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Pesto ‘alla genovese’ con pesticidi e oli minerali, le analisi di Ökotest

Il pesto ‘alla genovese’ dei grandi marchi italiani e tedeschi spesso contiene residui di pesticidi e oli minerali. Le analisi di laboratorio condotte da Ökotest – la rivista dei consumatori tedeschi – rivelano la presenza di tali sostanze in 12 prodotti sui 20 esaminati. Oltre a quella di materiali a contatto problematici, nelle guarnizioni di 7 dei 20 vasetti. (1)

Oli minerali per tutti

Tutti i campioni dei vasetti di pesto analizzati da Ökotest contengono residui di oli minerali. Ivi compresi i quattro prodotti biologici, dei quali tre sono Made in Germany con Italian sounding (vale a dire, falsa evocazione di italianità): ‘Ppura Genovese’ pesto bio, Rapunzel ‘Pesto ligure’ e Alnatura ‘Pesto verde’. (2) L’unico condimento biologico autenticamente Made in Italy, il toscano La Selva ‘Pesto al Basilico con Pecorino’, si distingue favorevolmente per l’assenza dei cancerogeni MOAH (Mineral Oil Aromatic Hydrocarbons), pur contenendo altri oli minerali.

Tra i prodotti non biologici quello di Buitoni (Nestlé) è l’unico privo di residui di pesticidi e diserbanti, al pari dei succitati quattro pesti bio. Anche esso tuttavia contiene tracce di olio minerale, come del resto purtroppo la totalità dei campioni analizzati.

I peggiori pesti Made in Italy, da Barilla a De Cecco

I peggiori pesti Made in Italy, secondo le analisi di Ökotest, sono nell’ordine:

– Barilla, ‘Pesto alla genovese’. Oltre all’olio minerale, contiene residui di 10 diversi pesticidi. Inclusa la deltametrina, letale per le api. Spicca per la maggiore varietà di molecole, un cocktail di agrotossici,

– Bertolli (Unilever), ‘Pesto verde’. Tra gli onnipresenti oli minerali spiccano gli idrocarburi aromatici (MOAH), che includono sostanze cancerogene. Sono altresì presenti i residui di 5 diversi pesticidi,

– De Cecco, ‘Pesto alla genovese’. Livelli elevati di oli minerali, inclusi i MOAH. Con residui di 7 diversi pesticidi,

– Lidl, Italiamo, ‘Pesto alla genovese’. Oli minerali, inclusi i MOAH. Residui di 6 diversi pesticidi,

– Saclà, ‘Pesto alla genovese’. Livelli elevati di oli minerali, inclusi i MOAH. Residui di 4 diversi pesticidi.

Pesto Made in Germany, peggio ci si sente

Il pesto è un alimento della tradizione culinaria genovese. Ma è tra le prelibatezze Made in Italy più e peggio imitate. E anche sotto il profilo delle contaminazioni, le imitazioni teutoniche non vanno meglio dei prodotti italiani.

Oli minerali e pesticidi – con eccezione, per questi ultimi, dei tre prodotti bio – caratterizzano tutti i pesti Made in Germany. Sui quali si osserva, tra l’altro, un sospetto allineamento dei prezzi. Sempre 0,99 euro per 190 g, circa un terzo dei più costosi prodotti italiani autentici. Al di fuori di ‘Oro d’Italia Pesto verde’ di Hengstenberg e il ‘Mirácoli Pesto verde’ di Mars.

Contaminazioni ‘tollerate‘

Le contaminazioni dei condimenti in esame con oli minerali sono preoccupanti, dal punto di vista della sicurezza chimica degli alimenti. Tenuto conto in particolare dei rischi di cancerogenicità già associati all’esposizione ai MOAH attraverso gli alimenti. Ma la Commissione europea si è per ora limitata ad affidare al proprio Joint Research Center (JRC) la pubblicazione di apposite ‘linee guida’ sui metodi di campionamento, analisi e trasmissione dei risultati. Ai fini del solo ‘monitoraggio‘ di alimenti e MOCA (Materiali e Oggetti destinati a venire a Contatto con gli Alimenti). (3)

I livelli di oli minerali negli alimenti – in assenza di soglie legali armonizzate – dovrebbero perciò essere tenuti sotto controllo e ridotti applicando i criteri generali di garanzia della sicurezza degli alimenti. (4) Applicando il criterio ALARA (As Low As Reasonably Achievable). In attesa di apposita valutazione scientifica dei rischi per i consumatori e la definizione di limiti specifici. Ma la Commissione europea, come si è più volte denunciato, appare peraltro poco incline a lavorare sulla sicurezza chimica degli alimenti e dei MOCA. (5)

La ‘tolleranza’ dei rischi di salute pubblica vale anche purtroppo per gli agrotossici, i cui residui sono sempre ‘a norma di legge’. Trascurando i potenziali danni per la salute causati dalla compresenza di vari pesticidi, diserbanti ed erbicidi (c.d. effetto cocktail).

