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Big Alcohol e un secolo di scienza a suo servizio

Big Alcohol – il club dei colossi globali delle bevande alcoliche – emerge quale grande mecenate della ricerca medica scientifica nell’ultimo secolo, in uno studio dell’università di York (UK) pubblicato il 17.9.20 sullo European Journal of Public Health. (1)

Cent’anni di conflitti d’interessi

I ricercatori britannici hanno analizzato tutti i lavori scientifici sulle bevande alcoliche pubblicati nell’ultimo secolo, tra il 1918 e il 2019. Grazie agli archivi di Web of Science, una piattaforma di indicizzazione di citazioni scientifiche.

Una correlazione diretta con l’industria degli alcolici e le organizzazioni di settore è stata identificata in 13.481 lavori. Pubblicazioni scientifiche nel 90% dei casi, atti di convegni e altri scritti nel restante 10%. Fiumi di alcol, denari e conflitti d’interessi.

Chi paga la scienza

Il supporto finanziario di Big Alcohol alla scienza si è intensificato nel corso dei decenni. Nella gran parte dei casi – 11.014, pari all’82% – i lavori sono stati progettati o finanziati dalle imprese di alcolici. In larga parte dalla Carlsberg, uno dei colossi globali della birra al mondo. Negli altri casi figurano invece gli intermediari di Big Alcohol, come le rappresentanze di settore e associazioni a loro servizio.

L’analisi, si noti bene, considera soltanto i conflitti d’interesse ufficialmente dichiarati dai ricercatori. Senza indagare – come è stato fatto nel caso di Big Food – sui numerosi casi di omertà in merito alle relazioni esistenti tra le Corporation, le università e i firmatari dei lavori.

L’influenza delle Corporation sulla ricerca

L’influenza delle Corporation sulla ricerca scientifica è stata documentata in parecchie occasioni. Le più eclatanti riguardano le Corporation del tabacco e degli agrotossici, come si è visto. Senza dimenticare Big Pharma, le cui comunicazioni deviate sull’esito delle sperimentazioni sui farmaci hanno condotto a varie iniziative della società civile, come le campagne Alltrials.netEU Trials Tracker.

Il conflitto di interessi dell’industria alimentare è meno documentato, sebbene gli esempi non manchino. Uno studio pubblicato su PloS One, tra gli altri, ha evidenziato i condizionamenti emersi nella revisione di studi circa gli effetti sul peso corporeo delle bevande zuccherate artificialmente.

‘Le revisioni eseguite da autori con un conflitto di interessi con l’industria alimentare avevano maggiori probabilità di avere conclusioni favorevoli (18/22) rispetto alle revisioni eseguite da autori senza conflitti di interesse (1/9). In particolare, le uniche revisioni eseguite da autori con conflitti di interesse che hanno riportato conclusioni sfavorevoli sono state tutte finanziate da industrie concorrenti (4/4)’. (2)

Gli obiettivi strategici di Big Alcohol

Gli obiettivi strategici di Big Alcohol, ben evidenziati nello studio dell’università di York, sono essenzialmente due. Diffondere il falso teorema secondo cui il consumo moderato di alcol possa avere effetti benefici sulla salute e allontanare ogni correlazione tra alcol ed eventi negativi (es. violenza, malattie, incidenti). In modo da favorire i consumi e scongiurare politiche restrittive (es. limiti e divieti, tasse). Ubriacare la scienza serve proprio a ciò. E non è un caso che gli studi a favore di Big Alcohol siano quasi sempre smentiti da quelli di ricercatori non indipendenti. Un paio di esempi:

– vari studi osservazionali hanno associato il consumo moderato di alcol alla riduzione del rischio di oltre venti malattie e problemi di salute. Mentre ‘l’evidenza degli effetti nocivi dell’alcol è indubbiamente più forte dell’evidenza degli effetti benefici’. (3)

– un rapporto di un antropologo finanziato da un produttore di alcol neozelandese (Lion Pty Limited) è giunto a escludere correlazioni tra il consumo di alcol e comportamenti antisociali e violenti nella vita notturna in Australia e Nuova Zelanda. Salvo venire platealmente smentito, sulla base di dati e argomenti scientifici, in una successiva analisi pubblicata su Addiction. (4)

Gran Bretagna, la complicità degli enti di beneficenza

Il sospetto di interferenze dell’industria degli alcolici per influenzare le politiche nazionali di salute pubblica ha travolto persino le organizzazioni caritatevoli britanniche.

Una ricerca ha dimostrato che 5 enti di beneficenza attivi nella definizione della politica britannica sull’alcol sono finanziati proprio dai produttori di alcolici:

– tre organizzazioni (Drinkaware, The Robertson Trust e British Institute of Innkeeping) sono quasi interamente finanziate dall’industria degli alcolici o da soggetti che vi lavorano e sono coinvolti nell’organizzazione delle attività,

– altri due enti (Addaction e Mentor UK) sono sovvenzionati sia dall’industria degli alcolici, sia dal settore pubblico. (5)

Stati Uniti, lo scandalo del 2018

Lo scandalo più recente risale a maggio 2018, negli Stati Uniti. Dopo appena tre mesi dall’avvio dei lavori il National Institutes of Health (NIH), l’agenzia di ricerca del ministero della Salute USA, ha annullato la prima sperimentazione clinica mondiale sul nesso tra consumo moderato di alcol e salute cardiovascolare (Moderate Alcohol and Cardiovascular Health, MACH).

