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Sale in eccesso, malattie croniche e mortalità prematura

L’eccesso di sale è causa primaria di malattie croniche e mortalità prematura. Malattie cardiovascolari e cerebrali, diabete e tumori al cui cospetto lo stesso Covid 19, come si è visto, è stato indicato come una causa secondaria delle centinaia di migliaia di decessi finora registrati (362.776 il 29.5.20, ore 15. Fonte Worldometer).

Eccesso di sodio/sale e malattie, emergenza di sanità pubblica

La consapevolezza dei gravi danni alla salute causati dall’apporto eccessivo di sodio (di cui il sale, cloruro di sodio, è primaria fonte) è tuttora molto scarsa. I consumi medi, in Europa, rimangono doppi rispetto alla soglia di sicurezza raccomandata da WHO (World Health Organization, o OMS), pari a 5 grammi di sale al giorno. Nonostante gli sforzi di educazione pubblica condotti a livello globale ed europeo e in Italia dal ministero della Salute.

ISS (Istituto Superiore di Sanità), con il ‘Progetto Cuore’, informa ed educa i cittadini italiani a prevenire le patologie cardiovascolari e cerebrali mediante una drastica riduzione degli apporti di sodio nella dieta. (1) Un impegno lodevole e necessario, ma non sufficiente. Considerato che:

– le dichiarazioni nutrizionali sulle etichette dei prodotti alimentari non bastano ad avvisare i consumatori con efficacia rispetto al tenore di sale/sodio nei vari alimenti,

– i prodotti alimentari a scaffale presentano tuttora livelli di sodio incompatibili con le esigenze di salute pubblica, salve rare eccezioni. Livelli critici anche su prodotti vegetariani, vegani e senza glutine, talora ammantati di un’aura di salubrità. Oltreché, più in generale, su cibi pronti e finger food.

Nutriscore – il sistema di etichettatura nutrizionale colorata, sul fronte etichetta – potrà aiutare a mitigare il problema. Se applicato sulle etichette di tutti gli alimenti, come richiesto a gran voce dai cittadini europei. Offrendo ai produttori lo stimolo a riformulare gli alimenti, ai consumatori la facilità di scegliere alimenti più salubri.

Homo sapiens, evoluzione e involuzione

Dall’alba dei tempi, gli antenati dell’Homo sapiens sono stati abituati a consumare alimenti di origine vegetale, carni e pesci, senza aggiungere sale. (2) Ciò comportava un elevato intake di potassio, in relazione 5:1 con il sodio (pure naturalmente contenuto nei cibi non processati). Dalla paleo-diet originale alla dieta moderna, il rapporto potassio-sodio si è invece invertito in 1:5. (3)

Dal punto di vista evoluzionistico, l’organismo umano è stato dunque ‘programmato’, nel corso di milioni di anni, per trattenere il sodio e metabolizzare grandi quantità di potassio. L’introduzione, negli ultimi decenni, di alimenti ultraprocessati a elevato tenore di sodio ha quindi portato a una condizione di grave stress per l’organismo. (4)

In pochi decenni i consumi medi di sale sono passati da 1-1,5 grammi al giorno fino a valori massimi di 8-12 grammi, con picchi di oltre 6 grammi per i bambini e dosi in aumento con il progredire dell’età. (5) La loro drastica riduzione è perciò indispensabile, sulla base di consolidata letteratura scientifica che evidenzia i pericoli associati a questo squilibrio. (6,7)


Fig. 1. Ridurre il sale, le raccomandazioni di ISS (Istituto Superiore di Sanità)

Sale e salute, relazione inversa

I principali rischi associati al consumo eccessivo di sale attengono a ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari e renali, tumore allo stomaco. (8) STRIVE (SalT Reduction InterVEntion) – uno studio clinico randomizzato in doppio cieco contro placebo, condotto a Copenhagen nel 2018 su adulti e bambini – ha dimostrato come un intervento di diminuzione progressiva del sale nella dieta possa condurre, in soli quattro mesi, a risultati sorprendenti. Riducendo i principali fattori di rischio cardiovascolare, ma anche le preferenze di sapidità degli alimenti. (9) Eureka!

Una rassegna scientifica delle ricerche pubblicate fino all’1.7.16 dimostra a sua volta la straordinaria efficacia, in termini di costi/benefici, delle politiche nazionali che seguano un approccio integrato. Riduzione o sostituzione del sale negli alimenti trasformati, tasse, etichettatura, campagne di sensibilizzazione anche attraverso la medicina di base sul territorio. (10) Limitandosi tra l’altro a considerare la pericolosità del sale in eccesso per l’apparato cardiovascolare.

