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Coldiretti, AIA e il vitello d’oro. #VanghePulite urgono

Coldiretti, AIA e il vitello d’oro. Vale a dire, il saccheggio del tesoro degli allevatori italiani. Un altro capitolo del malaffare che affligge l’agricoltura in Italia, con la complicità della politica da sempre asservita a Palazzo Rospigliosi. E l’indifferenza delle autorità di vigilanza, pubbliche e private, responsabili dei controlli finora platealmente omessi (1,2,3,4).

L’operazione #VanghePulite, da parte della magistratura inquirente, è una necessità immediata per il sistema-Paese. Anche alla luce di quanto segue.

Zootecnia italiana, miglioramento genetico e biodiversità

La zootecnia italiana radica il proprio valore su tradizione e biodiversità che si rinnovano, nei territori, grazie al miglioramento genetico. Vale a dire, la selezione delle razze da allevare per produrre le varie eccellenze Made in Italy. Vacche, maiali, pecore, capre, conigli vengono selezionati proprio per garantire, nel corso delle generazioni, il mantenimento delle loro identità distintive (es. bovini di razza piemontese e frisona).

Il miglioramento genetico si concretizza nel rilevare le risposte produttive, ambientali e di benessere animale (salute, longevità). Per scegliere, grazie a elaborazioni statistiche, gli animali più idonei alla riproduzione. Con l’obiettivo essenziale, tra gli altri, di garantire la variabilità genetica e le biodiversità all’interno di ogni razza. Senza mai trascurare le peculiarità e tradizioni dei territori, mediante precisa identificazione degli alberi genealogici degli animali.

Il sistema della selezione in Italia

L’Italia ha sempre riconosciuto il valore pubblico del sistema selettivo, poiché da esso dipende la preservazione dell’identità di popolazioni animali alla base delle sue filiere strategiche. E lo Stato ha delegato queste attività, a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, alle associazioni degli allevatori. Le quali si sono organizzate:

– sui territori, attraverso le Associazioni Provinciali Allevatori (APA) che rilevano i dati di campo nelle aziende agricole, sotto il coordinamento della Associazione Italiana Allevatori (AIA),

– a livello centrale, attraverso le Associazioni Nazionali Allevatori di razza (ANA) che raccolgono ed elaborano i dati suddetti. Un’associazione per ogni razza (nei bovini ad esempio bruna, frisona, marchigiana, Maremmana, Chianina, romagnola, podolica, bufala, etc.). Le ANA calcolano gli indici genetici utilizzati usati dagli allevatori per scegliere, selezionare appunto, quali animali privilegiare per la generazione successiva.

Risorse pubbliche e interessi privati

Le associazioni degli allevatori – grazie a organizzazione, competenze e sostegno pubblico – hanno ottenuto ottimi risultati, nel corso dei decenni, anche in termini di miglioramento genetico. Ma a partire dal 2010 i fondi pubblici sono drasticamente calati. Il sistema si è perciò rivolto all’UE e ha ottenuto generosi finanziamenti, per il periodo 2017-2023, attraverso i Piani di sviluppo Rurale Nazionali (PSRN). Orientando di conseguenza i criteri di selezione verso le priorità della politica europea. Benessere animale, impatto ambientale e biodiversità.

La disponibilità di importanti risorse finanziarie non è sfuggita all’attenzione di un gruppo di potere, il cerchio magico di Coldiretti. Il quale – con il pretesto della ‘efficienza’ (poi tradita dai fatti, come si vedrà) e dell’esigenza di ‘ristrutturare’ il sistema (a proprio esclusivo vantaggio) – ha di fatto smantellato le attività tecniche, assorbito le risorse economiche degli allevatori e deviato i finanziamenti verso i propri comitati d’affari. Risorse pubbliche e interessi privati, come si è già annotato in vari altri ambiti cruciali per l’agricoltura italiana (1,2,3,4).

Coldiretti e il vitello d’oro. Prologo

Il sistema del miglioramento genetico era stato gestito, per quattro decenni, con apprezzabile equilibrio tra le esigenze degli allevatori e le loro rappresentanze sindacali. Le tre confederazioni agricole (Coldiretti, Confagricoltura e CIA), in particolare, avevano saputo gestire il sistema allevamento nel rispetto dei suoi protagonisti e della pluralità di idee. Agli albori del terzo millennio la situazione è però cambiata, allorché Coldiretti ha preso il sopravvento sulle altre confederazioni.

Le attività tecniche hanno perso la centralità che tuttora giustifica, almeno in teoria, l’attrazione di contributi pubblici. Le risorse degli allevatori sono state assorbite nei gorghi di Palazzo Rospigliosi, sede storica di Federconsorzi e Coldiretti. E gli allevatori stessi sono stati estromessi dalle decisioni sulle sorti del loro sistema. Mediante operazioni a cui pochi dissenzienti hanno saputo resistere, tra emarginazioni e prebende. Il sacco è stato eseguito in quattro fasi, qui di seguito descritte.

