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STEC nei formaggi, approfondimento

STECShiga-toxin producing Escherichia coli. Il recente richiamo di un lotto di scamorza a fette offre l’occasione per approfondire la conoscenza di questo batterio. (1)

Gli stipiti di E. coli capaci di produrre Shiga-tossine sono tra i batteri a trasmissione alimentare più pericolosi. Poiché capaci di causare forme cliniche particolarmente severe e talvolta letali soprattutto nei consumatori più a rischio (bambini e anziani).

STEC, il batterio e le sue conseguenze sulla salute dei consumatori 

Gli Escherichia coli STEC sono in grado di aderire saldamente alle cellule dell’epitelio intestinale e di produrre tossine potenti, le c.d. tossine Shiga-like, appunto. Le quali entrano in circolo ed esplicano la loro azione su cellule-bersaglio lontane dal tratto intestinale. Vale a dire, le cellule endoteliali che rivestono i vasi dei glomeruli renali e i piccoli vasi sanguigni del colon. 

Le infezioni da STEC sono perciò caratterizzate da episodi diarroici talvolta complicati da emorragie intestinali (colite emorragica). E nei casi più gravi, da insufficienza renale acuta legata alle disfunzioni dei glomeruli renali. L’insufficienza reale è aggravata da una concomitante anemia emolitica e da carenza di piastrine, che concorrono a delineare il grave quadro della cosiddetta Sindrome Emolitico-Uremica (SEU). 

SEU e colite emorragica possono avere esito letale, o comunque causare gravi patologie come l’insufficienza renale cronica, con possibile necessità di un trattamento dialitico e il riscorso a un trapianto di rene. La gravità della malattia induce le autorità preposte alla tutela della salute pubblica alla massima severità nei casi di prodotti alimentari contaminati da STEC. 

STEC, prodotti lattiero-caseari e carni

Diverse specie animali – i ruminanti, in particolare – albergano E. coli produttori di Shiga-tossine a livello intestinale senza presentare alcun sintomo di malattia. Gli animali in questo caso si comportano come  ‘portatori asintomatici’. E il loro latte, o le loro carni, possono entrare nella filiera alimentare ove non soggetti ad analisi mirate. 

I formaggi, allorché soggetti a richiamo, presentano una maggiore pericolosità, in quanto si tratta di alimenti non soggetti a trattamento termico prima del consumo (alimenti ‘Ready-to-Eat’). I trattamenti termici superiori ai 70°C – quali la pastorizzazione o bollitura del latte e la completa cottura delle carni – sono viceversa efficaci per distruggere gli stipiti di E. coli produttori di Shiga-tossine.

La contaminazione da STECdi un formaggio può quindi derivare dalla materia prima (latte), ma può anche verificarsi a valle del processo produttivo. È il caso della contaminazione ‘post-processo’, che può avere luogo nonostante vengano seguite procedure di controllo igienico (controllo dei fornitori, pastorizzazione del latte, igiene del processo produttivo), quindi a dispetto della loro apparente adeguatezza.

La contaminazione ‘post-processo’, in particolare, può venire imputata alla colonizzazione delle apparecchiature – in fase industriale o di distribuzione (es. macchine porzionatrici o confezionatrici) – da parte di stipiti microbici capaci di formare tenaci pellicole microbiche, comunemente dette ‘biofilm’, ove i batteri sono prodotti dall’azione dei disinfettanti impiegati nelle pratiche di sanitizzazione. La capacità di formare biofilm è invero propria di diversi batteri, inclusi gli E. coli produttori di Shiga-tossine.

STEC, responsabilità degli operatori e azioni correttive da intraprendere 

L’operatore del settore alimentare (OSA)è il primo responsabile della immissione sul mercato di alimenti che non presentino rischi per la salute del consumatore. (2) A tale responsabilità concorre quella degli operatori a valle della filiera, e segnatamente del distributore.

L’implementazione delle misure igieniche (GMP, GHP) e la capillarità dei controlli analitici in stabilimento e nella distribuzione – compresa l’individuazione di eventuali nicchie colonizzate da batteri produttori di biofilm – si confermano essenziali per ridurre il rischio microbiologico di sicurezza degli alimenti.

Gli alimenti contaminati da STEC– secondo quanto prescritto dal ‘General Food Law’ – devono venire classificati come gravemente rischiosi per la salute pubblica e quindi sottoposti alle misure correttive più drastiche. (3) In attuazione delle regole europee vigenti, non esistono limiti microbici tollerabili ed è sufficiente la sola presenza di STEC, anche a livelli minimi, per fare scattare l’allerta su tutti i lotti di prodotto potenzialmente coinvolti.

Silvia Bonardi e Dario Dongo

Note

(1) Richiamo Società Agricola F.lli Ponti, prodotto formaggella 2,5 kg, lotto di produzione n. 06-28.8.18, motivo della segnalazione presenza di E.Coli STEC. Notifica 3.10.18, sul sito web del Ministero della Salute

(2) Per approfondimenti sul tema, si fa rinvio al nostro ebook gratuito ‘Sicurezza alimentare, regole cogenti e norme volontarie’, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/libri/sicurezza-alimentare-regole-cogenti-e-norme-volontarie-il-nuovo-libro-di-dario-dongo. Per aggiornamenti sull’evoluzione dello standard internazionale di riferimento, ISO 22000:2018, si veda l’articolo https://www.greatitalianfoodtrade.it/certificazioni/iso-22000-2018-lo-standard-aggiornato-per-la-sicurezza-alimentare

(3) Cfr. reg. CE 178/02, articoli 14 e 19. Tra le azioni correttive da intraprendere, quando il prodotto a rischio abbia già raggiunto il livello di distribuzione al consumatore e ‘ogni altra misura sia inidonea a garantire la salute pubblica’, è doveroso procedere al richiamo pubblico

Laureata in Medicina Veterinaria e Specialista in Ispezione degli Alimenti di origine animale ed in Sanità Pubblica Veterinaria, è docente di Ispezione e controllo degli alimenti di origine animale presso l'Università di Parma. 

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