Il progetto, dal costo record di 100 milioni di dollari (!), era stato finanziato per 2/3 da 5 produttori di alcolici (Anheuser-Busch InBev, Carlsberg, Diageo, Heineken e Pernod Ricard). Ma grazie a una fuga di notizie è emerso un pactum sceleris tra ricercatori e industriali. I primi, proni a promettere conclusioni favorevoli al business pur di ricevere i finanziamenti. I secondi già con le redini in mano a disegnare il modello dello studio per trarne vantaggio, come spiegano due ricercatori nella ricostruzione dei fatti. (6)

Quando sospettare

Il condizionamento della ricerca da parte delle Corporation non segue sempre percorsi lineari ed evidenti. Può esprimersi mediante la conduzione di programmi di ricerca, manipolando il design, i metodi e la conduzione dello studio, pubblicando selettivamente i risultati o influenzandone l’interpretazione.

Per individuare il coinvolgimento dell’industria, laddove non dichiarato, un documento della ricercatrice Lisa Bero dell’Università di Sidney fornisce alcuni utili suggerimenti. (7)

1) L’iniziativa nasce da una società di comunicazione o di pubbliche relazioni

Le aziende di comunicazione hanno condotto molte campagne per diffondere messaggi del settore. Qualche esempio:

– è necessaria una maggiore ricerca sui prodotti farmaceutici per soddisfare bisogni insoddisfatti. Una medicalizzazione della vita utile solo ai conti dell’industria farmaceutica,

– i farmaci più recenti sono più vantaggiosi di quelli vecchi. Affermazione espressa anche nel film ‘Il venditore di medicine‘. Imperdibile per comprendere certe dinamiche e disponibile gratuitamente sul sito di RaiPlay.

– lo zucchero è una parte importante della dieta. Torna alla memoria la martellante campagna pubblicitaria di metà anni 80 dal ritornello ‘la dieta equilibrata ha bisogno di zucchero…‘, uno stile ormai desueto, sanzionabile, sostituito da tecniche di condizionamento delle masse più subdole, specie sui social network. En passant, torna utile ricordare che l’apporto calorico degli zuccheri non dovrebbe superare il 10% delle calorie quotidiane (tenendo piuttosto a dimezzarlo), come spiegato su questo sito da Andrea Ghiselli, ricercatore del CreaNut.

2) L’iniziativa si propone di essere uno sforzo ‘dal basso’

Le iniziative dal basso, promosse dalla società civile e dai ConsumAttori, sono uno strumento potente contro le lobby. Ma proprio queste ultime possono strumentalizzarle. Lo studio cita quale esempio le aziende farmaceutiche che sponsorizzano gruppi di pazienti per fare pressioni per l’approvazione e / o il rimborso dei farmaci.

3) Mancano informazioni sul finanziamento dell’iniziativa o sul finanziamento dei partecipanti alle riunioni

Le sponsorizzazioni dell’industria e le affiliazioni degli autori dichiarate pubblicamente potrebbero essere solo la punta dell’iceberg. ‘L’entità dei legami finanziari non divulgati è difficile da stimare, ma recenti confronti di documenti interni del settore o database di trasparenza con dichiarazioni di divulgazione mostrano che una varietà di settori fornisce sostegno finanziario non divulgato a scienziati coinvolti in metodi di critica o ricerca‘.

4) L’iniziativa richiama i nomi di ‘leader di pensiero’ e influencer

Il ricorso agli influencer è ormai una tecnica diffusa nella promozione pubblicitaria. Lo stesso succede negli ambienti accademici, dove le industrie ricorrono a figure note per promuovere le posizioni utili al business.

‘Ad esempio, le aziende farmaceutiche hanno identificato “motori e agitatori” e “influenti chiave” tra i medici dei principali centri medici accademici al fine di comunicare messaggi che promuovono la prescrizione di farmaci per indicazioni non approvate’, spiega la ricercatrice australiana.

Note

(1) Su Golder, Jack Garry, Jim McCambridge (2020). Declared funding and authorship by alcohol industry actors in the scientific literature: a bibliometric study, European Journal of Public Health, ckaa172, https://doi.org/10.1093/eurpub/ckaa172

(2) Mandrioli D, Kearns CE, Bero LA (2016). Relationship between Research Outcomes and Risk of Bias, Study Sponsorship, and Author Financial Conflicts of Interest in Reviews of the Effects of Artificially Sweetened Beverages on Weight Outcomes: A Systematic Review of Reviews. PLoS One. 2016 Sep 8;11(9):e0162198. doi: 10.1371/journal.pone.0162198. Erratum in: PLoS One. 2020 Mar 10;15(3):e0230469. PMID: 27606602; PMCID: PMC5015869

(3) Fekjaer HO (2013). Alcohol-a universal preventive agent? A critical analysis. Addiction. 2013 Dec;108(12):2051-7. doi: 10.1111/add.12104. Epub 2013 Mar 1. PMID: 23297738

(4) Jackson N, Kypri K (2016). A critique of Fox’s industry-funded report into the drivers of anti-social behaviour in the night-time economies of Australia and New Zealand. Addiction. 2016 Mar;111(3):552-7. doi: 10.1111/add.13149. Epub 2016 Jan 12. PMID: 26860249

(5) Lyness SM, McCambridge J (2014). The alcohol industry, charities and policy influence in the UK. Eur J Public Health. 2014 Aug;24(4):557-61. doi: 10.1093/eurpub/cku076. Epub 2014 Jun 9. PMID: 24913316; PMCID: PMC4110957

(6) Mitchell, G., Lesch, M., & McCambridge, J. (2020). Alcohol Industry Involvement in the Moderate Alcohol and Cardiovascular Health Trial. American journal of public health, 110(4), 485–488. https://doi.org/10.2105/AJPH.2019.305508

(7) Bero L (2019). Ten tips for spotting industry involvement in science policy. Tob Control. 2019 Jan;28(1):1-2. doi: 10.1136/tobaccocontrol-2018-054386. Epub 2018 Jun 25. PMID: 29941543.

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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