Con un comunicato irrituale ripreso nei cinque continenti – che segue il battage pubblicitario e il diffuso brusio di fondo su tv e media generalisti, assediati da interventi fuori campo sempre in linea con la Voce del Padrone – Ferrero disvela la ricetta segreta del suo sublime olio di palma ‘spremuto a freddo‘. Ma qualcosa non torna.
Il colosso di Alba – dopo aver rivendicato la provenienza ‘da fonti sostenibili e certificate‘, senza peraltro offrire alcuna notizia specifica al riguardo (1) – è giunta a vantare il pregio qualitativo del proprio grasso tropicale, in ragione della sua estrazione a ‘temperature controllate‘. Temperature che solo Ferrero, tra i grandi player internazionali, parrebbe essere in grado di contenere grazie a efficaci investimenti in tecnologie e macchinari.
Un ingrediente fresco, spremuto dal frutto e minimamente raffinato era la suggestiva immagine già imposta all’immaginario collettivo, per difendere a tutti i costi l’olio di palma. Addirittura, i palmocrati asiatici e i loro grandi clienti adombravano la presenza di sostanze benefiche contenute nell’olio di palma spremuto a freddo, come i tocotrienoli (derivati antiossidanti con azione assai più potente della vitamina E).
È scivolato però su una buccia di banana, o forse di palma, il direttore degli acquisti del colosso piemontese Vincenzo Tapella, ai microfoni di Reuters l’11.1.17. Proprio mentre intonava il jingle della teoria del complotto – ‘è una diatriba costruita ad arte‘ – si è spinto più in là – ‘Ferrero importa olio di palma semiraffinato e finisce la raffinazione nei suoi stabilimenti‘. Ed è finito oltre, laddove ‘Ferrero usa una temperatura controllata sotto i 200 gradi che crea una quantità di contaminanti inferiore a quella che in media si crea usando altri oli‘ (2).
Palma ‘spremuto a freddo? Come in una friggitrice
Ma come, ‘Sotto i 200 gradi’? è la soglia del termostato di una friggitrice! Avevano provato a farci credere che il processo di spremitura ‘del frutto della palma‘ fosse in qualche modo assimilabile a quello impiegato per l‘estrazione a freddo degli oli vergini d’oliva – che in base al reg. UE 29/2012 non deve superare i 27 °C – e invece raggiungono temperature da patatine fritte! Le quali a loro volta hanno rivelato tossicità legate alla formazione di acrilamide proprio a causa delle temperature, se pur controllate quando troppo elevate…
L’Autorità Garante per le Comunicazioni e il Mercato potrebbe pur esprimersi sull’idoneità delle campagne pubblicitarie di Ferrero e dell’Unione Palma Sostenibile a ingannare e fuorviare i consumatori, nella bucolica presentazione di naturalità e freschezza che stridono con la realtà. Ma si sa, siamo in Italia, e il tema è così scottante che neppure i c.d. mainstream media possono avvicinarvisi (3).
L’uomo Ferrero, alle corde, ha provato a chiamare TINA (There Is No Alternative!). Ma Tina non risponde perché le alternative esistono, eccome! Lo hanno dimostrato Coop Italia e Barilla tra gli altri (4), ricorda la stessa agenzia Reuters.
E allora riprova fino a che Tina, ormai scocciata, non la spara grossa: servono almeno 8 milioni di dollari l’anno, per sostituire il palma con altri oli. Forse meno di quanto è stato speso negli ultimi mesi tra pubblicità e promozioni solo in Italia per arginare il calo delle vendite e il danno reputazionale. Anzi, se il costo della lavorazione ‘a temperatura controllata’ aumenta del 20% quello di una materia prima da 800 dollari la tonnellata, con l’olio di girasole a 845 US$ (5) e il plauso dei consumAttori globali si rischierebbe il successo strepitoso cui a nostra volta aneliamo. Ma anche Tina è esausta a sentir di palma, non le riesce neppure il 2+2…
Note
(1) Amnesty International invece, nel frattanto, ha mostrato nei dettagli la schiavitù e il lavoro minorile nelle piantagioni indonesiane di palma ‘certificato’ dalla stessa cointeressata entità RSPO (Roundtable for Sustainable Palm Oil, un ossimoro), vedasi https://www.greatitalianfoodtrade.it/food-times-blog/la-grande-bugia-dell-olio-di-palma-sostenibile-il-rapporto-di-amnesty-international-inchioda-big-food,
(2) http://www.reuters.com/article/us-italy-ferrero-nutella-insight-idUSKBN14V0MK
(3) http://www.lintellettualedissidente.it/italia-2/s-palma-che-tammazza/
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.