Carlo Calenda e Paolo Gentiloni (nella funzione di ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali), come si è visto, hanno siglato il decreto 9.5.18 che prorogherebbe fino al 31.3.20 l’efficacia temporale dei decreti origine (grano e semola nella pasta, riso, conserve di pomodoro, latte (nei prodotti lattiero-caseari). Peccato solo che i provvedimenti in questione – così come quello sulla sede dello stabilimento, falsamente sostenuto dal viceministro Andrea Olivero – siano illegittimi. La giostra prosegue, a discapito delle autorità confuse e a danno di operatori costretti a stampare nuove etichette, destinando al macero quelle già in uso. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Decreti origine pasta, riso, conserve di pomodoro, sede stabilimento. Le teorie di un governo decaduto
Il decreto interministeriale 9.5.18 estende la teoretica applicazione dei quattro DM sull’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine di frumento e semola (nella pasta), riso, conserve di pomodoro, latte (nei prodotti lattiero-caseari.
Le relative prescrizioni dovrebbero decadere, nella teoria degli ex-ministri, il 31.3.20. Anziché dall’1.6.18, data dell’entrata in vigore del regolamento UE 2018/775. (1)
L’Ispettorato per il Controllo della Qualità degli alimenti e la Repressione delle Frodi (ICQRF), a sua volta, è stato costretto a diramare una circolare urbi et orbi, il 16.5.18, (2) ove il ‘Gabinetto del Ministero – ufficio legislativo’ riafferma la piena vigenza dei quattro decreti interministeriali. Con una nota di realismo solo parziale, laddove si riferisce all’efficacia dei provvedimenti ‘in quanto non sospesi né annullati dal giudice amministrativo o da altra autorità giudiziaria che fosse competente’.
A ben vedere, dei quattro decreti solo uno – quello relativo all’origine del latte – è stato ritualmente notificato alla Commissione europea, la quale ne ha confermato la pur provvisoria applicabilità. Viceversa, le procedure di notifica a Bruxelles (e doverosa sospensione dell’iter legis) dei decreti origine pasta e riso sono state deliberatamente interrotte, su espressa volontà degli ex-ministri Carlo Calenda e Maurizio Martina. I quali, in spregio alle regole che vigono in Europa dal lontano 1983, hanno invece deciso di promulgarli. Il decreto sull’origine delle conserve di pomodoro, del resto, non è neppure stato notificato.
L’ultima mossa del MiPAAF, nei giorni finali di reggenza Gentiloni – Olivero, stride perciò con il diritto europeo. Laddove, secondo consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, i funzionari della pubblica amministrazione sono i primi a dover disapplicare le norme nazionali in contrasto con le regole che vigono in Europa.
Da ciò deriva il concreto pericolo – a carico dei singoli pubblici ufficiali che osino contestare la violazione di norme nazionali illegittime (come appunto, i decreti origine pasta, riso, pomodoro, sede stabilimento) – di venire a loro volta indagati per il delitto di abuso d’ufficio (codice penale, articolo 323). Laddove essi non ottemperino al dovere di disapplicare le norme nazionali che sono formalmente in vigore, ma sostanzialmente illegittime (si veda la sentenza Costanzo, nel paragrafo successivo), causando un danno perciò ingiusto alle imprese controllate.
Decreti origine pasta, riso, conserve di pomodoro, sede stabilimento. Il destino ineluttabile
Le norme tecniche nazionali non notificate a Bruxelles – in conformità alla dir. 2015/1535/UE o al reg. UE 1169/11 (nell’ambito dell’informazione al consumatore sui prodotti alimentari) – sono letteralmente inopponibili ai privati, in forza di solida giurisprudenza della Corte di Giustizia.
La storica sentenza Fratelli Costanzo (causa C-103/88, punti 31-33 in Nota 2) ha chiarito come l’obbligo di disapplicazione gravi su tutte le autorità amministrative nazionali, a livello centrale e locale, e non solo sui giudici nazionali. (3)
La sentenza Unilever Italia (causa C-443/98, punti 39-44, in Nota 3), chiarisce poi l’inapplicabilità della norma tecnica nazionale anche solo per il mancato rispetto del periodo di sospensione dell’iter legis previsto dalla direttiva sull’obbligo di notifica delle regole tecniche. Come è appunto accaduto sia in relazione ai decreti origine pasta, riso, conserve di pomodoro, sia con riguardo al d.lgs. 145/17 (recante obbligo di indicare la sede dello stabilimento di produzione – o se diverso, di confezionamento – sui prodotti alimentari realizzati e/o confezionati nonché venduti in Italia).
Su tali premesse appare a dir poco imprudente, da parte dei funzionari della pubblica amministrazione, applicare le norme nazionali non ritualmente notificate a Bruxelles. In attesa del destino inevitabile dei provvedimenti detti, che prima o poi la Commissione europea intimerà all’Italia di abrogare. Mediante una procedura ‘EU-Pilot’ (pre-infrazione), già attivata dalle rappresentanze contro-interessate di Big Food. O una procedura d’informazione vera e propria, che potrebbe condurre la Repubblica italiana dinanzi alla Corte di Giustizia UE, per rispondere del cattivo operato del governo Gentiloni.
Ad maiora.