L’insorgenza del diabete – altra malattia epidemica con prevalenza in spiccata crescita – è a sua volta associata all’eccesso di sale. E così diverse malattie cognitive, come l’Alzheimer. Recenti studi mostrano infatti come il sale, aumentando l’iperintensità della sostanza bianca del cervello, incida sull’insorgenza di malattie nei piccoli vasi cerebrali e l’estensione delle lesioni. Altri effetti negativi riguardano l’insorgenza di osteoporosi. (11)


Fig. 2. Effetti avversi associati al consumo eccessivo di sale (Kotchen et al., 2013)

Sale e salute, sinergie carenti

Industria, distribuzione e ristorazione collettiva hanno la responsabilità sociale di contribuire alla salute pubblica riducendo in misura ma drastica il sale/sodio dagli alimenti. L’efficacia dell’intervento è legata alla sua progressione ma soprattutto all’applicazione sistemica da parte di tutti gli operatori sul territorio. (12)

Informazione adeguata in etichetta ed educazione pubblica sono altrettanto indispensabili. Il consumatore non è ancora in grado di associare le notizie in etichetta alle soglie di sicurezza da tenere a bada, né è consapevole degli effetti negativi del sale in eccesso sulla salute. Al di là della sola ipertensione. (13)


Fig. 3. Possibili interventi sinergici sulla riduzione del consumo di sale 
(Ekmekcioglu et al., 2013)

Lo Stato e le Regioni, anche in Italia, devono rafforzare la comunicazione e gli interventi. Per imprimere una svolta nelle abitudini alimentari, con impatto significativo su malattie croniche invalidanti mortalità prematura. Il consumatore ben informato ridurrebbe le dosi di sale impiegate, se fosse cosciente degli effetti avversi sulla salute. Ma a tuttt’oggi il consumo di sale è associato al sapore dei cibi e non alla salute. (14)

I consumatori e le associazioni che ambiscono a rappresentarli hanno a loro volta un ruolo. Cambiare le abitudini e ridurre gli apporti di sodio è anche una responsabilità dell’individuo nei confronti dei propri cari, oltreché di se stesso. (15) Ed è essenziale offrire ai più piccoli un buon esempio, affinché possano liberarsi da malattie la cui ricorrenza in famiglia non deriva dai geni ma da diete e stili di vita insalubri. (16, 17)

Dario Dongo e Andrea Adelmo Della Penna

Note

(1) ISS. Progetto Cuore, http://www.cuore.iss.it/

(2) Roberts. (2001). High salt intake, its origins, its economic impact, and its effect on blood pressure. Am. J. Cardiol. 88:1338-1346, doi: 10.1016/s0002-9149(01)02105-1

(3) Adrogue et al. (2007). Sodium and potassium in the pathogenesis of hypertension. N. Engl. J. Med. 356:1966-1978, doi: 10.1056/NEJMra064486

(4) Halperin et al. (2006). Control of potassium excretion: a paleolithic perspective. Curr. Opin. Nephrol. Hypertens. 15:430-436, doi: 10.1097/01.mnh.0000232884.73518.9c

(5) Brown et al. (2009). Salt intakes around the world: implications for public health. Int. J. Epidemiol. 38:791-813, doi: 10.1093/ije/dyp139

(6) ISS (2009). Ridurre sale e sodio: tutti possono riuscirci… ma perché, e come? http://www.cuore.iss.it/prevenzione/pdf/sale_broch4pag.pdf

(7) FAO (2003). Diet, nutrition and the prevention of chronic diseases. WHO Technical Report Series 916, http://www.fao.org/3/AC911E/AC911E00.htm#Contents

(8) Neal (2014). Dietary salt is a public health hazard that requires vigorous attack. Canadian Journal of Cardiology 30:502-506, http://dx.doi.org/10.1016/j.cjca.2014.02.005

(9) Bjoernsbo et al. (2019). Salt reduction in families investigating metabolic, behavioral and health effects of targeted intake reductions: study protocol for a four months three-armed, randomized, controlled “Real-Life” trial. International Journal of Environmental Research and Public Health 16:3532, doi:10.3390/ijerph16193532

(10) Schorling E, Niebuhr D, Kroke A. (2017). Cost-effectiveness of salt reduction to prevent hypertension and CVD: a systematic review. Public Health Nutr. 2017;20(11):1993‐2003. doi:10.1017/S1368980017000593

(11) Kendig et al. (2019). Reviewing the effects of dietary salt on cognition: mechanisms and future directions. Asia Pac. J. Clin. Nutr. 28(1):6-14, doi: 10.6133/apjcn.201903_28(1).0002

(12) Ekmekcioglu et al. (2013). Too much salt and how we can get rid of it. Forsch Komplementmed 20:454-460, doi: 10.1159/000357413

(13) Grimes et al. (2009). Consumer knowledge and attitudes to salt intake and labelled salt information. Appetite 53:189-194, doi:10.1016/j.appet.2009.06.007

(14) Jepson et al. (2010). The effectiveness of interventions to change six health behaviours: a review of reviews. BMC Public Health 10:538, doi: 10.1186/1471-2458-10-538

(15) Birch. (1999). Development of food preferences. Annu. Rev. Nutr. 19:41-62, doi: 10.1146/annurev.nutr.19.1.41

(16) Birch et al. (2001). Family environmental factors influencing the developing behavioral controls of food intake and childhood overweight. Pediatr. Clin. North. Am. 48:893-907, doi: 10.1016/s0031-3955(05)70347-3

(17) Honkanen et al. (2005). Intention to consume seafood – the importance of habit. Appetite 45:161-168, doi: 10.1016/j.appet.2005.04.005

Andrea Adelmo Della Penna

Laureato in Tecnologie e Biotecnologie degli Alimenti, tecnologo alimentare abilitato, segue l’area di ricerca e sviluppo. Con particolare riguardo ai progetti di ricerca europei (in Horizon 2020, PRIMA) ove la divisione FARE di WIISE S.r.l. società benefit partecipa.

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