I Sustainable Development Goals (SDGs) applicati alla filiera agroalimentare italiana. Chiara Faenza, responsabile di sviluppo sostenibile e innovazione in Coop Italia, illustra il percorso del vero leader in sostenibilità, etica e salute nella distribuzione moderna. Grazie all’amico Alessandro Fantini, che ha raccolto e pubblicato l’intervista il 25.11.20 sul canale YouTube di Ruminantia, nostro sito partner, su https://youtu.be/-WZzd-Rhbrs. Con un focus sulla corretta gestione degli allevamenti, la riduzione e l’eliminazione degli antibiotici, il progresso.
Ruminantia – Coop Italia, attenzione e precauzione
Alessandro Fantini (Ruminantia). Coop Italia è uno dei leader della grande distribuzione in Italia, con una quota di mercato di circa il 14%.
La sua comunicazione è focalizzata sulla sostenibilità ambientale e sociale, il benessere degli animali, una maggiore attenzione per la salute umana. Con attenzione ad aspetti pratici e concreti come l’uso di antibiotici, dei residui di fitofarmaci nei vegetali. Coop sembra aver fatto suo il principio di precauzione. Negli alimenti, vista la legislazione europea, non c’è problema nei residui di antibiotici, agrofarmaci e vari. Il piano nazionale residui ha detto di mangiare tranquilli. Però qualcosa c’è sempre, al di sotto di ciò che viene definito il Limite Massimo dei Residui (LMR). Possibili interferenze sulla salute umana possono riguardare ad esempio il microbioma intestinale e antibiotico-resistenza. Cos’è Coop Italia?
Chiara Faenza (Coop Italia). Coop Italia è il consorzio nazionale delle cooperative del sistema Coop. Siamo tra i principali attori a livello nazionale e distribuiti su tutto il territorio. La differenza, rispetto ad altre GDO, è la struttura cooperativa che coinvolge oltre 6,6 milioni di soci. La mission e i valori fondanti di Coop sono legati alla tutela della salute, l’interesse delle persone, la protezione dell’ambiente e un consumo consapevole. Cerchiamo così di declinare nei vari ambiti le azioni che – in funzione delle evidenze scientifiche e a volte secondo il principio di precauzione – traducono la policy in fatti concreti lungo la filiera produttiva.
Il prodotto marchio Coop è il massimo testimonial di quello che, nei fatti, cerchiamo di mettere a terra lungo la filiera di produzione animale e vegetale. Partiamo dalla produzione primaria: tecniche di allevamento e produzioni agricole. Si passa poi alla trasformazione, logistica, distribuzione e consumatore finale. La comunicazione serve a promuovere scelte di acquisto consapevoli.
‘Alleviamo la Salute’. Ridurre ed eliminare gli antibiotici in allevamento
I residui devono essere a norma di legge. Dal piano residui si evince che il problema non sono i residui in assoluto, tuttavia vi sono tematiche correlate come l’antibiotico-resistenza. Nei nostri prodotti, i residui sono sotto il limite di legge e tendente allo zero. Nell’animale e nell’uomo può portare al fenomeno dell’antibiotico-resistenza. Una resistenza degli organismi nei confronti di queste molecole (antibiotici) che diventano inefficaci.
Uno dei progetti più importanti lungo la filiera animale, negli ultimi anni, per affrontare questa tematica. L’antibiotico resistenza è lo sviluppo di capacità di resistere agli antibiotici e renderli inefficaci. Nei fatti, però, vi è unanimità e visione condivisa di ridurre l’uso e farlo in maniera razionale solo quando sono necessari, in minima quantità e non usare le molecole critiche per l’uomo. È una visione comune a livello nazionale ed europeo, prevista anche nella ‘Farm to Fork Strategy’ . È un elemento su cui noi, alcuni anni fa, abbiamo deciso di investire enormi risorse, in quanto ritenevamo importante il ruolo da giocare in caso di cambio di paradigma nelle filiere produttive.
La gestione delle filiere a marchio Coop è un elemento cardine, ma la conoscenza della intera filiera e il rapporto con essa ci ha permesso di stimolare e accompagnare un cambio di paradigma. Migliorare la gestione dell’allevamento, il benessere animale, l’uso e il non-uso di antibiotici, per contribuire a ridurre il fenomeno dell’antibiotico-resistenza. Le filiere a marchio Coop rappresentano 2.000 allevamenti e 30 milioni di animali. Abbiamo avviato il progetto ‘Alleviamo la Salute’ nel 2016, curandone lo sviluppo in più tappe. Dagli avicoli siamo passati alle uova, al suino (una parte), ai bovini. Poi siamo tornati al suino (filiera complessa), arrivando fino all’ittico, il tacchino e il vitello. La gestione e conoscenza della filiera può effettivamente permettere di migliorare le condizioni di benessere e di biosicurezza. Solo così si può ridurre l’uso di antibiotici.