Dario Dongo
Note
(1) Cfr. reg. UE 2018/775, articolo 4
(2) V. Circolare ICQRF 16.5.18, download su https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/a%252F9%252Ff%252FD.c48e37b3a8b44a65751d/P/BLOB%3AID%3D12662/E/pdf
(3) Sentenza ECJ Fratelli Costanzo (causa C-103/88, punti 31-33:
‘31) Sarebbe peraltro contraddittorio statuire che i singoli possono invocare dinanzi ai giudici nazionali le disposizioni di una direttiva aventi i requisiti sopramenzionati, allo scopo di far censurare l’operato dell’amministrazione, e al contempo ritenere che l’amministrazione non sia tenuta ad applicare le disposizioni della direttiva disapplicando le norme nazionali ad esse non conformi. Ne segue che, qualora sussistano i presupposti necessari, secondo la giurisprudenza della Corte, affinché́ le disposizioni di una direttiva siano invocabili dai singoli dinanzi ai giudici nazionali, tutti gli organi dell’amministrazione, compresi quelli degli enti territoriali, come i comuni, sono tenuti ad applicare le suddette disposizioni.
(32) Per quanto riguarda in particolare l’articolo 29, n. 5, della direttiva 71/305, emerge dall’esame della prima questione che tale disposizione è incondizionata e abbastanza precisa per poter essere invocata dai singoli nei confronti dello Stato. I singoli possono quindi avvalersene dinanzi ai giudici nazionali e, come risulta dalle considerazioni che precedono, tutti gli organi dell’amministrazione, compresi quelli degli enti territoriali, come i comuni, sono tenuti ad applicarle.
(33) Pertanto, la quarta questione dev’essere risolta nel senso che, al pari del giudice nazionale, l’amministrazione, anche comunale, è tenuta ad applicare l’articolo 29, n. 5, della direttiva 71/305 del Consiglio e a disapplicare le norme del diritto nazionale non conformi a questa disposizione.’
(4) Sentenza ECJ Unilever Italia (causa C-443/98, punti 39-44):
‘(39) Tuttavia, nell’esporre la motivazione che ha condotto a tale accertamento, la Corte ha altresì̀ esaminato gli obblighi derivanti dall’articolo 9 della direttiva 83/189/CE. Ora, tale motivazione dimostra che, alla luce dell’obiettivo della direttiva 83/189/CE nonché́ della formulazione del suo articolo 9, i detti obblighi devono essere trattati allo stesso modo di quelli derivanti dall’articolo 8 della stessa direttiva.
(40) Così, al punto 40 della sentenza CIA Security International, è stato sottolineato che la direttiva 83/189 è volta a tutelare, mediante un controllo preventivo, la libera circolazione delle merci, che costituisce uno dei fondamenti della Comunità̀, e che tale controllo è efficace se tutti i progetti di regole tecniche in essa ricompresi devono essere notificati e se l’adozione e l’entrata in vigore delle dette regole — salvo quelle la cui urgenza giustifica un’eccezione — devono essere sospese durante i periodi stabiliti dall’articolo 9.
(41) Quindi, al punto 41 della stessa sentenza, la Corte ha dichiarato che la notifica e il periodo di rinvio di adozione consentono alla Commissione e agli altri Stati membri di accertare se il progetto di cui trattasi frapponga ostacoli agli scambi in contrasto con il Trattato CE ovvero ostacoli che occorre evitare adottando provvedimenti comuni o armonizzati, nonché́ di proporre modifiche ai provvedimenti nazionali progettati. Tale procedura consente del resto alla Commissione di proporre o emanare norme comunitarie che disciplinino la materia oggetto della misura progettata.
(42) Al punto 50 della sentenza CIA Security International, la Corte ha precisato che lo scopo della direttiva 83/189 non è semplicemente quello di informare la Commissione, ma, in una prospettiva più̀ ampia, quello di eliminare o limitare gli ostacoli agli scambi, di informare gli altri Stati membri delle regolamentazioni tecniche progettate da uno Stato, di concedere alla Commissione e agli Stati membri il tempo necessario per reagire e proporre una modifica che consenta di ridurre le restrizioni alla libera circolazione delle merci derivanti dalla misura progettata e di lasciare alla Commissione il tempo necessario per proporre una direttiva di armonizzazione.
(43) La Corte ha proseguito rilevando che il testo degli articoli 8 e 9 della direttiva 83/189 è chiaro, dal momento che essi prevedono una procedura di controllo comunitario dei progetti di regolamentazioni nazionali e la subordinazione della data della loro entrata in vigore al benestare o alla non opposizione della Commissione.
(44) Anche al punto 48 della sentenza CIA Security International, dopo aver ricordato che la finalità della direttiva 83/189 è la tutela della libera circolazione delle merci mediante un controllo preventivo e che l’obbligo di notifica costituisce un mezzo essenziale per l’attuazione del detto controllo comunitario, la Corte ha rilevato che l’efficacia di tale controllo sarà̀ ancora maggiore se la direttiva viene interpretata nel senso che l’inadempimento dell’obbligo di notifica costituisce un vizio procedurale sostanziale atto a comportare l’inapplicabilità̀ ai singoli delle regole tecniche di cui è causa, dalle considerazioni riportate ai punti 40-43 della presente sentenza risulta che l’inosservanza degli obblighi di rinvio di adozione dettati all’articolo 9 della direttiva 83/189 costituisce anch’essa un vizio procedurale sostanziale atto a comportare l’inapplicabilità̀ delle regole tecniche’.
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.