L’origine della contaminazione

La presenza di residui di pesticidi è chiaramente correlata all’uso degli agrotossici nei campi da cui provengono gli ingredienti della salsa. Meno chiara è invece l’origine dei derivati del petrolio rinvenuti in tutti i 20 vasetti di pesto.

Secondo Ökotest, l’olio minerale può finire nel pesto attraverso:

– lubrificanti impiegati negli impianti di trasformazione dei condimenti,

– singole materie prime. Si ricordano le precedenti analisi di Ökotest che hanno rilevato, nel 2019, la presenza di oli minerali nell’olio extravergine di oliva di Monini, Bertolli, De Cecco, Primoli, La Selva e nel Parmigiano Reggiano.

– pesticidi a base di olio di paraffina, gas di scarico.

La chimica nei coperchi dei vasetti

Un altro difetto rilevato nelle analisi  è la presenza di PVC / PVDC / composti clorurati nelle guarnizioni dei coperchi dei vasetto di pesto.

L’ulteriore apporto di chimica indesiderata, benché non necessaria, è presente nei coperchi di 7 vasetti:

– Buitoni,

– Barilla,

– Bertolli,

– De Cecco

– Saclà,

– BLM (Casa Romantica, Pesto alla genovese),

– Mars (Mirácoli Pesto verde).

Le ricette del finto pesto

Il pesto autentico è un miraggio. La ricetta originale si compone di olio extravergine d’oliva,  basilico genovese DOP), Grana Padano o Parmigiano Reggiano, pecorino sardo, pinoli, aglio, sale marino. Ingredienti di provenienza locale, al di là dei formaggi a poche centinaia miglia marine o chilometri di distanza. E si ritrova in pochi prodotti, come abbiamo già condiviso in una precedente indagine di mercato.

Le ricette dei prodotti analizzati da Ökotest sono invece deprimenti. Basilico di provenienza ignota, formaggio a pasta dura non meglio identificato, anacardi o noci in luogo dei più pregiati pinoli. Con indebita aggiunta di scaglie di patate, amido di mais, conservanti e altri additivi, aromi. E raro utilizzo di olio extravergine di oliva.

‘Solo i prodotti biologici di Ppura, Rapunzel e Alnatura si avvicinano’ alla ricetta originale, spiega Okotest, che considera tuttavia ammissibili variazioni poco ortodosse per un italiano. ‘Ppura e Rapunzel consentono solo l’aggiunta di un po’ di succo di limone o acido citrico. Il prodotto Rapunzel contiene anche un enorme 15% di pinoli, più di qualsiasi altro prodotto nel test’.

Marta Strinati e Dario Dongo

Note

(1) V. Ökotest, Pesto-Test: Viele grüne Pestos mit Mineralöl und Pestiziden belastet, giugno 2020,

(2) L’Italian sounding comporta l’obbligo di indicare il Paese di produzione dell’alimento, ai sensi del reg. UE 1169/11. Si veda al proposito il chiarimento offerto il 27.2.15 dall’ex Commissario Vytenis Andriukaitis, in risposta a interrogazione scritta da noi proposta attraverso l’On.le Elisabetta Gardini (v. https://www.foodagriculturerequirements.com/archivio-notizie/europa-obbligo-di-indicare-il-paese-d-origine-sui-prodotti-italian-sounding). In questi casi è altresì doveroso indicare l’origine dell’ingrediente primario, secondo quanto prescritto dal reg. UE 2018/775 (v. https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/origine-ingrediente-primario-reg-ue-2018-775-linee-guida-commissione-europea)

(3) S. Bratinova, E. Hoekstra (Editors). Guidance on sampling, analysis and data reporting for the monitoring of mineral oil hydrocarbons in food and food contact materials. Luxembourg: Publication Office of the European Union, 2019, SBN 978-92-76-00172-0, doi:2760/208879, JRC115694

(4) Reg. CE 178/02, c.d. General Food Law, articolo 14

(5) L’inedia della Commissione europea sulla sicurezza chimica degli alimenti e dei MOCA è evidente in diverse matrici di rischio conclamato:

acrilammide,
BPA,
interferenti endocrini,
– la disciplina europea dei materiali a contatto, a tutt’oggi un colabrodo,
microplastiche.

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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