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Alimenti ultraprocessati e mortalità prematura, due studi scientifici

Il consumo di alimenti ultraprocessati aumenta il rischio di malattie cardiovascolari e di mortalità prematura. È quanto emerge da due studi scientifici, delle Università di Parigi e di Navarra, entrambi pubblicati sul British Medical Journal.

Alimenti ultraprocessati, l’identikit

La classificazione NOVA, ideata dall’Università di San Paolo, suddivide gli alimenti in 4 categorie, proprio sulla base del loro livello di trasformazione industriale. E gli alimenti ultraprocessati sono quelli realizzati con sostanze modificate mediante processi chimici e resi appetibili con aggiunta di aromi, coloranti, emulsionanti e altri additivi.

Snack dolci e salati, merendine, piatti pronti anche surgelati, preparati a base di carne o pesce, bevande zuccherate e gassate sono in cima alla lista. Gli ultra-processed foods sono quindi gli alimenti sottoposti a una lavorazione industriale intensiva, a cui quasi sempre si accompagnano profili nutrizionali del tutto squilibrati.

Cibi ultraprocessati e malattie cardiovascolari, lo studio francese

L’Università di Parigi, in un’apposita ricerca, ha identificato l’incidenza nella dieta di alimenti ultraprocessati come un fattore di rischio cardiovascolare. (1) I ricercatori hanno seguito 105.159 persone, con aggiornamento semestrale della composizione della loro dieta, per un periodo di 5 anni. Applicando i criteri NOVA per classificare gli alimenti e registrando al contempo l’occorrenza di malattie.

L’incremento di consumo di alimenti ultraprocessati è risultato direttamente proporzionale all’incidenza delle malattie che tuttora rappresentano prima causa di mortalità prematura. A ogni aumento del 10% nel consumo di ultra-processed food corrisponde un incremento del 12% di malattia cardiovascolare, tra patologie coronariche e cerebrovascolari.

Ultra-processed food e mortalità prematura, lo studio spagnolo

L’Università di Navarra (Spagna) ha a sua volta dimostrato l’estrema nocività degli alimenti ultraprocessati, in altro studio pubblicato sul British Medical Journal. (2) I ricercatori hanno monitorato dieta e condizioni di salute di quasi 20mila individui (19.899) per ben 15 anni, dal 1999 al 2014.

Alle diete con 4 o più porzioni al giorno di alimenti ultraprocessati è stato associato un incremento del rischio di mortalità prematura in misura del 62%. Con un’incidenza ulteriore di rischio che aumenta del 18% per ogni porzione aggiuntiva di cibo-spazzatura. Poiché è di ciò che in effetti si parla, i c.d. HFSS (High Fat, Sugar and Salt) o junk food.

Troppo junk-food, poca frutta e verdura

I ricercatori francesi hanno evidenziato come nel gruppo più avvezzo al consumo di alimenti ultraprocessati sia drasticamente ridotto il consumo di cibi non elaborati, in particolare frutta e verdura.

Lo squilibrio dietetico comporta dunque due effetti negativi, che si sommano. Da un canto, il ridotto consumo di frutta e verdura, indispensabili quanto benefiche per la salute. Dall’altro, un eccessivo consumo di junk-food, che apporta eccessive quantità di grassi saturi e sale, zuccheri ed energia. Con scarsità delle preziose fibre alimentari. Un micidiale mix notoriamente associato a obesità, sovrappeso e malattie correlate.

Additivi alimentari, quale impatto sulla salute pubblica?

Un ruolo negativo per la salute pubblica viene potenzialmente attribuito dai ricercatori francesi anche all’ampia gamma di additivi presenti nei cibi ultraprocessati. Esprimendo dubbi, in particolare, sull’effetto cumulativo e sinergico di più sostanze.

Per alcuni dei circa 350 additivi autorizzati in Europa, ricordano i ricercatori, gli studi sperimentali su modelli animali o cellulari hanno suggerito diversi effetti avversi per la salute cardiovascolare. Qualche esempio a seguire.

– Solfiti. Nei ratti la somministrazione di forti dosi di solfito ha causato danni al cuore. I solfiti sono impiegati nelle salse pronte a base di aceto, nei vini tradizionali e in altri prodotti.

– Glutammato monosodico. A dosi di 4 mg / kg di peso corporeo, nei topi il glutammato aumenta lo stress ossidativo e causa aterosclerosi e altre malattie coronariche. L’esaltatore di sapidità, aggiunto in salse, minestre, dadi e piatti pronti, è sospettato di avere proprietà obesogeniche,

– Emulsionanti. Sono molto presenti negli alimenti ultraprocessati. Due sostanze, la carbossimetilcellulosa e il polisorbato-80, negli esperimenti sui topi hanno mostrato un ruolo nell’indurre infiammazione di basso grado e obesità o sindrome metabolica,

– Carragenina. Usata come additivo alimentare per le sue proprietà addensanti, potrebbe causare intolleranza al glucosio, resistenza all’insulina e inibizione della segnalazione dell’insulina, come dimostrato da uno studio su modelli cellulari e animali,

Edulcoranti artificiali non calorici. Sono sempre più diffusi nei cibi ultraprocessati. In particolare, è emerso che il consumo a lungo termine di acesulfame K potrebbe accelerare l’aterosclerosi, mentre il sucralosio aumenta i livelli di glucosio e insulina nelle donne obese.

Contaminanti di processo e imballaggi

Nei cibi ultraprocessati si celano anche altri elementi di pericolosità. La lavorazione industriale degli alimenti – e in particolare, i trattamenti termici – producono contaminanti, come l’acrilammide in patate fritte, biscotti, pane o caffè, e l’acroleina nelle salsicce alla griglia e caramelle al caramello. Due sostanze associate a gravi malattie, anche di tipo cardiovascolare. Senza dimenticare i contaminanti di processo, cancerogeni e mutageni, che l’olio di palma contiene in quantità 6-10 volte superiore ad altri oli e grassi vegetali raffinati.

Gli imballaggi, infine, possono contaminare gli alimenti, a causa della migrazione di molecole tossiche. Un caso su tutti, il bisfenolo A presente in alcuni imballaggi in plastica. Giudicato ‘una sostanza estremamente preoccupante’ dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche, in una recente meta-analisi il BPA ha rivelato essere associato anche a un incremento del rischio di esiti cardiometabolici (in particolare ipertensione e malattia coronarica).

Note

(1) Bernard Srour, Léopold K Fezeu, Emmanuelle Kesse-Guyot, Benjamin Allès, Caroline Méjean, Roland M Andrianasolo, Eloi Chazelas, Mélanie Deschasaux, Serge Hercberg, Pilar Galan, Carlos A Monteiro, Chantal Julia, Mathilde Touvier. Ultra-processed food intake and risk of cardiovascular disease: prospective cohort study (NutriNet-Santé). BMJ 2019; 365 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.l1451 

(2) Anaïs Rico-Campà, Miguel A Martínez-González, Ismael Alvarez-Alvarez, Raquel de Deus Mendonça, Carmen de la Fuente-Arrillaga, Clara Gómez-Donoso, Maira Bes-Rastrollo. Association between consumption of ultra-processed foods and all cause mortality: SUN prospective cohort study. BMJ doi: https://doi.org/10.1136/bmj.l1949

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Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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