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Riso italiano sostenibile, l’esempio #RisoInFiore

Riso italiano sostenibile. Un esempio virtuoso nel vercellese, #RisoInFiore, ci mostra i valori a cui si deve prestare attenzione nella scelta del cereale a base di molti piatti.

Risi e consumi, un rapporto superficiale

È raro al ConsumAttore anche più attento considerare la sostenibilità di un risotto. Ogni tanto compare una notizia, come la leggenda del riso cinese di plastica e i vari allarmi sottotono per contaminazioni fisiche (da metalli pesanti) o chimiche (residui di pesticidi oltre i limiti ammessi). Al di là di queste note di colore, la scelta dei risi oggi si basa su due criteri:

– il marchio. Industria di Marca (IDM), Marca del Distributore (MDD), presto anche la Marca del Consumatore (MDC). Il consumatore si affida anzitutto alla marca, con una sorta di delega in bianco che spesso risulta immeritata. Poiché il vessillo dei marchi storici spesso sottende la totale assenza di valori e l’unica certezza è quella dell’omogeneità del prodotto. Banalità e standardizzazione di qualità medio-basse, come già si riscontra nel settore degli oli extravergini di oliva,

– il cultivar, che rileva in funzione della ricetta a cui il cereale è destinato. Ben 120 diversi risi sono coltivati in Italia, la risaia d’Europa. Dall’Arborio al Carnaroli, Vialone Nano, Roma e Baldo per i risotti. La biodiversità del resto sfugge all’offerta mass market, tendenzialmente appiattita sulle mode di periodo. Il Pilaf ha da anni ceduto il posto al basmati asiatico che mantiene posizione. Ma è il Venere alla ribalta, con il suo charme padano-esotico e l’ispirazione nutraceutica.

L’italianità del riso non ha mai determinato le scelte dei consumatori, che tuttora si accontentano della parvenza italiana del marchio. Senza neppure verificare se il riso Scotti o Gallo di turno sia stato coltivato in Italia o in chissà quale Paese asiatico, in quali condizioni ambientali e lavorative. I risicoltori piemontesi e lombardi, del resto, non hanno mai protestato con l’efficacia dei pastori sardi e degli olivicoltori pugliesi.

La risicoltura in Italia rischia di scomparire, quando i dazi europei verranno meno in tre anni, ma la filiera è ancora una volta affidata a se stessa. E la salvezza richiede una strategia basata su sostenibilità e aggregazione sul territorio, di cui ancora non s’è udita voce. Né al Nord né sulle isole – Sicilia e Sardegna – ove pure questa coltura è caratteristica. Al di là di rari esempi, stelle comete in una notte polare, come quello a seguire descritto.

Sostenibilità nella filiera alimentare 

Civiltà e progresso in economia oggi si traducono in sviluppo sostenibile. Vale a dire un modello di crescita ove il rispetto – di uomini, animali e ambiente – rappresenta un imperativo categorico. (1) Oltreché un’esigenza ineluttabile, per una popolazione globale che cresce nella disuguaglianza e una natura le cui risorse hanno già superato il limite critico.

L’agricoltura non ha solo un valore di centralità per la ripresa economica del Paese (…) ma pone una barriera alla devastazione del territorio e alla salvaguardia dell’ambiente’ (Giulio Carlo Argan, 1978)

Lo sviluppo sostenibile nella filiera alimentare può venire considerato sotto tre prospettive:

– società. Lo sviluppo dev’essere equo nei confronti di tutti gli operatori della filiera e i lavoratori, ovunque essi siano basati. E portare valore alle comunità, universalizzando il concetto di ‘fair trade,

– ambiente. Riduzione dell’impatto su terra, acqua, aria. Fonti rinnovabili, rigenerazione ed economia circolare a chiudere il cerchio,

– economia. I conti possono e devono comunque tornare, per contribuire anzitutto all’economia del distretto produttivo e del Paese. Per garantire l’effettività dei diritti umani fondamentali (es. cibo, salute, casa, istruzione e lavoro) in una società inclusiva (#NoOneLeftBehind). Senza trascurare la cooperazione internazionale che dev’essere ispirata a solidarietà e knowledge sharing. Superando l’approccio neo-colonialista che tuttora domina l’industria finanziaria.

La leva del progresso è oggi rappresentata dai consumAttori, la variabile indipendente di ogni mercato che con le proprie scelte quotidiane può imprimere un #cambiamento anche radicale nelle condizioni dell’offerta. E così sull’intera filiera, di produzione e distribuzione. Ma il cambiamento richiede consapevolezza, determinazione a raggiungere gli obiettivi e coesione unitaria. Solo così il consumAttore può assumere una posizione di effettivo controllo.

