Allergeni alimentari, un passo avanti anche in Inghilterra e Irlanda del Nord grazie alla Natasha’s Law. Ove è introdotto l’obbligo di indicare tutti gli ingredienti sui cibi preincartati ai fini della vendita diretta, anche in vista del consumo in loco. Riflessioni sul tema.
Allergeni su alimenti sfusi e preincarti, cibi serviti dalle collettività. Regole e carenze in UE e UK
A livello UE il ‘Food Information Regulation’, in merito agli alimenti ‘offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza preimballaggio oppure (…) imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta’ (‘non-preimballati’), si limita a prescrivere l’inderogabile obbligo di fornire notizia in merito alla presenza di allergeni. (1)
Gli Stati membri possono prescrivere sui loro territori altre notizie obbligatorie, tra quelle previste agli artt. 9 e 10 del reg. UE 1169/11 (informazioni obbligatorie sulle etichette dei prodotti preimballati). Possono altresì prevedere misure di dettaglio sulle modalità d’informazione, per meglio garantire l’effettiva messa a disposizione – quantomeno – dei dati relativi alla presenza di allergeni nei singoli cibi. Le misure nazionali devono poi venire notificate alla Commissione Europea.
In Inghilterra, il Food Information Regulations (2014) si limita a prescrivere – agli operatori che servano o mettano in vendita prodotti sfusi o incartati su richiesta del consumatore (preincarti) – l’obbligo di segnalare la presenza di allergeni ‘in modo chiaro e con qualsiasi mezzo’. Una tautologia, poiché è prevista anche la possibilità che le notizie vengano offerte a voce. Precisando, altra tautologia, che in tal caso venga riferito – su un cartello, etichetta, insegna – che i membri dello staff sono ‘competenti’ a rispondere a questo genere di domande. (2)
La tragica (in)competenza del personale dei ristoranti in tema di allergie alimentari è stata dimostrata nel recente studio dell’Università di Düsseldorf. Richiamiamo al proposito i commenti di uno dei luminari delle delle allergie alimentari, l’amico Professor Claudio Ortolani di Milano. Il quale ha stigmatizzato l’estrema gravità della situazione, in ambito paneuropeo.
I consumatori allergici hanno pieno titolo per denunciare l’assoluta carenza di tutela della sicurezza alimentare nei loro confronti. La quale è invece doverosa, ai sensi del ‘General Food Law’ e del regolamento (UE) n. 1169/11. (3) L’attenzione pubblica verso questa malattia epidemica è salita alla ribalta a seguito del decesso, a luglio 2016, di una ragazzina di 15 anni. Natasha Ednan-Laperouse, uccisa durante un volo Londra-Nizza dallo shock anafilattico causato da una baguette che conteneva semi di sesamo non dichiarati. Cibo acquistato all’aeroporto di Heathrow, in uno dei 450 negozi della catena internazionale di sandwich shop ‘Prêt à Manger’.
Natasha’s Law, nuove garanzie per gli allergici in Inghilterra e Irlanda del Nord
La Natasha’s Law – dal nome dalla giovane deceduta – dovrebbe venire completata nelle prossime settimane, per entrare in vigore nell’estate 2021. Meglio tardi che mai. Il DEFRA (Department for Environment, Food & Rural Affairs), in collaborazione con la FSA (Food Standars Agency) e la FSS (Food Standards Scotland), ha realizzato una consultazione pubblica, dal 25.1 al 29.3.19. Raccogliendo 1887 risposte da parte di 1625 consumatori, 126 imprese alimentari, 83 enti pubblici e 29 ONG. Scuola di democrazia in un Paese la cui prima Costituzione dei diritti (Magna Charta), è bene ricordare, risale al 1215.
I ‘Prepacked for Direct Sale Products’ (PDSP) sono al centro dell’attenzione. In assenza di precisazioni al riguardo nel reg. UE 1169/2011, i britannici si riferiscono alla definizione offerta nelle Linee Guida della FSA (Food Standards Agency). La quale ricomprende, a titolo esemplificativo, sandwich, torte dolci e salate, insalate e piatti pronti, cucinati o assemblati e confezionati dai dipendenti dell’esercizio commerciale, poi direttamente sistemati sul bancone, pronti per l’acquisto e magari anche il consumo in loco. ‘Prêt à manger’, appunto.
‘Prepacked foods for direct sale: This applies to foods that have been packed on the same premises from which they are being sold. Foods prepacked for direct sale are treated in the same way as non-prepacked foods in EU FIC’s labelling provisions. For a product to be considered ‘prepacked for direct sale’ one or more of the following can apply:
• it is expected that the customer is able to speak with the person who made or packed the product to ask about ingredients,
• foods that could fall under this category could include meat pies made on site and sandwiches made and sold from the premises in which they are made’. (Food Standards Agency. V. nota 4)
Il 25.6.18 il Ministro inglese per l’Ambiente, l’Alimentazione e l’Agricoltura (Departement for Environnement, Food and Rural Affairs, DEFRA), Michael Gove, ha annunciato con grande soddisfazione che la legislazione nazionale (Food Information Regulations 2014) verrà modificata proprio nella parte che attiene alle notizie su questo tipo di prodotti, prescrivendo apposite notizie scritte (v. paragrafo successivo).
