I semi di chia – superfood che risalgono alle civiltà precolombiane – ricevono finalmente il via libera da Bruxelles, senza più bisogno di riferire ‘livelli massimi di assunzione’. Salvo mantenere alcuni limiti di utilizzo su alimenti a base di cereali soggetti a cottura, in attesa di ulteriori valutazioni di Efsa, ai sensi del regolamento sui Novel Food.
Chia, storia e produzione
La Salvia Hispanica L., comunemente nota come chia (‘oleoso’, in lingua azteca), appartiene al genere Salvia, famiglia delle Lamiaceae. E’ una pianta erbacea annuale, uno ‘pseudo-cereale’, di altezza che raggiunge i 2 metri circa. Originaria di Messico centro-meridionale e Guatemala, è utilizzata da migliaia di anni per finalità alimentari e di cura. Ed era infatti uno dei quattro alimenti a base della dieta nelle civiltà maya e azteca (assieme ad amaranto, quinoa e mais).
La riscoperta di questa coltura, negli ultimi decenni, è dovuta al crescente interesse dei consumatori moderni verso i cibi ancestrali, dai grani antichi ai legumi, la frutta secca e altri ancora. Alla ricerca dei superfood che spesso invero si ritrovano proprio nelle tradizioni dei popoli.
La produzione è tuttora concentrata in Messico, ma ha luogo anche in Argentina, Bolivia, Colombia, Guatemala, Peru, Australia, Africa, Asia. E pure in Europa, Sud Italia e Grecia in particolare, ove la pianta viene coltivata in serra. Poiché essa richiede meno acqua rispetto a quelle di cereali e altre oleaginose, ne è stato tra l’altro valutato il potenziale contributo a biodiversità e food security.
Possibili utilizzi della chia nella filiera agroalimentare
I semi di chia – dal diametro di circa 1 mm – sono utilizzati tal quali in prodotti da forno, muesli e snack, zuppe e piatti pronti, smoothies, etc. Le proprietà idrofile dei semi, che possono assorbire quantitativi di acqua superiori a 12 volte la propria massa, contribuiscono inoltre ad aumentare il senso di sazietà. Ed è questa una delle ragioni per cui essi vengono aggiunti a vari cibi, dall’insalata allo yogurt.
Nel pane, la sostituzione della farina con semi di chia in quota del 10% si è rivelata migliorare in misura apprezzabile le proprietà nutrizionali. Con aumento di umidità, fibre alimentari e fenoli, grazie ai quali si riscontra anche un incremento significativo dell’attività antiossidante (+64%). La moderata riduzione del contenuto di carboidrati viene poi compensata dall’apporto energetico degli acidi grassi polinsaturi (PUFA).
In altri prodotti da forno (anche dolciari) la chia, anche sotto forma di gel, può sostituire anche solo in parte altre matrici grasse (es. burro, uova, grassi animali e vegetali vari), con il duplice vantaggio di:
– ridurre calorie e grassi, apportando acidi grassi Omega-3 (ω-3),
– migliorare consistenza, sapore e colore. (1)
La farina può anche venire aggiunta nella pasta di varie matrici , anche senza glutine, per incrementarne i tenori di proteine, PUFA, fibra alimentare e micronutrienti. La pasta mostra ottime proprietà tecnologiche e alti livelli di gradimento, anche nella versione gluten-free.
Nei mangimi, l’utilizzo di semi è stato dimostrato contribuire al miglioramento della salute degli animali e aumentare il contenuto di Omega-3 nei prodotti da esso derivati. Senza compromettere le qualità organolettiche della carne e migliorando la salute. Anche nell’allevamento di insetti a uso alimentare, con risultati sorprendenti. (2)
Proprietà nutrizionali e salutistiche
La ricerca scientifica sulla chia, più che triplicata negli ultimi dieci anni, ha consentito di mettere a fuoco il suo elevato valore nutritivo e le proprietà benefiche, tuttavia ancora prive di health claim autorizzati in UE. Si è evidenziato, in particolare:
– un effetto positivo sul profilo lipidico del sangue, grazie a effetti ipotensivi, ipoglicemici, antimicrobici e immunostimolatori, (3)
– la riduzione degli apporti di acidi grassi saturi, e il corrispondente apporto di acidi grassi ω-3, legati all’introduzione di questo ingrediente nella dieta.
Dal punto di vista nutrizionale, i semi di chia si caratterizzano favorevolmente sotto diversi aspetti:
– ALA (acido αlfa-linolenico). La Salvia Hispanica L. è considerata una delle fonti botaniche più ricche di Omega-3 (ancor più dei semi di lino). Con un rapporto tendenzialmente ideale tra Omega-6 e Omega-3 (0.3:0.35 circa),
– fibre alimentari (30% ca.) e proteine (16-24% circa, a seconda dell’ambiente di coltivazione). Le analisi confermano la presenza di dieci aminoacidi esogeni (tra i quali arginina, leucina, fenilalanina, valina e lisina) e aminoacidi endogeni (acidi glutammici e aspartici, alanina, serina e glicina soprattutto),
– vitamine (del gruppo B, niacina in particolare, oltre ad A e C) e minerali (manganese, fosforo, magnesio, calcio, ferro e zinco), antiossidanti naturali.
