Cheese sounding, Meat sounding? La Corte di Giustizia UE ha drasticamente escluso il primo, la Commissione europea si ostina a ignorare il secondo. Rimane incerta la linea della legalità, che pur merita alcune considerazioni.
Cheese Sounding
La Corte di Giustizia UE, con sentenza 14 giugno 2017, (1) ha chiarito che le etichette di alimenti a base vegetale non possono riportare i nomi di prodotti lattiero-caseari.
La logica è semplice, evitare la confusione tra latte e bevande a base di soia o riso, avena o altri cereali. Evitare altresì l’equivoco tra un formaggio e un preparato vegetale a base di tofu. Sulla base di un regolamento europeo che riserva ai soli prodotti lattiero-caseari la possibilità d’impiego dei relativi nomi. (2)
Meat sounding
La stessa logica dovrebbe impedire il richiamo ai nomi delle carni delle diverse specie animali – nonché ai rispettivi tagli, alle preparazioni a base di carne e alle carni trasformate – su alimenti di origine vegetale. Ma la situazione non è del tutto identica a quella del Cheese sounding.
I nomi dei prodotti a base di carne non sono incardinati in appositi regolamenti che ne delimitino l’utilizzo. Il Parlamento europeo – per voce dell’On.le Paolo De Castro, già Ministro italiano per l’Agricoltura – ha ripetutamente sollecitato la Commissione europea a colmare tale vuoto legislativo.
L’incerta linea della legalità
L’informazione al consumatore sui prodotti alimentari deve essere chiara e inequivoca. La Corte di Giustizia, nel caso del Cheese sounding, ha perciò statuito l’illegittimità d’impiego di nomi evocativi dei latticini, se pure accompagnati da termini come ‘vegetale’ o ‘vegano’.
Il regolamento UE 1169/11 ha l’obiettivo primario di garantire al consumatore, mediante informazioni obbligatorie, la possibilità di identificare gli alimenti. In vista del loro ‘uso adeguato‘ e di ‘scelte adatte alle esigenze dietetiche individuali‘. (3)
L’identificazione del prodotto con una locuzione intrinsecamente contraddittoria (es. spezzatino vegetariano), sul fronte etichetta, non risulta affatto compatibile con i criteri generali di cui sopra.
Bisogna perciò riconsiderare l’impiego di nomi di (scarsa) fantasia in quanto privi di significato per il consumatore, il quale ha piuttosto bisogno di notizie ben più essenziali. Per capire quale alimento vegetariano o vegano gli venga effettivamente proposto.
Evitando se possibile di guardare alla vicenda con superficialità, come se si trattasse di un derby tra onnivori ed erbivori, ciascuno coi suoi tifosi tra giornalismo e politica. Poiché etichette trasparenti servono davvero a tutti.
Dario Dongo
Note
(1) Causa C-422-2016
(2) Reg. UE 1308/13, c.d. OCM (Organizzazione Comune dei Mercati)
(3) Vedasi reg. UE 1169/11, considerando 12, articoli 3-4

Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.