Il 10 febbraio 2023 si celebra la Giornata mondiale dei legumi. Queste colture sono un potente alleato per colmare le necessità proteiche. La loro coltivazione ha un impatto ambientale minimo, e anzi rappresenta un fertilizzante naturale per il suolo.
Il tarlo della carenza di proteine
Il kwashiorkor è il triste e difficilmente pronunciabile male da cui sono affetti i bimbi dalla pancia gonfia, che ricordiamo nelle testimonianze fotografiche delle carestie africane. Trattasi di una grave forma di carenza di proteine, ancora diffusa nei paesi in cui la sicurezza alimentare è tutt’altro che assicurata.
Tranne che in rari casi, le popolazioni delle zone benestanti del pianeta non hanno più memoria di questa forma severa di malnutrizione. La carenza di proteine, persino in contesti la cui dieta media presenta svariati margini di discutibilità (come la diffusione del cibo spazzatura), di fatto non esiste al di sopra di un certo livello del PIL. E nemmeno (anzi, tanto meno) per chi evita i cibi animali.
Proteine e dieta a base vegetale
Diversamente da quanto afferma una diffusa narrazione, che identifica nella dieta a base vegetale un fattore di rischio per carenza di proteine, chi si alimenta di cibo sano e vario non corre pericoli in tal senso. Cereali integrali, legumi, semi oleaginosi, e persino la frutta e la verdura, i funghi e le alghe sono fonti di proteine di cui possiamo fruire quotidianamente.
I vantaggi collaterali non mancano: i cibi vegetali freschi, biologici e integrali sono privi di colesterolo, ricchi di fibre, vitamine e antiossidanti e ci mantengono al riparo dall’obesità.
All’interno del variegato mondo vegetale, le leguminose (fagioli, lenticchie, ceci, piselli, fave, cicerchie, soia, roveja, fagioli mung, arachidi, lupini) spiccano per il loro elevato contenuto proteico – riferito, ovviamente, alla quantità di alimento di cui possiamo nutrirci di volta in volta. È improbabile infatti che si ottenga l’intero fabbisogno quotidiano dai semi oleaginosi.
Legumi e cereali nella tradizione culinaria
Sono numerosi i piatti regionali in cui esse vengono abbinate ai cereali, dando vita a preparazioni gustose, sazianti e nutrizionalmente molto soddisfacenti. Tra gli altri, zastoch (zucca, patate e fagioli), risi e bisi (riso e piselli), ribollita (pane di grano e fagioli, nell’immagine di copertina), ciceri e tria (pasta di grano e orzo con ceci), crapiata materana (grano e legumi misti).
La pasta secca a base di farina di legumi, inoltre, è sempre più facile da reperire in commercio e ci consente di risparmiare tempo nella preparazione di ulteriori e innovative pietanze altamente proteiche.
Non è necessario ricorrere a costose soluzioni super-tecnologiche, eticamente discutibili o estranee alle ricette tradizionali per fare il pieno di proteine. Le zuppe contadine continuano a esserci utili.
Più abbondante la zuppa, più efficiente la produzione alimentare
Quanto all’impatto ambientale, ottenere la quantità media di proteine necessaria per un essere umano adulto in salute (circa 60 grammi al giorno) ha dei “costi” molto diversi a seconda della fonte.
I grafici inseriti di seguito evidenziano bene come i legumi (e i prodotti da essi ottenuti, come il tofu) consentano di alimentarsi impattando in modo minimo sull’ambiente. Relativamente alle emissioni di gas ad effetto serra.
Anche il costo in termini di terreno agricolo necessario a ottenere la medesima quantità di proteine è davvero molto basso per fagioli & company.
Troviamo gli stessi dati a proposito del costo idrico delle proteine.
Per finire, il costo in termini di scarichi eutrofizzanti (flussi d’acqua troppo ricchi di fertilizzanti, che avviano processi di distruzione degli ecosistemi acquatici) resta sempre basso.
Concedersi legumi spesso e volentieri, dunque, consente di soddisfare pienamente le necessità proteiche al minimo costo ambientale possibile. Scegliere alimenti così “efficienti” dovrebbe rientrare nelle priorità di una cucina coscienziosa, in cui la salute personale non è disgiunta da quella di un pianeta – l’unico a nostra disposizione – abitato da più di otto miliardi di persone, ciascuna delle quali ha diritto a nutrirsi correttamente.
Amici della terra e del territorio
La coltivazione dei legumi apporta, inoltre, benefici ambientali di altro genere. La fissazione dell’azoto atmosferico, sua conseguenza, consente ai terreni di “riprendersi” dal depauperamento provocato dai prolungati raccolti di graminacee. In sintesi, si ottiene una fertilizzazione naturale, che consente raccolti successivi più abbondanti ed è in grado di prevenire l’abuso dei concimi chimici.
I legumi essiccati, peraltro, costituiscono di per sé una categoria di alimenti anti-spreco, dato che non marciscono e possono restare in dispensa a lungo.
Considerando che una porzione rilevante dello spreco alimentare è da attribuire alla problematicità della conservazione post-raccolto e del mantenimento della catena del freddo, i legumi ci appaiono nuovamente salvifici.
La giornata mondiale dei legumi 2023 cade nell’anno internazionale del miglio, indetto dalla FAO per promuovere la coltivazione ed il consumo di un cereale resistente alla siccità, ricco di nutrienti preziosi, adatto alla coltivazione su terreni marginali. Tutte caratteristiche in comune con le leguminose, di cui i cereali “alternativi” (al grano, riso e mais) sono, dunque, naturali alleati.
Ritornando al nostro territorio, l’Italia ha la fortuna di usufruire di numerose varietà locali da riscoprire. Tra i numerosi – e deliziosi – esempi, troviamo il pisello nano di Zollino, il cece nero della Murgia Carsica, la già citata roveja di Civita di Cascia, la lenticchia di Castelluccio, il fagiolo zolfino toscano.
La riscoperta dei legumi
A partire dagli anni ’60, i terreni destinati alla coltivazione delle leguminose sono diminuiti drasticamente – in concomitanza con il calo dei consumi – ma gli ultimi anni sono protagonisti di un’interessante inversione di tendenza, seppure insufficiente a coprire il fabbisogno interno.
Questi risultati non sarebbero probabilmente stati raggiunti senza il prezioso lavoro culturale di associazioni come Slow Food, la cui riscoperta delle varietà regionali e delle pratiche agricole tradizionali può fornire nuovi spunti alimentari a diversi tipi di pubblico, anche lontano dalle preoccupazioni ambientali.
Appare, dunque, doveroso andare alla ricerca delle produzioni biologiche locali, che consentono di sostenere realtà agricole virtuose, fermare lo spopolamento delle aree interne e, nel lungo periodo, consentire un “ritorno alle povere origini” della cucina regionale. Stavolta, in chiave ecologica, salutista ed etica.
Roberta Seclì
Roberta Seclì
Salentina trapiantata a Milano, lavora nel campo dell'immigrazione. Appassionata di cibo etico e sostenibilità delle attività umane, visceralmente femminista, abitante di un pianeta limitato. Ma, soprattutto, del Mediterraneo.