La stalla del futuro
Alessandro Fantini (Ruminantia). Voi, in un certo senso, condizionate le scelte degli allevamenti. Siete il punto di contatto del consumatore. Rappresentate il ‘sentiment’ del consumatore. Avete una ‘vision’ di come sarà il futuro, così influenzate la costruzione e gestione di una stalla. Quali sono le prospettive sui bovini, cosa chiedete a un allevatore che fornisce la carne a marchio Coop?
Chiara Faenza (Coop Italia). Un piccolo passo indietro sulla gestione della filiera. Siamo partiti 30 anni fa, con una gestione diversa, ma a mano a mano è stato introdotto un controllo di filiera dai primi momenti e lungo tutti gli step produttivi. Vi sono disciplinari che definiscono i requisiti richiesti, in relazione alle varie filiere produttive. All’interno dei disciplinari, documenti tecnici relativi alle varie fasi delle filiere produttive, sono descritti i requisiti richiesti a livello gestionale e a caratteristica di prodotto. Ad esempio, nell’ultimo progetto relativo agli antibiotici abbiamo richiesto e siamo riusciti a realizzare l’obiettivo di ottenere bovini allevati senza uso di antibiotici negli ultimi 4 mesi di vita. Si è così aggiunto questo elemento tra i requisiti e lo si comunicherà al consumatore in etichetta. Per inciso, non tutto può essere valorizzato in etichetta. Vi sono limiti di dimensioni, bisogna scegliere ciò che più conta.
Antibiotici in zootecnia. Riduzione, sospensione ed eliminazione
A. Tornando agli antibiotici, quando parliamo di antibiotics-free e quando di allungamento del tempo di sospensione?
C. Dipende dalle filiere. La gestione dell’antibiotico è relativa all’intero sistema di gestione in termini di benessere e biosicurezza dell’animale, periodo di vita e specie d’interesse. In avicoltura (polli ed ovaiole), ad esempio, vi sono allevamenti senza uso di antibiotici [Il miracolo Algatan, ndr].
Sui suini si è ottenuta una sospensione negli ultimi mesi, ma tengo a sottolineare che vi è un uso razionale dell’antibiotico, con il minor uso possibile compatibile alla situazione nell’allevamento, grazie alla adozione di migliori pratiche gestionali. Nel caso dell’ittico, si interviene negli ultimi 6 mesi. Per i bovini, 4 mesi.
La situazione non è statica. La tecnologia e la gestione d’allevamento evolvono e si possono essere innovazioni step-by-step o investimenti da distribuire nel tempo (non è possibile fare tutti insieme e subito) possono portare ad un miglioramento progressivo. La fotografia appena descritta potrà venire superata dai fatti migliorare in futuro. Prendiamo l’esempio dei bovini. Vitellone e scottona hanno disciplinari relativi ad aspetti come igiene, sicurezza e benessere animale, ma anche requisiti di prodotto:
– il bovino adulto, dal 2017, viene valutato in base allo standard CreNBA di benessere animale, nell’ambito del nostro servizio di certificazione e controllo che garantisce anche un’alimentazione OGM free e altre caratteristicheriportate in etichetta,
– nel 2019 la valutazione del benessere animale secondo standard CreNBA è stata estesa alle filiere delle vacche da latte. I fornitori a marchio Coop hanno così ottenuto la certificazione CreNBA sul benessere animale, tra l’altro con un minimo sforzo poiché erano di fatto già allineati.
Antibiotici nella filiera lattiero-casearia. La sfida più grande
A. Vi sono decine di metri di prodotti di latte sui punti vendita. Come vi state muovendo riguardo all’uso prudente di antibiotici in questo ambito?
C. Sui derivati del latte c’è ancora da fare. Siamo partiti dalle carni e siamo passati alle uova, grazie alla contiguità di gestione degli allevamenti avicoli. Con molti sforzi, siamo riusciti a portare a casa l’obiettivo. Estendere il progetto ad altre filiere dipende dalla complessità e dalle evoluzioni tecnologiche che saranno disponibili.
Chimica in agricoltura, agricoltura senza chimica
A. Parlando degli agrofarmaci, gli allevamenti di bovini necessitano di convivere con l’azienda agricola e non possono essere allevamenti senza terra, come i monogastrici. Per cui, gli allevatori sono agricoltori. Coltivano per produrre allevamenti zootecnici che, se contengono residui, entrano a livello trofico nelle carni e nel latte. Coop Italia ha fatto passi importanti sulla base del principio di precauzione, con l’obiettivo di scendere del 70% al di sotto del limite massimo residuale per alcuni agrofarmaci.
C. La protezione dell’ambiente e la tutela della salute dei consumatori sono obiettivi prioritari di Coop Italia anche nella filiera ortofrutticola. Non è possibile escludere che l’uso di chimica nelle coltivazioni potrà rivelare effetti collaterali a breve-medio-lungo termine, sull’ambiente e sull’uomo, a tutt’oggi non noti.
Sulla filiera ortofrutticola marchio Coop siamo perciò partiti 30 anni fa, con pratiche agricole rispettose dell’ambiente. La lotta integrata e la filiera biologica anzitutto.