Riso italiano sostenibile, #RisoInFiore

Paola Fiore e Adolfo Barbonaglia sono risicoltori a Stroppiana, in provincia di Vercelli. (2) Dopo due anni di conversione della loro azienda agricola verso il metodo biologico e i tanto agognati primi raccolti bio, Paola e Adolfo non si sono tuttavia ritrovati in un’etichetta, a loro modo di vedere insufficiente a esprimere i valori della loro produzione.

#ZeroResidui diventa così, nel 2016, il paradigma verso cui si orienta la filiera di RisoInFiore. Una via peculiare, contro-corrente rispetto ai trend di mercato, eppure apprezzabile in quanto radicata sul territorio e le sinergie con tutti coloro che partecipano alle varie fasi della coltivazione, essiccazione e trasformazione del risone in riso. (3)

La coltivazione segue un approccio integrato che non esclude l’impiego di fitofarmaci (invece vietati nel bio) ma ne limita le condizioni d’impiego al punto da garantire la totale assenza di residui di principi attivi nel prodotto finale. Attraverso un’analisi multi-residuale completa demandata a laboratori accreditati, Cadir Lab di Quargnento (AL) e CCIAA di Vercelli.

L’essiccazione (4) dopo il raccolto del riso è stata a sua volta oggetto di attenta analisi. Per preservare la bontà dei chicchi l’essicazione dev’essere graduale, a temperatura costante. A tal fine sono state adottate tecnologie e processi simili a quelli impiegati nella torrefazione del caffè.

La lavorazione, affidata a riserie che si trovano ‘a poche centinaia di metri’ dall’azienda agricola, è eseguita in modo da rispettare le caratteristiche agronomiche e le qualità organolettiche del riso impiegato. E il confezionamento avviene in atmosfera modificata, anziché sottovuoto (come da tradizionale ‘mattonella’), in modo da garantire l’ottimale conservazione del riso nell’intero periodo di durabilità.

RisoInFiore, tradizione e progresso 

RisoInFiore è il risultato di passione e intelligenza, lavoro, studio e sperimentazione. Un processo personalizzato e modulare.

Paola e Adolfo non sono ‘nativi digitali’, ma sanno stimolare l’attenzione dei Millennials verso un cibo buono e giusto facendo anche ricorso alla tecnologia, per esprimere una realtà fisica autentica che va al di là dei processi standardizzati.

I prodotti Riso Gloria e Riso Leonardo a residuo zero rispondono alle attuali richieste del mercato. Riso per risotti, riso integrale e riso per sushi. Un’agricoltura sostenibile e conservativa per una serie di prodotti di alta qualità. Con il plus di un sistema di rintracciabilità avanzata che con l’aiuto delle tecnologia integra le varie fasi di processo (c.d. tracciabilità interna).

Le analisi oltretutto non si limitano alla ricerca dei residui di pesticidi, essendo estese ai criteri microbiologici e alla verifica dei metalli pesanti (es. cadmio, piombo e arsenico). In aggiunta a quelle nutrizionali e alla verifica di rispetto degli standard commerciali (es. chicchi rotti, difformi, etc.).

Il progresso in un chicco di riso italiano sostenibile. E nei cuori che lo accompagnano, nell’intero corso della produzione sul territorio vocato.

Dario Dongo e Gian Luca Mascellino

Note

(1) La crescita sostenibile, intesa quale modello di sviluppo economico che ponga la sostenibilità al centro della strategia di ogni organizzazione, è motivo ispiratore della società che anima questo stesso sito (WIISE, Workable Ideas and Initiatives for a Sustainable Economy). Tale modello è altresì oggetto di ampie riflessioni – di carattere scientifico, culturale e operativo – presso la Fondazione nostra partner PLEF (Planet Life Economy Foundationhttp://www.plef.org/chi_siamo/mission/

(2) Risicoltori sono gli agricoltori che coltivano riso. Risaie sono i campi ove è coltivato il riso. Riseria è l’industria alimentare che lavora il riso

(3) Risone è il prodotto raccolto dall’agricoltore in campagna. Togliendo dal risone lo strato più esterno, la lolla, con uno sbramino si ottiene il riso integrale. La lavorazione degli strati esterni, per abrasione di variabile intensità, consente di realizzare risi semi-integrali (o semilavorati) e risi bianchi.

(4) Essiccazione. Il risone raccolto in campagna ha un tenore medio di umidità pari al 20% circa, che deve venire ridotto al 13% circa ai fini di una corretta conservazione del risone e della sua resa ottimale in lavorazione. Le operazioni di essiccazione sono condotte in azienda agricola

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Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.

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Gian Luca Mascellino, Ceo di ChainForFood, fondatore del Movimento Agricoltura Italiana Sostenibile.

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