Fase 1. La presa dell’AIA

La presa dell’AIA – Associazione Italiana Agricoltori, a cui partecipavano le APA (Associazioni Provinciali Allevatori) e le ANA (Associazioni Nazionali Allevatori) – è stata avviata a partire dai primi anni 2000. Coldiretti è riuscita, in due decenni, a colonizzare il sistema e a gestirlo in regime autocratico. Dopo aver provocato l’uscita di Confagricoltura e CIA, per disaccordi profondi sui metodi di gestione. E così:

– Coldiretti sceglie i direttori generali che si susseguono,

– il Consorzio Sistema Servizi di Coldiretti assume il controllo di fatto dell’AIA, dettando la linea e i tempi di esecuzione. (5) I soli allevatori coinvolti nelle decisioni, ça va sans dir, sono quelli allineati agli ordini di scuderia – anzi, di stalla – di Palazzo Rospigliosi.

Spogliata di ogni attività tecnica, AIA diviene un hub organizzativo e finanziario. Dopo la vendita dell’immobile della sua sede storica, AIA è trasferita in onerosa locazione a Palazzo Rospigliosi. Un ente indipendente sotto il controllo degli allevatori viene così relegato a un ufficio del sindacato agricolo dominante, con un numero di soci (>1,6 milioni) più che doppio rispetto a quello delle aziende agricole in Italia (750 mila circa).

Fase 2. Scempio delle APA, presa alle ARA

Dal 2005 al 2015 si registra la soppressione delle APA (Associazioni Provinciali Allevatori), l’acquisizione dei loro tesori – immobili e mobili – e il trasferimento dei rispettivi ruoli nelle ARA (Associazioni Regionali Allevatori). Davanti e dietro le quinte Coldiretti colonizza le ARA, collocandovi Presidenti e funzionari di sua fiducia.

L’attività tecnica perde centralità nel ridisegno del sistema. Nel 2015 AIA introduce lo ‘statuto killer’, con poteri pressoché illimitati di vita e di morte su APA e ARA. La discussione divampa ma il sindacato la sopisce rassicurando le ANA che ‘andrà tutto bene’, la mano non verrà forzata nei loro confronti.

Resistenza delle ANA

Le ANA – le Associazioni Nazionali Allevatori dedicate alle singole razze, il terminale ultimo della selezione – provano a reagire allo stravolgimento del sistema. Ma vengono emarginate e messe a tacere, anche con la minaccia dei voti dei presidenti coldirettiani delle ARA nelle loro assemblee.

Le amministrazioni pubbliche che dovrebbero vigilare – Regioni e MiPAAF – spesso non colgono ciò che sta accadendo, o comunque approvano le manovre in corso, dietro il falso abbaglio di una maggiore efficienza del nuovo sistema. Senza badare alle operazioni societarie e immobiliari sui tesori delle APA più ricche (es. Lombardia).

Fase 3. Il saccheggio degli enti collegati

Il Laboratorio Genetica di proprietà delle ANA e dell’AIA viene a sua volta assorbito da AIA (a seguito di forti pressioni di AIA nei confronti delle ANA, costrette a cedere le loro quote) e successivamente ceduto ad una società di capitali, Agrotis SpA, di proprietà AIA. Una nuova cassaforte privata, nella quale vengono versati i proventi delle attività di smembramento delle APA. Il capitale sociale di Agrotis passa in 2 anni da 20mila a oltre 8 milioni di euro. I membri del suo CdA e del collegio sindacale, ovviamente, sono designati dal solito gruppo di potere (Coldiretti, AIA, Consorzio Sistema Servizi).

Il sistema di produzione di seme bovino viene a sua volta ‘colonizzato’:

– Semenzoo, il consorzio di esportazione seme, viene chiuso nel 2015. Non per ragioni economiche, poiché i risultati commerciali sono apprezzabili. Piuttosto, per escludere un centro italiano non asservito alle logiche sindacali (Intermizoo, proprietà Regione Veneto),

– Semenitaly, di proprietà dell’APA di Modena, viene acquistata da CIZ (proprietà AIA) che con il centro di Zorlesco (proprietà fondazione Cariplo) crea Inseme SpA. Dopo pochi anni Inseme viene ricapitalizzata prima da Inguran (proprietà di Juan Moreno, Colombia), depositaria del brevetto di sessaggio del seme su base mondiale, poi da
CAI (Consorzi Agrari d’Italia) S.p.A, alias Federconsorzi 2. (1)