Con un approccio sistemico che ha permesso all’ortofrutta a marchio Coop di raggiungere, negli anni, una garanzia di residui inferiore del 70% rispetto ai limiti di legge. In una logica precauzionale di approccio multiresiduale, che considera i rischi legati alla combinazione e sinergia di più sostanze.
Nel 2019, con il progetto ‘Agricoltura ad alta Sostenibilità’, abbiamo poi coinvolto le nostre filiere per migliorare ulteriormente. Per escludere l’impiego di alcune molecole come il glifosate, [noto anche come glifosato’], ma soprattutto focalizzare l’attenzione sull’importanza della gestione e l’applicazione di tecniche con minori impatti.
Impronta ambientale, agricoltura di precisione
L’agricoltura di precisione ci permette ora di perseguire nuovi obiettivi di sostenibilità ambientale sull’ortofrutta. Ridurre i consumi di acqua, fertilizzanti e pesticidi. Entro il 2030, -50% dei pesticidi, -20% concimi e diffusa implementazione delle tecniche di coltivazione biologica. Con un approccio più razionale. Maggior tutela dei terreni, pratiche agronomiche a minore impatto sui suoli, rotazioni corrette. In linea tra l’altro con gli obiettivi Farm to Fork.
L’acqua è a sua volta un bene prezioso, al centro dei Sustainable Development Goals (SDGs) in Agenda ONU 2030. È fondamentale ridurne l’uso al minimo necessario e al contempo abbattere le quantità di sostanze chimiche che possano confluire nelle acque superficiali e profonde. Ed è altrettanto importante gestire con attenzione quei materiali tecnici che, abbandonati in loco [o comunque gestiti in modo non corretto, es. teli di pacciamatura, fili in ferro rivestiti in plastica per legare le piante, ndr], possono creare problemi a livello ambientale.
Condividere e comunicare valori
A. I consumatori non si fanno più influenzare ‘a prescindere’, grazie ai social che li hanno resi più partecipi anche a livello informativo. Gli allevatori riescono a comprendere che il passato non è più quello e che necessita di innovare. Tante cose come ridurre gli antibiotici, coltivare in maniera diversa, dare più spazio agli animali vengono però considerate solo come investimenti. E la conversione non è sempre facile. Il sistema delle produzioni primarie è piuttosto pronto a questo cambiamento, ma il consumatore indirizzerà le sue scelte su un prodotto altamente sostenibile con scelta consapevole? Andrà a ripagare gli sforzi fatti dai produttori o è ancora presto?
C. È fondamentale accompagnare il consumatore nelle sue scelte d’acquisto. Vedendo l’ultimo rapporto Coop 2020, sono cambiati tanti aspetti. Stiamo vivendo in uno stato di incertezza su cosa accadrà in futuro e siamo in grande recessione. Abbiamo visto come le pandemie hanno riscritto le scelte dei consumatori. I consumatori italiani sono sempre più attenti alla salute e sembra non vogliano risparmiare sul cibo. Lo faranno effettivamente? Solo il tempo ci darà ragione o meno.
A settembre 2020, sei mesi dopo il primo lockdown, il 42% degli intervistati ha dichiarato di essere attento e focalizzato sul tema della sostenibilità. Questa è la fotografia che ne esce fuori. Il consumatore prevede di aumentare l’acquisto di prodotti alimentari sostenibili. La tutela dell’ambiente è al primo posto tra le motivazioni, la tutela della salute quella che si legge tra le righe.
Benessere animale, un nuovo claim?
A. Il claim ‘benessere animale’ può orientare gli acquisti? Il consumatore sceglie il prodotto con un ipotetico bollino ‘benessere animale’?
C. Bisogna spiegare al consumatore cosa si intende per benessere animale. Il solo bollino non basta, va affiancato a un sistema di comunicazione che espliciti meglio e racconti cosa ci sta dietro, cosa significa. Solo sul tema degli antibiotici, il concetto di benessere viene ‘banalmente’ riassunto con le diciture ‘allevato senza antibiotici’, ‘allevato senza antibiotici negli ultimi x mesi’, etc. In realtà dietro a tutto ciò c’è un sistema gestione attenta dell’allevamento, il tema antibiotico-resistenza, un significato. Nel caso del pollo ad esempio abbiamo raggiunto ulteriori obiettivi e spieghiamo in sintesi il benessere animale, anche in etichetta. Più spazio per l’animale, arricchimenti ambientali per favorire comportamenti naturali, più luce naturale, etc.
Solo la consapevolezza ‘evoluta’ può indurre il consumatore a fare scelte di acquisto coerenti alle attenzioni dichiarate [verso l’ambiente, il benessere animale e la salute, ndr]. Anziché scegliere, per pochi centesimi di differenza, il prodotto che costa meno ‘a prescindere da tutto’. Bisogna spiegare il valore intrinseco del prodotto e della filiera e della gestione, insieme a tutto ciò che ci sta dietro.
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.