L’Italia è il primo Paese a distinguersi per la progressiva eliminazione del palma tra gli ingredienti alimentari. Era il secondo importatore in Europa, fino a pochi anni or sono, ma la realtà è ora cambiata. Vediamo perché, come e con quali reazioni.
Chi scrive ha per primo denunciato il vizioso legame tra l’estensione delle coltivazioni di palma da olio, la rapina delle terre (c.d. ‘land grabbing’) e le deforestazioni, sul Fatto Alimentare, a partire dal 2010. Nel 2014 il nostro sito Great Italian Food Trade, assieme al Fatto Alimentare, ha lanciato la prima petizione volta a escludere l’impiego di questo grasso tropicale nelle produzioni alimentari. Raccogliendo oltre 176mila firme, e soprattutto una diffusa sensibilizzazione dei consumatori italiani che hanno iniziato a privilegiare gli alimenti ‘palm-free’.
La valutazione scientifica del 3 maggio 2016 dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha poi messo in luce i pericoli associati alla presenza – nel palma raffinato a uso industriale, in quantità 6-10 volte superiore rispetto ad altri oli vegetali – di contaminanti di processo (GE, 2,3 MCPD) genotossici e cancerogeni. In aggiunta ai rischi già noti, che derivano dagli apporti di grassi saturi e acido palmitico.
Su questo sito abbiamo altresì pubblicato i c.d. ‘Palma-leaks’, ove si dimostra come ‘Big Food’ fosse a conoscenza dei pericoli per la salute pubblica legati ai predetti contaminanti. Denunciando altresì la colpevole inerzia – che tuttora si protrae – nella invece doverosa gestione del rischio di sicurezza alimentare, da parte della Commissione europea e degli Stati membri.
I consumAttori italiani hanno assunto una decisione chiara, Stop Olio di Palma!, e la filiera ha saputo rispondere con prontezza. Passerà alla storia la decisione di Coop Italia, primo ‘retailer’ del Paese, che in pochi giorni dalla pubblicazione del parere EFSA ha eliminato il palma da tutte le referenze a suo marchio che lo contenevano, oltre 200. Prima e dopo, la quasi totalità delle imprese e industrie di produzione, da ultimo anche Barilla che con il BuonGrano ha pure ridotto i grassi di oltre il 40%.
La ‘lobby’ dei facinorosi fautori del palma pare dunque essersi dissolta in un bicchier d’acqua, anzi d’olio di girasole. I colossi malesi denunciano il tradimento di chi vanta il ‘senza olio di palma’, in barba agli impegni assunti in sede RSPO. Il ‘palmares’ dell’ostinazione resta in capo a Mondelez (Kraft), Unilever e Ferrero in prima linea, Nestlé, Mars, Danone e altri dietro le quinte. Frattanto in Italia, la petizione ‘Ferrero Ripensaci’ miete nuovi consensi.
Il vero ‘Made in Italy’ si riafferma dunque ‘senza olio di palma’, come da miglior tradizione e nel rispetto dei valori delle comunità locali, l’ambiente, i consumatori.
Dario Dongo

Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.