Fase 4. Attacco alle ANA

Il regolamento europeo sulla riproduzione degli animali, reg. UE 2016/1012, definisce i diritti e le responsabilità di allevatori, enti selezionatori ed enti ibridatori. (6) Ed evidenzia sia il ruolo centrale delle Associazioni di razza nel processo di miglioramento genetico, sia la necessità di aprire questo settore alla concorrenza.
Il d.lgs. 52/2018, nel dare attuazione al regolamento europeo, separa in modo netto il sistema di rilevazione dei dati in campo (in capo alle Associazioni Regionali Allevatori ARA) da quello del miglioramento genetico (in capo alle associazioni  nazionali di razza, ANA). (7)

La cupola si trova costretta a slegare il nodo scorsoio sulle ANA, partecipate (e di fatto controllate) dalle ARA, entrambe soci di AIA. Così a maggio 2018 viene creata FEDANA, la Federazione delle Associazioni Nazionali, nota anche come AIA 2. E le ANA vi vengono inglobate, con l’imposizione di uno statuto e un regolamento che le esautorano dall’autonomia e indipendenza invece prescritte dal regolamento europeo. Ma il piano non funziona.

Gli allevatori italiani si ribellano. Presto vedremo come, e con quali risultati.

#VanghePulite urgono!

Dario Dongo

Note

(1) Dario Dongo. Consorzi Agrari d’Italia SpA, Federconsorzi 2? Il dossier dei veleni. GIFT (Great Italian Food Trade). 1.1.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/consorzi-agrari-d-italia-spa-federconsorzi-2-il-dossier-dei-veleni
(2) Dario Dongo. Consorzi Agrari d’Italia, Bonifiche Ferraresi e Filiera Agricola Italiana SpA, il vaso è colmo. GIFT (Great Italian Food Trade). 23.1.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/consorzi-agrari-d-italia-bonifiche-ferraresi-e-filiera-agricola-italiana-spa-il-vaso-è-colmo
(3) Dario Dongo. Conflitto d’interessi AGEA – Pagliardini – Coldiretti, interrogazioni al Parlamento europeo. GIFT (Great Italian Food Trade). 30.1.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/conflitto-dinteressi-agea-pagliardini-coldiretti-interrogazioni-al-parlamento-europeo
(4) Dario Dongo. Coldiretti e Unaprol. Il destino incerto di fondi pubblici destinati agli olivicoltori italiani. GIFT (Great Italian Food Trade). 6.2.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/coldiretti-e-unaprol-il-destino-incerto-di-fondi-pubblici-destinati-agli-olivicoltori-italiani
(5) Enrico Leccisi è un vero campione di conflitti d’interessi. Lo si è da ultimo citato quale membro dei CdA di Oleum Italia S.r.l., sulla quale gravano vari indizi di reato. (4) Socio fondatore di AgriRevi S.p.A., (3) è amministratore delegato di Simec (Società Italiana Consulenza e Mediazione Creditizia) S.p.A. e di Agricorporatefinance S.r.l., ma anche sindaco di UECOOP, la grande cassaforte che va ben oltre il settore agricolo. Il suo presidente Gherardo Colombo – a dispetto dei celebri trascorsi nel pool di #ManiPulite, alla Procura di Milano – non pare aver dedicato attenzione ai conflitti d’interesse né ai suoi vice tra cui Paolo Bedoni, indagato a Verona per le malefatte alla Cattolica Assicurazioni (v. https://www.startmag.it/economia/caso-h-farm-per-cattolica/). Enrico Leccisi è poi procuratore della Società Consortile Consorzi Agrari (SCCA) per azioni, azionista di Filiera Agricola Italiana SpA. Nel sistema allevamento egli è:
– consigliere d’amministrazione di Inseme S.p.A., e al contempo
– sindaco unico del suo azionista AIA,
– revisore unico di Agrotis S.r.l,
– presidente del consiglio sindacale dell’Associazione Allevatori della Campania e del Molise, ma anche commissario amministrativo di Coldiretti Molise (v. https://molise.coldiretti.it/cariche-istituzionali/)
(6) Regolamento (UE) 2016/1012, relativo alle condizioni zootecniche e genealogiche applicabili alla riproduzione, agli scambi commerciali e all’ingresso nell’Unione di animali riproduttori di razza pura, di suini ibridi riproduttori e del loro materiale germinale. Testo consolidato al 29.6.16 su https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1612803363378&uri=CELEX%3A32016R1012
(7) D.lgs. 11.5.18, n. 52. Disciplina della riproduzione animale in attuazione dell’articolo 15 della legge 28 luglio 2016, n. 154. (18G00076) (GU Serie Generale n.120 del 25-05-2018)

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