L’olio di chia è composto principalmente di trigliceridi, con elevato tenore di acidi grassi polinsaturi (PUFA, acidi linoleico α—linolenico). E’ considerato una preziosa fonte di ω-3, al pari dell’olio di canapa, in particolare per vegetariani e persone allergiche al pesce. L’aggiunta di olio di chia (in quota 10-20%) all’olio di girasole consente altresì un utile bilanciamento degli acidi grassi. (4)
Chia e Novel Food, limiti agli utilizzi alimentari in UE
L’immissione in commercio in UE di alimenti che contengano semi di chia e loro derivati è tuttora soggetto ad alcune limitazioni. Sebbene infatti si tratti di cibi con una tradizione millenaria di consumo in Centro America, non si è raccolta prova del loro utilizzo alimentare nella Comunità Europea prima del 15.5.07, data di entrata in vigore del primo regolamento sui c.d. Novel Food (reg. CE 258/97). l relativi prodotti sono perciò sottoposti al regime di autorizzazione centralizzata stabilito nella citata disciplina (ora reg. UE 2015/2283). Ed eventualmente rispettare requisiti specifici, condizioni d’uso e di etichettatura.
L’utilizzo di semi di chia negli alimenti in UE è stato autorizzato a partire dal 2009, nel pane, nella misura massima del 5%. La Commissione europea ne ha poi gradualmente esteso l’autorizzazione all’impiego, nelle categorie di alimenti che seguono:
– prodotti da forno, cereali da colazione, frutta, noci e mix di semi, fino al 10%, oppure in quanto tali. Con determinati limiti e un livello massimo di assunzione di 15 g/die, da indicare in etichetta (a partire dal 2013),
– succhi di frutta e bevande miscelate a base di frutta/verdura, prodotti da spalmare a base di frutta, yogurt, posti pronti sterilizzati a base di cereali, pseudocereali e/o legumi secchi (dal 2017). Ancora, con limiti d’impiego e obbligo di indicare la soglia dei 15 g giornalieri. (5)
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), il 14.3.19, pubblicava una valutazione in merito all’esposizione alimentare complessiva a questo ‘nuovo alimento’. (6) Rilevando la sicurezza del suo consumo, senza bisogno di mantenere i livelli massimi d’utilizzo. (7) L’Autorità ha peraltro rinviato la propria valutazione circa gli alimenti che richiedono un trattamento termico a temperatura >120 °C, onde valutare la possibile formazione di acrilammide. (8)
Semi di chia nei prodotti alimentari, le regole in vigore
Il regolamento (UE) 2020/24 ha infine ampliato l’autorizzazione all’impiego dei semi di chia, eliminando le previsioni relative ai quantitativi massimi d’uso e il corrispondente obbligo di indicare un livello di assunzione massima giornaliera in etichetta. E dunque:
– i limiti già previsti permangono soltanto sui prodotti a base di cereali generalmente sottoposti a trattamenti termici superiori ai 120 °C: 5% massimo di semi di chia sui prodotti di panetteria e 10% su prodotti da forno, cereali per la prima colazione, pasti pronti sterilizzati a base di cereali, pseudocereali e/o legumi secchi,
– nessun limite su semi di chia preimballati ovvero inseriti in frutta, noci e miscele di semi, dolciumi (incluso il cioccolato, esclusi i chewing-gum), prodotti lattiero-caseari (yogurt incluso) e prodotti sostitutivi, ghiacci alimentari, ortofrutta (incluse creme da spalmare a base di frutta, composte con o senza cereali, preparati di frutta, dessert a base di frutta, frutta mista con latte di cocco), bevande analcoliche, budini (non sottoposti a temperature >120 °C),
– la denominazione legale da riferire in etichetta è ‘Semi di chia (Salvia hispanica)’. (9)
Dario Dongo e Giulia Torre
Note
(1) V. Maria Herminia Ferrari Felisberto et al. (2015). Use of chia (Salvia hispanica L.) mucilage gel to reduce fat in pound cakes. Elsevier, LWT- Food science and technology, 2015, 63 2, 1049:1055. https://doi.org/10.1016/j.lwt.2015.03.114
(2) V. A.M. Jamshidi et al. (2019). Chia (Salvia hispanica L.) as a novel forage and feed source: a review. Italian Journal of Agronomy 2019, volume 14:1297. doi : 10.4081/ija.2019.1297
(3) V. B. Kulczynski et al. (2019). The chemical composition and nutritional value of Chia Seeds – current State of knowledge. Nutriens, 2019, 11 1242. doi: 10.3390/nu11061242
(4) V.Zettel, B. Hitzmann. (2018). Applications of chia (Salvia hispanica L.) in food products. Trends in Food Science & Technology, vol. 80 2018, 43:50. https://doi.org/10.1016/j.tifs.2018.07.011
(5) V. decisioni della Commissione europea 13.10.09 e 22.10.13, decisione di esecuzione (UE) 2017/2354, reg. UE 2017/2470
(6) EFSA. (2019). A Safety of chia seeds (Salvia hispanica L.) as a novel food for extended uses pursuant to Regulation (EU) 2015/2283. EFSA Journal 2019;17(4):5657. https://doi.org/10.2903/j.efsa.2019.5657
(7) L’EFSA ha indicato due segnalazioni di reazioni allergiche al consumo di semi di chia a reazioni allergiche. L’episodicità e irrilevanza statistica rispetto al consumo diffuso in UE ha peraltro indotto la Commissione a non prescrivere informazioni obbligatorie specifiche a tale riguardo.
(8) V. https://www.efsa.europa.eu/en/consultations/call/call-data-relevant-safety-assessment-heat-treated-chia-seeds
(9) Cfr. reg. UE 2020/24, Allegato