Calorica e benefica, la frutta a guscio segna un +10%. Ma cresce anche l’import
I consumi di frutta secca crescono. Nel corso del 2017 le vendite di noci, mandorle e nocciole hanno registrato un incremento del 10%, portando il settore oltre la soglia del miliardo di euro fatturato. Un ulteriore segnale della tendenza salutistica che guida gli acquisti alimentari degli italiani.
Secondo Coldiretti (che ha elaborato i dati sulle statistiche Ismea), nell’ultimo decennio i consumi di frutta secca sono raddoppiati, raggiungendo i 3 kg procapite l’anno. E segnando il superamento dei pregiudizi che l’hanno penalizzata per il consistente apporto calorico, a dispetto delle dimostrate proprietà benefiche per la salute.
Frutta secca, antico superfood
Ingrediente protagonista di molte ricette tipiche italiane, la frutta secca è notoriamente ricca di sostanze benefiche, già con un consumo di 20 grammi al giorno. Un vero superfood. Come ricorda la Coldiretti, le noci e le nocciole sono ricche di antiossidanti, acidi grassi che fanno bene al colesterolo, sali minerali e vitamina E. Le mandorle sono utili per mantenere forti e sani la pelle, i capelli e le unghie e per rafforzare il sistema immunitario. I pistacchi contengono molte fibre, sali minerali ferro e vitamine (gruppo A e gruppo B), mentre pinoli sono una fonte di zinco, potassio e vitamina B12.
La letteratura scientifica a partire dagli anni Novanta ha più volte accertato la relazione tra l’insorgenza di malattie cardiovascolari e il consumo di frutta secca usuale nella dieta mediterranea.
La concorrenza della frutta secca d’importazione
La produzione italiana di frutta secca ammonta a circa 300 mila tonnellate l’anno. Molta altra proviene dall’estero. L’anno scorso le importazioni hanno superato i 900 milioni di euro in valore, stima l’associazione degli agricoltori. Che richiama una sua precedente analisi (basata sul Sistema di allerta rapido europeo, RASFF), secondo la quale la frutta secca estera – made in USA, Iran, Turchia e Cina – è spesso oggetto di ‘allarmi per rischi alimentari a causa di residui chimici, micotossine, metalli pesanti, inquinanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti’.
Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".