei negozi locali. Con un impatto favorevole anche sull’economia locale,
– attraverso razioni alimentari che contengono riso, frumento integrale, pasta, lenticchie, cibo in scatola, zucchero, sale, olio da cucina e farina di grano. Nelle situazioni di emergenza, ai bambini vengono anche forniti alimenti ad alto potere nutritivo come i biscotti fortificati o altri alimenti che non richiedono cottura,
– mediante pasti scolastici. Nei contesti più stabili, ai bambini che frequentano la scuola viene servita la colazione, il pranzo (o entrambi i pasti), a volte, anche le razioni da portare a casa. Per molti bambini si tratta del solo pasto, o il più nutriente, nell’arco dell’intera giornata.
L’idea di fondo di ShareTheMeal è che basta in realtà pochissimo per sfamare un bambino (il quale altrimenti non avrebbe abbastanza da mangiare) per un giorno intero.
I progetti in corso
I progetti di aiuto vengono indicati nella app, come pure sul sito web. Dal lancio nel 2015, grazie alle donazioni ricevute tramite ShareTheMeal sono stati forniti aiuti in varie e gravi situazioni di crisi, tra cui in Yemen, Siria e Nigeria.
Attualmente sono in corso iniziative di sostegno mirate a favore dei bambini che vivono in Sahel centrale, Madagascar, Nepal, Giordania. In parallelo, prosegue la raccolta ‘Nutri i bambini di tutto il mondo‘, la cui ripartizione è gestita dal WFP. Precisando che oltre il 90% delle donazioni ricevute sono effettivamente impiegate negli aiuti.
‘A Tavola’ con una famiglia
Oltre alla donazione di 0,40 centesimi, la app consente di scegliere altre opzioni. Si può moltiplicare l’importo di base per sfamare un bambino per un’intera settimana o un mese. Oppure impostare una donazione fissa mensile.
’A Tavola’ è l’opzione che combina la donazione mensile a una precisa famiglia destinataria. Come nelle adozioni a distanza, i donatori ricevono informazioni sulla destinazione del loro aiuto.
815 milioni di persone nel mondo, oggi, sono sottonutrite. Significa che una persona su nove non ha cibo a sufficienza per condurre una vita sana e attiva. Fame e malnutrizione sono il rischio numero uno alla salute nel mondo, più dell’AIDS, della malaria e della tubercolosi messe insieme.
La buona notizia è che la fame si può sconfiggere. Bastano € 0,40 per sfamare 1 bambino per 1 giorno intero.
Una app molto social
Lanciata nel 2015, ShareTheMeal è stata realizzata da Sebastian Stricker e Bernhard Kowatsch durante un anno sabbatico a Berlino. Si scarica dall’app store e permette di donare con carta di credito o PayPal.
I donatori sono molto presenti sui social media. Facebook, twitter e instagram pullulano di foto di pietanze, postate con l’hastag #ShareTheMeal e combinate a una donazione di 40 cent.

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".