Miele, apicoltori e api in Italia. Un aggiornamento sulla produzione di miele italiano e sul ruolo cruciale dei suoi protagonisti. Per la filiera agroalimentare nazionale e la biodiversità, l’ecosistema.
Miele italiano, dati di produzione e impatto sull’ecosistema
L’Italia produce ogni anno circa 23 mila tonnellate di miele, per un valore complessivo di 150 milioni di euro. Ma il valore offerto dal ‘servizio di impollinazione’ all’agricoltura, stimato in 2 miliardi di euro, è di almeno 14 volte superiore.
Il censimento di fine 2018 mostra l’operatività in Italia di 55.000 apicoltori, i quali mantengono 1,3 milioni di alveari. 1 alveare ogni 50 abitanti (!). La produzione è estremamente frammentata sul territorio, come è giusto che sia anche ai fini della biodiversità. Ed è ampiamente distribuita su un gran numero di operatori, dei quali:
– il 65% opera su 283 mila alveari a livello amatoriale, per autoconsumo (22% del miele prodotto in Italia),
– il 35% opera a livello professionale su 968.000 alveari (78% della produzione).
Solo il 3,4% dei 19.250 apicoltori italiani dotati di partita IVA, tuttavia, detiene più di 150 alveari (misura considerata indispensabile a garantire un reddito primario da questa attività). Vale a dire che il 53% della produzione italiana è affidata a 1700 apicoltori, i quali gestiscono 650.000 alveari.
Miele italiano, complessità e incertezze
Complessità e incertezze nella produzione apistica nazionale sono legate a diversi fattori:
– identità e qualità, nomadismo, livello di automazione di alcuni processi, (1)
– fonti di inquinamento sempre maggiori e concentrate, da pesticidi neurotossici in particolare (2)
– cambiamento climatico, (3)
– infestazioni di predatori e specie aliene (Varroa Destructor, Atheina Tumida, Vespa Velutina).
Gli apicoltori italiani devono perciò investire non poche risorse (lavoro e denaro), per mitigare i rischi emergenziali di perdita delle loro api. Prima ancora di poter riflettere sul ritorno dei loro investimenti.
Quali api, sottospecie e loro ibridazioni?
La produzione è diversificata anche per quanto riguarda la geografia delle specie e sottospecie di api allevate. Poiché oggi un’azienda può decidere liberamente di allevare sottospecie di api o sue ibridazioni se attraverso questa scelta può ottenere una gestione e produzione migliore. Ma a tutt’oggi manca un censimento preciso sulle sottospecie allevate.
Alle api ‘allevate’ si aggiungono quelle che vivono liberamente e si insediano in natura negli alberi o in altre cavità naturali, persino nelle mura delle case in città. Queste api – al pari di quelle allevate da allevatori irresponsabili, che omettano i trattamenti obbligatori – rappresentano uno dei più gravi rischi per l’apicoltura. (4)
La Libera Compagnia delle Cacciatrici e Cacciatori d’Api selvatiche, LCCCA, è stata fondata il 4.3.18 a Piacenza, in occasione di Apimell (la mostra mercato nazionale di apicoltura). Con l’obiettivo di ristabilire quella relazione, un tempo dominante, tra uomo e api selvatiche. Per scoprire e mappare gli sciami selvatici sul territorio. (5)
È dunque attualissimo il dibattito tra i protagonisti dell’apicoltura italiana, per valutare se e come mappare le api in Italia, anche per conoscere effettivamente quali siano le specie e sottospecie e razze ibridate di api esistenti.
Giulio Cortese e Dario Dongo
Note
(1) La pratica del nomadismo è ora oggetto di vivaci dibattiti, nella comunità scientifica e in quella produttiva. Ci si interroga se tale pratica sia effettivamente sicura e conveniente, sotto entrambi i punti di vista zootecnico ed economico
(2) Il livello di esposizione di un’ape a 1 grammo di una molecola neurotossica disciolto in acqua è paragonabile a quello di un essere umano adulto a 7,35 Kg di DDT (!)
(3) La produzione italiana di miele d’acacia ad esempio è crollata, negli ultimi anni, a causa di nevicate a fine aprile in molte zone a essa dedicate
(4) V. video Assemblea legislativa Emilia-Romagna, 23.1.19, su https://www.facebook.com/paolodelbianco62/videos/10215814574069290/. I predatori come Verroa Destructor (un acaro endemico, allo stato attuale non eliminabile), oltre a distruggere gli sciami di api, veicolano pericolosi virus quali il c.d. DWV (Deformed Wing Virus)
(5) Il c.d. ‘bee-hunting’. Questa pratica è in corso in varie altre parti del pianeta, dalla Russia al Canada. Laddove i ‘bee-hunters’ addirittura segnano gli alberi per ribadire la loro ‘paternità’ affettiva