UK, consultazione pubblica e nuove regole
La consultazione indetta dal governo britannico ha contemplato 4 possibili opzioni per affrontare il problema degli allergeni su alimenti sfusi e preincarti:
1) promozione di buone prassi igieniche (formazione di manager e dipendenti dei punti vendita, maggiori ispezioni nei locali, etc.)
2) obbligo di etichetta ‘ask the staff’ sull’imballaggio dei PPDS, con avvertenze di richiamo,
3) etichettatura obbligatoria dei soli allergeni presenti, (5)
4) etichetta obbligatoria con nome del prodotto, lista completa degli ingredienti ed evidenza grafica degli allergeni.
L’informazione completa, quarta opzione, ha avuto la meglio. Favorita dai consumatori (73%), seppure avversata dalle imprese (solo il 13% a favore) che avrebbero favorito l’ipotesi meno onerosa e al contempo più pericolosa, ‘in caso di allergie chiedere al personale’. Gli enti pubblici erano invece a favore dell’opzione 3, si sarebbero accontentati quindi della notizia su ingredienti allergenici. L’informazione completa – denominazione alimento e lista ingredienti con evidenza grafica di quelli sensibili (di cui in Allegato II al reg. UE 1169/11) – sarà applicata in Inghilterra e Irlanda del Nord a fine estate 2021, in Scozia nell’autunno successivo. Il Galles si riserva di decidere a breve, con buona pace delle autonomie sulle spalle della salute pubblica.
Rimangono due problemi da affrontare:
1) l’informazione sui prodotti sfusi, se pure incartati su richiesta del cliente, sui pasti serviti nei bar e ristoranti e su quelli acquistati a distanza. Mediante piattaforme di food delivery (es. JustEat, Deliveroo),
2) la corretta gestione dei rischi di contaminazione crociata (cross contamination), soprattutto nei piccoli punti vendita ove più prodotti vengano preparati simultaneamente.
Le regole disapplicate in Italia
Il decreto legislativo 231/2017 – che attua il ‘Food Information Regulation’ (FIR) e definisce le apposite sanzioni – disciplina l’informazione sui prodotti alimentari venduti sfusi e preincartati sul punto vendita all’articolo 19. Prescrivendo l’esposizione di appositi cartelli o strumenti equivalenti, anche digitali, facilmente accessibili e riconoscibili, accanto ai prodotti in questione. Le notizie obbligatorie a seguire:
a) denominazione dell’alimento,
b) elenco degli ingredienti, fatti salvi i casi di esenzione previsti dal FIR. Con evidenza di quelli ‘allergenici’ di cui in Allegato II del regolamento,
c) le modalità di conservazione per i prodotti alimentari rapidamente deperibili, ove necessario,
d) la data di scadenza per le sole paste fresche e paste fresche con ripieno,
e) il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande con tenore alcolico superiore a 1,2% in volume,
f) la percentuale di glassatura, considerata tara, per i prodotti congelati glassati,
g) la designazione «decongelato» di cui all’Allegato VI, punto 2, del reg. UE 1169/2011.
Le collettività – ristoranti e trattorie, pizzerie, take-away, bar-pasticcerie, catering, mense – a loro volta devono riportare una lista esatta dei singoli allergeni presenti in ciascun cibo o piatto proposto. Sul menù, anche digitale, ovvero su un registro di facile accesso agli avventori.
La disciplina italiana appare perciò più ampia e più specifica rispetto a quella britannica. Con sanzioni gravi, fino a 40 mila euro, e una sola tragica pecca. (6) In Italia l’ICQRF e le https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/controlli-il-ruolo-dellamministrazione-sanitaria/ – a dispetto delle relative competenze e responsabilità- si ostinano a ignorare la vigenza di queste regole. Tollerando, di fatto, la sistematica disapplicazione delle norme stabilite a presidio della sicurezza alimentare per le categorie più vulnerabili di consumatori.
#DetectiveFood è l’indagine dal basso promossa da Food Allergy Italia insieme al nostro sito Great Italian Food Trade. Siamo tutti invitati a fotografare etichette, cartelli e menù che riportino notizie sulla presenza di allergeni nei prodotti. Con l’obiettivo di rappresentare con ampiezza, appunto, il livello di illegalità diffusa in Italia. Per contribuire è sufficiente spedire le immagini ‘geolocalizzate’ a detectivefooditalia@gmail.com. Verrà ovviamente mantenuto completo riserbo sull’identità degli autori delle segnalazioni.
Dario Dongo e Marina De Nobili
Note
(1) Cfr. reg. UE 1169/11, articolo 44
(2) UK, Food Information Regulations 2014, art. 5
(3) Cfr. reg. CE 178/02, articolo 14
(4) FSA, Allergens Guidance for Food Business, 21.12.18, https://www.food.gov.uk/business-guidance/allergen-guidance-for-food-businesses
(5) Rifendosi alle 14 sostanze indicate in Allegato II al reg. UE 1169/11
(6) Per la disciplina e gli importi delle sanzioni, si veda l’ebook gratuito ‘1169 pene. Reg. UE 1169/11, notizie sui cibi, controlli e sanzioni’, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/libri/1169-pene-e-book-gratuito-su-delitti-e-sanzioni-nel-food