Lo ‘sdijuno’ – stappadigiuno – potrebbe essere tra i fattori determinanti della longevità dei centenari abruzzesi. Le cui abitudini alimentari sono ora al centro dello studio ‘CenTEnari’, coordinato dal professore Mauro Serafini della Facoltà di Bioscienze dell’Università di Teramo.
Lo ‘sdijuno’
Nelle abitudini alimentari tradizionali degli abruzzesi, lo ‘sdijuno’ – la rottura del digiuno – era il primo pasto abbondante e consistente della giornata. Consumato alle 12, precedeva il pasto frugale del tramonto (ore 19) e una colazione minima, alle 5, prima di andare a lavorare.
Il pasto più sostanzioso consumato a pranzo garantiva quindi all’organismo un periodo di semi-digiuno di circa 14/16 ore, appena attenuato dalla colazione frugale.
‘Questa abitudine alimentare abruzzese è perfettamente in linea con le più recenti evidenze scientifiche che hanno evidenziato l’importanza di concentrare i pasti della giornata, ma soprattutto di limitare l’apporto calorico la sera, quando il metabolismo, seguendo i ritmi circadiani, rallenta‘.
‘Sulla base di queste premesse, lo ‘sdijuno’ abruzzese si propone come modello alimentare peculiare e ante litteram rispetto alle recenti diete del digiuno, in grado di spiegare, insieme a fattori ambientali, nutrizionali e genetici, la longevità abruzzese‘, spiega il professore Serafini. (1)
Uno ‘sdijuno’ di qualità
Nella dieta della popolazione abruzzese tra i novanta e i cento anni ovviamente non figuravano alimenti ultraprocessati. Il modello alimentare era molto simile a quello della dieta mediterranea, con largo consumo di verdure e cereali, e più in generale di alimenti sostenibili. Con alcune peculiarità:
– la biodiversità agroalimentare dell’Abruzzo, che include vegetali poco consumati altrove, come gli orapi di montagna (spinaci), le cicerchie, il largo utilizzo delle erbe di campo,
– la pratica dello ‘sdijunare’, appunto, che in dialetto abruzzese significa rompere il digiuno della notte.
Un modello per salvare i giovani
Il tasso di longevità in 150 comuni abruzzesi è paragonabile o superiore a quello del famoso comune sardo di Villagrande ‒ centro della blue zone italiana – che conta il maggior numero di centenari. I comuni abruzzesi più longevi sono localizzati principalmente nelle aree interne, in quattro aree contigue ai Parchi del Gran Sasso e della Majella e alla Marsica.
L’analisi delle caratteristiche metaboliche, immunitarie e genetiche, nonché le abitudini alimentari e la valenza funzionale delle ricette tradizionali dei nonagenari e centenari abruzzesi, forniranno conoscenze scientifiche utili a sviluppare linee guida finalizzate al benessere della popolazione attuale. Con la speranza di riportare in salvo le nuove generazioni, afflitte da patologie legate agli eccessi calorici e al consumo di cibo spazzatura.
Note
(1) V. conferenza stampa di presentazione dell’avvio dello studio
Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".